Editoriale

In quella che è stata per anni un’opera seminale e irrinunciabile negli studi di fantascienza, Metamorphoses of Science-Fiction: On the Poetics and History of a Literary Genre (1979), il critico letterario Darko Suvin definisce questo genere – in modo tanto basilare quanto suggestivo – come «la letteratura dello straniamento cognitivo.» Quasi trent’anni più tardi, Fredric Jameson raccoglie l’intuizione di Suvin nel suo Archeologies of the Future (2005), e individua nella fantascienza una funzione «essenzialmente epistemologica», scrivendo come questo genere sia «specificamente dedicato a immaginare forme sociali ed economiche alternative.» L’approccio storico-materialista di Jameson inquadra la Speculative Fiction all’interno dei rapporti produttivi del tardo capitalismo, e, fedele alla sua visione della forma letteraria – già espressa con dovizia d’analisi nel fondamentale The Political Unconscious (1981) – ne dimostra il ruolo intrinseco di atto ideologico indissolubilmente legato alla realtà socio-politica nel quale viene ad avverarsi. Pertanto, il gene... continua a leggere