Bibliomanie

Per i Conti Suzzari, fra nobiltà  e memoria
di , , numero 45, gennaio/giugno 2018, Note e Riflessioni,

Come citare questo articolo:
Federico Majolino, Davide Monda, Per i Conti Suzzari, fra nobiltà  e memoria, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 45, no. 4, gennaio/giugno 2018

Grazie al nitido, cristallino riflesso di uno spavaldo raggio di sole che, galante e inarrendevole corteggiatore, bacia la mano del Po, ove prende il nome di Zara, si rivela timidamente unpaesino che par quasi estraneo alla caducità connaturata all’humana condicio; beffandosi inconsapevole della falce del tempo, che corre e scorre come le acque del suo fiume, ègiunto ai giorni nostri col nome di Suzzara.
È questa un’isola di antichi natali, tanto da dar nome a una delle più antiche famiglie patrizie di “Reggio dell’Emilia”: i Suzzari. Fra le centinaia di case nobili annoverate nello scorrere dei secoli che hanno seguito il Duecento, lo stemma dei Suzzari può dirsi l’unico superstite di quasi novecento anni di storia, insieme con quello della famiglia dei marchesi Tacoli che, contrariamente ai Suzzari, ètuttora vivente. Trattasi diuno scudo troncato, innestato e merlato di cinque pezzi; due d’oro e tre di rosso. Benché il panorama della Nobiltà Reggiana fosse vasto e articolato, prima dell’Ottocento non risultano esservi studi di carattere privato o pubblico che illustrino adeguatamente l’argomento.
Non vanno obliate, a ogni modo, le brevi note apparse su pubblicazioni varie e dettate anche da autori di qualche fama come Prospero Fantuzzi, Giuseppe Turri, Vittorio Spreti, Carlo Melloni, Prospero Ferrari, Emilio Nasalli Rocca di Corneliano, Antonio Cremona Casoli, Guido Tacoli, Eligio Grasselli, Clemente Riva di San Severino.
Degne di nota appaiono soprattutto le opere seguenti: Nob. Avv. Antonio Cremona Casoli, Patrizio Reggiano, Cavaliere di Malta: Note sulle Famiglie Nobili Reggiane, stampate nell’Enciclopedia Nobiliare dello Spreti dal 1928 al 1936; March.Guido Tacoli, Patr. Reggiano e Modenese, Cavaliere di Malta: Il Patriziato Reggiano nel 2000 , una pregevole ricerca apparsa nel “Pescatore Reggiano” del medesimo anno. Mirabile, infine, per rigore filologicoe finezza ermeneutica appare l’opera compiuta dal Conte Avvocato Clemente Riva di San Severino, Patrizio Reggiano e Cavaliere di Malta: Reggio Nobile. Stemmi e storia delle famiglie nobili di Reggio Emilia, Modena, Mucchi, A. D. MMIII.
Egregia casa di giureconsulti, i conti Suzzari vantano quale insigne capostipite Guido. Egli si trasferì nel 1270 a Reggio Emilia, umano stendardo dell’isola natia: genitrice del suo cognome, feudo della sua storia che nel XIII secolo appartenne a Reggio per poi passare al dominio dell’Olimpo dei Gonzaga nel XIV secolo.
Egli si fregiò del titolo di Lettore dell’Università di Padova e fu binomio inscindibile con Accorsio (detto anche Accursio) Accorsi, per ferma volontà del Senato Reggiano, che volle Guido per dettar legge nel periodo di estremo lustro per lo “Studio di Leggi” nell’Ateneo di Reggio Emilia. Spicca, tra gli onori di cui il Senato lo volle insignire, la “Ascrizione alla Cittadinanza Nobile di Reggio”: era l’aurea fede nuziale dell’Università, al cui eventuale ripudio sarebbe seguito il decadimento di tutti gli onori tributati.
La tradizione giuridica, in casa Suzzari, vanta però radici assai più antiche. Uno spicca su tutti: Francesco, ascendente di Guido, fu infatti uno tra i primi (e più apprezzati) docenti che l’Ateneo felsineo può annoverare. La sua fama di abilissimo, scaltrito giurista non ebbe confini, tanto che, nel 1268, Corradino di Svevia lo volle quale voce autorevole a propria difesa per quella che passerà agli onori della più celebre e, a ragione, divulgata storia con il nome di Causa Imperiale.
