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Alcune annotazioni sulla storia dell’Alma Mater Studiorum
di , numero 41, gennaio/giugno 2016, Note e Riflessioni,

Alcune annotazioni sulla storia dell’<em>Alma Mater Studiorum</em>
Come citare questo articolo:
Davide Monda, Alcune annotazioni sulla storia dell’Alma Mater Studiorum, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 41, no. 7, gennaio/giugno 2016

L’istituzione che oggi viene ordinariamente definita università si configura, a Bologna, verso la fine dell’XI secolo, allorquando maestri di grammatica, retorica e logica iniziano ad applicarsi al diritto.
Secondo la miglior scienza ed esperienza attuali, il 1088 può essere accolto solo come data convenzionale. In quel torno di tempo, comunque, a Bologna si organizza un insegnamento libero e indipendente, in primis, dalle scuole ecclesiastiche: di fatto, al tramonto dell’XI secolo insigni maestri di grammatica, retorica e logica vi studiano e professano il diritto. La prima figura di spicco su cui sono pervenute notizie sicure è Irnerio – padre nobile dei celeberrimi glossatori e, non per caso, soprannominato Lucerna iuris – la cui infaticabile attività di sistematizzazione e attualizzazione del Corpus giustinianeo superò ben presto i confini del Comune.
Ab origine gli studenti, per retribuire i professori, cominciarono a raccogliere danaro (collectio), che nei primi decenni venne dato a titolo di offerta, giacché il sapere, dono di Dio per eccellenza, non poteva esser venduto. Poi, a poco a poco, la donazione si trasformò in un salario vero e proprio. Cionondimeno, numerosi studenti si astenevano spesse volte dal partecipare alla collectio, tanto che il Comune dovette intervenire per assicurare la continuità dei corsi di studio.
Fra l’XI e il XII secolo si manifesta, com’è risaputo, la lotta per le investiture. È un periodo cruciale nello sviluppo della politica europea, nel quale si mira a definire i complessi rapporti fra lo Stato e la Chiesa. In questa lotta senza quartiere, le discussioni di diritto sono fondamentali e, di conseguenza, fondamentale è lo studio del diritto giustinianeo, architrave reale dell’identità dell’Impero.
Nel 1158 quattro giurisperiti di fama, quattro doctores tuttora ritenuti allievi di Irnerio, ovverosia Bulgaro, Martino, Jacopo e Ugo, vengono invitati da Federico I Barbarossa alla Dieta di Roncaglia per esprimere un parere sui diritti dell’Impero nei riguardi di altre entità politiche. Tranne Martino, gli altri si pronunciarono a favore dell’Impero. Con glosse puntuali e, alle volte, sottili, tali auctores argomentarono che l’unica legge è quella romana, naturaliter affidata all’Impero.
Alla luce di tale impeccabile parere, il Barbarossa promulga, nel 1158, la Constitutio Habita, con la quale si stabilisce che ogni Scuola si costituisce come una societas di socii (allievi) presieduta da un maestro (dominus), che viene compensato con le quote versate dagli studenti. L’Impero s’impegna dunque, fra il resto, a proteggere dalle intrusioni di ogni autorità politica tutti gli scholares che viaggiano per ragioni di studio. Si tratta, va da sé, di un evento fondamentale per la storia dell’università europea: invero, ogni Studium diviene per legge il luogo ove la ricerca si sviluppa liberamente e indipendentemente da qualsivoglia altro potere.
Dopo la morte del Barbarossa, durante la terza crociata, l’Università bolognese sopravvive senza scosse davvero preoccupanti. Il Comune cerca di controllare le societates ma, per resistergli, gli studenti si organizzano secondo la loro origine: a Bologna risiedono i Citramontani (ossia coloro che provengono da luoghi che si trovano al di qua delle Alpi: sono italiani ma non bolognesi, e quindi lombardi, toscani, romani etc.) e gli Ultramontani (ovvero i ‘non italiani’, che vivono ed operano al di là delle Alpi: francesi, spagnoli, fiamminghi, inglesi, ungheresi, polacchi, tedeschi et alii).
Il Duecento è secolo tracimante di gravi contrasti. L’Alma Mater, tormentata da miriadi di difficoltà di varia natura e nel magma delle dispute politiche più urgenti, combatte per la propria autonomia, mentre il potere politico cerca di usarla come mero monumento di prestigio. In questa dura temperie, a ogni buon conto, abitano a Bologna più di duemila studenti.
Dal Trecento in avanti, alle scuole dei giuristi si affiancano quelle degli “artisti”, che all’epoca si specializzavano in medicina, filosofia, aritmetica, astronomia, logica, retorica e grammatica. Dal 1364 viene poi istituito l’insegnamento di teologia.
Limitandoci in questa sede a menzionare esclusivamente alcuni protagonisti della cultura europea, va ricordato che a Bologna trascorrono periodi di studio Guido Guinizelli, Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Cino da Pistoia, Cecco d’Ascoli e Coluccio Salutati.
