Sulla Lectio incontentabile di Ezio Raimondi
Anche al cospetto di Ezio Raimondi (1924), specie se lo si incontra nel suo studio, «caverna scolpita di libri», può sorgere spontanea, a un visitatore sprovveduto, la stessa domanda ingenua e pleonastica che, nel ricordo affabile di Contini, veniva da rivolgere a Spitzer: «Sta lavorando, come al solito?». È però molto improbabile che, nel caso nostro, si possa avere un tipo di risposta collimante con quella del maestro viennese («Lavorando? No, no, godendo, come al solito, godendo»), non solo perché a Raimondi non si conviene la definizione di «sibarita» concessa da Contini a Spitzer, per niente adatta a un round head inquieto e turbato da un ricercare inesauribile in cui il piacere della lettura è inseparabile dalla fatica e dalla responsabilità, ma soprattutto perché molto del suo tempo consacrato al lavoro viene messo a piena disposizione degli allievi, tenacemente perseveranti nel sottoporgli i loro scritti, siano essi piccole esercitazioni, capitoli di tesi o saggi o libri destinati alla pubblicazione. Eppure, per quanto non tutti gli esercizi di lettura siano ameni, vengono sempre fatti di buon grado, quando non sollecitati, sorretti comunque da un entusiasmo didattico che molto spesso affiora nella bontà dei risultati, nei quali a volte non si riesce nemmeno più a distinguere la penna originariamente incerta dell’allievo da quella sicura ed elegante del maestro generoso. L’impegno del Raimondi docente non differisce in... continua a leggere
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