Editoriale. In tema di epidemie
Mirco Dondi, Editoriale. In tema di epidemie, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 53, giugno 2022
Se la malattia rimette in discussione i fondamenti di un’esistenza, l’epidemia estende questo processo a livello collettivo. L’esperienza vissuta con il Covid 19 ha traumaticamente posto al centro del vissuto il nostro rapporto con l’infezione, in una dimensione tale che la stessa storia del mondo è parsa incisa nella malattia.
Di fronte a un evento così traumatico, le comunità degli studiosi hanno intensificato e intrecciato i loro saperi, alla ricerca di un dominio materiale (con le cure mediche) e di una consapevolezza culturale tale da potere conoscere le esperienze passate come forme primigenie e indispensabili per affrontare le angosce del presente.
In questo numero 53 – Malattie, epidemie, dicerie – un tratto comune dei saggi su covid 19, colera, spagnola, è stato quello di volgere lo sguardo indietro connettendo ciascuna epidemia con quelle passate convogliando sulla peste nera del Trecento il punto di riferimento iniziale sulla quale nel corso degli anni Cinquanta del Novecento – come mostra Luciana Petracca – era iniziata un’attenta disamina tra gli storici. Si tratta di un punto convenzionale, dal momento che più volte nel Medioevo si è convissuto con fenomeni epidemici, né mancano testimonianze di epidemie precedenti – fra le altre la peste di Giustiniano del VI° secolo – testimonianze di fenomeni però non adeguatamente coperte da sufficienti informazioni utili a costruire comparazioni. Tra le conseguenze della peste nera – ricorda Lucio Orecchioni – un’accentuazione del senso di precarietà dell’esistenza pur nell’indubbio tentativo di reagire ai lutti.
Il richiamo alla peste nera torna anche nel saggio di apertura di Eugenia Tognotti, punto di osservazione utile per la storia delle pratiche di isolamento e quarantena, progressivamente consolidatesi come misure emergenziali disciplinate dai governi. Reazioni irrazionali al virus, pene specifiche stabilite dalle autorità e caduta dei commerci sono stati l’inevitabile accompagnamento alle epidemie.
Con un approccio che investe la storia della medicina, il saggio di Denise Aricò su Francesco Algarotti scrittore e scienziato veneziano, mette in evidenza le contrastate risposte della scienza di fronte alle epidemie del Seicento. In un altro intreccio disciplinare, tra storia e antropologia, si pone l’intervento di Chiara Torcianti sulle pratiche terapeutiche consuetudinarie in Rwanda nel corso del Novecento, rituali di cura e spazi simbolici fortemente impermeabili al tempo e alla diffusione delle conoscenze scientifiche.
Questo numero di Bibliomanie consente al lettore di disporre di un primo raffronto fra i fenomeni epidemici. Sul colera, oltre ai richiami presenti nel saggio di Pierre Sorlin, Paolo Sorcinelli ne sviluppa il quadro sociale durante l’Ottocento in Italia soffermandosi, tra gli altri aspetti, sugli accertamenti dei decessi e le pratiche di sepoltura. Spostando lo sguardo ai primi anni Settanta del Novecento, Federica Gatti riprende il tema del colera a Napoli (già terreno di osservazione del lavoro di Sorcinelli), che è stato l’ultimo caso per quanto riguarda questa epidemia nell’Europa occidentale. Nel capoluogo campano è stretto il rapporto tra malsane condizioni ambientali ed estensione dell’epidemia, sulle quali si intreccia il lavoro nero a domicilio e la tossicità delle lavorazioni di pellame. Povertà e sovra affollamento tornano nelle percentuali di più alta mortalità con il Covid.