Nel XV secolo si costituiscono insegnamenti di greco e di ebraico, e nel XVI quelli di “magia naturale”, cioè – variatis variandis – di scienza sperimentale. Anche Leon Battista Alberti e Giovanni Pico della Mirandola studiano a Bologna, ove approfondiscono il diritto canonico. Nella stessa direzione si muove altresì Niccolò Copernico, dando vita nel contempo a indagini astronomiche illuminanti. L’autore del fondativo, determinante De rivolutionibus orbium coelestium (1543, postumo) ebbe come maestro, fra gli altri, il celebre umanista Antonio Urceo Codro.
All’alba del secolo successivo, l’aristotelico mantovano Pietro Pomponazzi professa a Bologna, malgrado le posizioni prevalentemente tradizionaliste della teologia e della filosofia, un pensiero coraggioso e, per più aspetti, eversivo che gli costerà assai caro. Un’altra figura decisiva nel Cinquecento petroniano è, indubbiamente, Ulisse Aldrovandi che, pur estendendo il proprio straordinario contributo scientifico persino alla farmacopea, si concentra in special modo sullo studio degli animali, dei fossili e di parecchi altri mirabilia naturae, che raccoglie e classifica con intelligenza non di rado sorprendente.
In ambito medicale, Gaspare Tagliacozzi, più o meno negli stessi anni, compie le prime, rivoluzionarie indagini in chirurgia plastica e ricostruttiva. Ma il periodo aureo della medicina bolognese coincide con l’insegnamento di Marcello Malpighi che, nel cuore del Seicento, già ricorre sistematicamente, fra l’altro, al microscopio per le sue ricerche anatomiche e fisiologiche. Sulla scia virtuosa del maestro si muoveranno, com’è noto, l’allievo prediletto, Antonio Maria Valsalva, nonché Giambattista Morgagni, il fondatore dell’anatomia patologica.
Sia come sia, già dal Medioevo la fama dell’Università di Bologna si era diffusa in tutt’Europa: la città diviene così mèta pressoché imprescindibile di ospiti illustri: basti qui ricordare Tommaso Becket, Raimondo di Peñafort, Paracelso, Albrecht Dürer, Carlo Borromeo, Torquato Tasso e Carlo Goldoni.
Con il trionfo settecentesco dell’Illuminismo, l’Accademia petroniana, da sempre all’avanguardia, non può non promuovere lo sviluppo scientifico e, lato sensu, tecnologico. A questo periodo risalgono – si sa – la nascita del prestigioso, ammiratissimo Istituto delle scienze (1711), animato da Luigi Ferdinando Marsili, Eustachio Manfredi, Francesco Maria Zanotti, Prospero Lambertini (poi Benedetto XIV), Laura Bassi e da diverse altre menti tanto eclettiche quanto prodigiose, nonché le ricerche di Luigi Galvani che, con Alessandro Volta, Benjamin Franklin ed Henry Cavendish, è uno dei ‘padri nobili’ dell’elettrologia moderna e contemporanea.
Il periodo successivo alla nascita dell’Italia unita è, per l’Ateneo, un momento di grande rilancio, ove spiccano, fra le tante, le figure di Giovanni Capellini, Giosue Carducci, Giovanni Pascoli, Augusto Righi (cui, come si sa, Marconi deve moltissimo), Federigo Enriques, Giacomo Ciamician, Augusto Murri.
Pochissimi però – si osservi – i bolognesi… Un ragionamento analogo vale, d’altronde, pure in ambito giuridico: in effetti, salvo Giorgio Del Vecchio, Tito Carnacini e non troppi altri, i più brillanti giurisperiti attivi nell’Ateneo petroniano fra il crepuscolo dell’Ottocento e il primo Novecento non sono bolognesi: basti por mente a Enrico Redenti, Felice Battaglia, Antonio Cicu e Tullio Ascarelli.
Nel 1888 si celebra l’ottavo centenario dello Studium: è un evento insieme grandioso e incisivo, abilmente orchestrato (soprattutto) da Giosue Carducci. Come che sia, si riuniscono per l’occasione a Bologna tutte le università del mondo, al fine di onorare la “Madre delle Università”. La cerimonia diviene altresì una festa internazionale della miglior cultura, durante la quale gli altri atenei riconoscono in Bologna le proprie radici, numerosi elementi di continuità e comuni ideali di progresso, a un tempo scientifico e umanistico.
Si seguiterà a mantenere tale posizione d’inconcussa centralità nella scena della cultura internazionale fino al periodo tra le due guerre: dopo gli anni trenta del secolo passato, di fatto, altre realtà accademiche prenderanno il sopravvento nei campi della ricerca e della formazione.
D’allora in poi, Bologna sarà costantemente chiamata a dialogare con istituzioni omologhe o analoghe di altre nazioni, intraprendendo tuttavia un originale e, talvolta, innovativo percorso di aggiornamento e sviluppo a livello planetario. Moltissime, a onor del vero, le sfide raccolte con successo negli ultimi sessant’anni: oggi l’Alma Mater Studiorum s’impegna assiduamente, fra il resto, in un confronto serrato con la rinnovata, multiforme dimensione europea, che tende anzitutto a un ripensamento ab imis fundamentis dell’intero sistema dei saperi.

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