Bibliomanie
numero 53, giugno 2022
Elisabetta Brizio
Malattia dell’autocoscienza esagerata. Ancora dalla clinica di Luca Canali
Rileggere Luca Canali comporta un impegno ingente data la vastità della sua opera, che va da quella traduttiva e saggistica relativamente alla letteratura latina e alla storia romana alla critica letteraria, alla narrativa, alla poesia e al cinema. Ma comporta anche una riconsiderazione della cognizione della malattia, di quella malattia invisibile e insidiosa che è la psiconevrosi o la depressione. In seguito alla rilettura di Ancora dalla clinica, punto di partenza di queste pagine – ovviamente non competenti dal lato clinico, ma solo perplesse di fronte ad autori insigni annoverati tra i malati –, si possono misurare l’insufficienza di vecchi stereotipi, l’inadeguatezza di alcuni mezzi di cura, il sostanziale stallo rispetto agli anni Settanta (che sono lo sfondo ai versi di Canali, versi che ne sono essi stessi la denuncia). Il che fa riflettere sia sull’esistenza o meno di una cura per i disturbi psichici, sia sulla variegatezza estrema della mente umana che non permette medicamenti ad hoc. Ma tornano anche gli interrogativi romantici circa l’ipotesi di un soggetto genializzato dalla malattia, o se la malattia può essere uno scarto dalla norma. Nel qual caso ci si chiederà quale possa essere la norma. L’adesione allo standard della propria comunità? Per rispondere ad alcune questioni viene addotto qualche paradigma letterario, dall’antichità a oggi, per certi versi come Canali stesso fece in un suo libro singolarissimo, trasportando gli antichi quasi in terapia. E in quella sede risultò che in ogni tempo della storia ognuno soffre la propria ombra. Personalmente sottoscriverei le idee di Watzlawick, quelle di Canali nel «Contemporaneo» e alcuni lampi di Ottieri, come lo sprofondare nell’autocoscienza riflessiva, l’assimilazione, quindi, della nevrosi a una «malattia dell’autocoscienza esagerata».
Disease of excessive self-awareness. Luca Canali's Ancora dalla clinica
Rereading Luca Canali involves a huge commitment, given the vastness of his work, which ranges from the translation and non-fiction relating to Latin literature and Roman history to literary criticism, fiction, poetry and cinema. But it also involves a reconsideration of the cognition of the disease, of that invisible and insidious disease which is psychoneurosis or depression. Following the rereading of Ancora dalla clinica, the starting point of these pages – obviously not competent on the clinical side, but only perplexed in front of the distinguished authors counted among the sick people –, one can measure the insufficiency of old stereotypes, the inadequacy of some means of treatment, the substantial stalemate with respect to the Seventies (which are the background to the verses of Canali, verses which are themselves a form of denunciation). This makes us reflect both on the existence or not of a cure for mental disorders, and on the extreme heterogeneity of the human mind, that does not allow ad hoc medications. But the romantic questions also return about the hypothesis of a person genialized by the disease, or the possibility that the disease can be a deviation from the norm – in which case the question will be asked what the norm might be. Adherence to the standard of your community? To answer some questions, some literary paradigm is adduced, from antiquity to the present day, in some ways as Canali himself did in his very unique book, transporting the ancients almost to therapy. And in that place it turned out that in every time of history everyone suffers his own shadow. Personally, I would subscribe to the ideas of Watzlawick, of Canali in the «Contemporaneo» and to some flashes by Ottieri, such as the sinking into reflective self-awareness, the assimilation, therefore, of neurosis to a «disease of excessive self-awareness».
Chiudi