Spazi ristretti e condizioni promiscue interessano il rapporto tra guerra e sanità descritto sullo scenario francese del 1917. Stefano Orazi mette in evidenza come il servizio sanitario in Francia fosse stato messo sotto accusa dalla stampa sin dal 1915. In linea di continuità temporale si pone il saggio di Fabio Montella sulla “spagnola”, attestatasi come la maggiore emergenza sanitaria del Novecento italiano. La storia di questa epidemia è affrontata da un’ottica classica – simile alle narrazioni legate al Covid 19 – legata ai comportamenti virtuosi e alle eroicizzazioni, un aspetto che si intreccia con il conflitto appena concluso, ma la tessitura ci torna a parlare anche dei temi all’ordine del giorno nel 2020, come il confronto, allora come cent’anni dopo, con “un nemico tremendo e sconosciuto”. Allargando lo sguardo, questo nemico non è però totalmente sconosciuto. Antonio Fiori, analizzando la risposta della Corea del Sud al Covid 19, mostra come l’esperienza di fronte ad attacchi epidemici affrontati dal Paese asiatico – in particolare la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS CoV) – abbia permesso sul piano legislativo e organizzativo un diverso approccio all’emergenza Coronavirus, appiattendo rapidamente la curva epidemica ed evitando lockdown generalizzati. Un modello da studiare per meccanismi di prevenzione e chiarezza strategica. In questa direzione un quadro interpretativo di storia del presente è offerto da Pierre Sorlin che pone l’accento sulle carenti strategie internazionali, sull’assenza di politiche di coordinamento (come nell’Unione europea) caratterizzate da politiche distinte quando non contraddittorie tra Paesi confinanti dove, semmai, l’unico tratto comune appare l’egoismo nazionale, richiamo rimarcato anche da Jonathan Dunnage sul Regno Unito. L’autore intreccia le politiche anticovid con il clima di campagna elettorale permanente imposto dal premier Boris Johnson, il quale però non si segnala come modello di coerenza nei comportamenti personali approfittando del suo ruolo per infrangere le norme stabilite dal suo stesso governo.
Sul piano del vissuto, con testimonianze di medici, pazienti e familiari dei malati si segnala l’imponente progetto di storia del presente affrontato da Andrea Broglia che durante i mesi della pandemia ha filmato e raccolto centinaia di interviste producendo la docu serie Attraverso i muri.
Un notevole peso sulle strategie conoscitive antipanico per affrontare l’emergenza viene dalle campagne di informazione istituzionali. Tra i contro modelli, spostandosi nel tempo e nell’epidemia, c’è senz’altro la appena reinsediata democrazia argentina di fronte alla diffusione dell’Aids che lancia la campagna contro la malattia nel 1987, a cinque anni dalla prima diagnosi. Natalia Maria Elli mostra come questa impreparazione sia dipendente dalla morale sessuale conservatrice vigente nel Paese sud americano.
All’opposto delle campagne antipanico, le teorie cospirative – mostra Elena Mazzini – hanno accompagnato tutti i fenomeni epidemici alimentando il panico, cercando capri espiatori, condividendo lungo il tempo i “medesimi strati emotivi” che sostanziano storicamente le narrazioni complottiste le quali, nell’epoca dei social, si sono diffuse più rapidamente del virus.
Elisabetta Brizio e Maria Rosa Pantè offrono uno sguardo sulla malattia legandola a percorsi della cultura filosofica e letteraria. Elisabetta Brizio attraverso l’analisi dell’opera di Luca Canali affronta in chiave comparata le origini della “letteratura malata” chiamando in causa un articolato universo autoriale da Novalis, a Nietzsche a Thomas Mann a Bufalino. Il tema della malattia, a partire dalla malinconia e dal male di vivere, è stato visto come espressione di una “maggiore profondità del sentire” e di “intensità delle fonti emotive”. Maria Rosa Panté associa incursioni scientifiche e riferimenti letterari all’ampio tema del ventre rintracciando una correlazione “fra cibo, intestino, cervello e umore” annotando in questa direzione convergenze tra letteratura e scienza.
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