Da skianto a schiavo: il controcanto civile del punk bolognese

Se Bologna celebra oggi le stars internazionali del jazz che l’hanno frequentata nelle centralissime via Orefici e via Caprarie (con tanto di stelle di marmo incassate nel selciato, a mo’ di una felsinea walk of fame), oppure i suoi cantautori (Lucio Dalla in primis, le cui note risuonano in Via d’Azeglio, la cui sagoma si affaccia su Piazza dei Celestini), è doveroso ricordare che, a cavallo tra gli anni 1970 e 1980, il capoluogo emiliano è stato la città più punk d’Italia. In inglese, punk può significare «rifiuto», «scarto», «delinquente», «prostituta», varie accezioni che rimandando comunque sempre alla trivialità e alla marginalità. Il movimento punk stesso è polisemico: trattasi innanzitutto di una corrente musicale che esaspera l’urgenza del rock’n’roll, aumentando i battiti per minuti, saturando ancora di più il suono delle chitarre. Le canzoni sono brevi, i testi essenziali esprimono disagio sociale, rabbia politica, distacco ironico. Il punk è anche una subculture, come la definisce lo studioso Dick Hebdige che dedica uno dei primi studi al... continua a leggere
tag: bologna, Italia anni Ottanta, Punk
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