L’avversa contingenza favorì, tuttavia solo in parte, le decretate sorti dello sventurato Corradino di Svevia che, fatto prigioniero durante la battaglia di Tagliacozzo il 23 Agosto 1268 (citata, inter alios, da Dante nella Commedia [Inferno XXVIII, 17-18]) dal nobile locale Giovanni Frangipane (un tempo partigiano di Federico II), poté avvalersi dei migliori giuristi allora viventi, tra cui va compreso Francesco Suzzari, il cui avallo fu peraltro vano nel tentativo di ribaltare le sorti dell’ultimo aquilotto degli Hohenstaufen, miseramente rinchiuso in Castel dell’Ovo.
Il Papa vaticinò le sue sorti (“L’agnello condotto al macello”, i cui richiami sia neo sia vetero testamentari sono patenti…) in occasione del Capitolo Generale dei Domenicani, tenutosi a Viterbo in periodo di Pentecoste.
La decapitazione, compiuta il 29 ottobre 1268, viene rievocata sempre dall’Alighieri nei versi 67-68 del XX del Purgatorio: «Carlo venne in Italia e, per ammenda,/ vittima fe’ di Curradino…».
La toga divenne, per i conti Suzzari, un costume che si soleva tramandare di generazione in generazione. Pietro, figlio di Guido (considerato da una minoranza come suo fratello), si distinse per la straordinaria competenza in Diritto canonico, di cui fu Dottore e Lettore dapprima nella “Reggiana Università”, e quindi a Treviso nel 1313. Concluse la sua parabola esistenziale a Reggio nel 1327.
Quasi pregiata miniatura di una carriera tanto fervida quanto memorabile, gli venne eretta, nel chiostro della Chiesa di San Domenico, l’estrema dimora. Sul suo fronte troneggiava l’effigie in altorilievo – opera di Rosso di Verona, artista allora assai stimato – della sua persona. Spicca, anche per qualsivoglia neofita, un dotto, straordinario, efficacissimo divulgatore del Diritto, non casualmente attorniato da numerosi, scelti discepoli.
Per il pregio pressoché incomparabile della fattura, ad opera di Amedeo da Bergamo, quest’opera fu trasportata al Museo Lapidario Estense di Modena nel 1861.
Dopo la sua morte, la cattedra di Diritto nella “Scuola Reggiana” passò al figlio Francesco, al nipote Guido e quindi al pronipote Marco. Figlio di quest’ultimo fu Sigismondo che, nel 1402, fu membro del Senato di Reggio, unitamente al fratello Filippo, che vi ricoprì la carica di Priore.
Un altro ‘fiore all’occhiello’ dei conti Suzzari fu Filippo, nato nel 1532, figlio di Vincenzo e nipote di Filippo.
Egli, oltre a ricoprire la cattedra di diritto civile e canonico a Reggio Emilia, fu anche notaio e cancelliere vescovile; giova poi rammentare che il fratello Ercole fu canonico nella Basilica di San Prospero. Inoltre, Ludovico, il cui padre Lorenzo era figlio di Filippo, ebbe la carica di “Priore degli Anziani” di Reggio.
Il figlio Sigismondo, nato nel 1632, consigliere e avvocato, scrisse, inter alia, un’Epitome Universae Grammaticae, che vide le stampe a Reggio Emilia nel 1666. Sigismondo, di Filippo, di Sigismondo fu poi notaio nel 1698, oltre che cancelliere vescovile alservizio di “Sua Altezza Eminentissima il Cardinal Rinaldo d’Este”, nel 1667. Non meno ammirato del padre fu il figlio Mario, “Pubblico Lettore di Leggi in Reggio”, nonché membro del Senato cittadino.
Sposò la N. D. Giuliana Resti, figlia di Gerolamo, famiglia del celeberrimo fondatore della Chiesa di San Gerolamo a Reggio. Dal matrimonio nacque Sigismondo nel 1745, che fu – tanto per cambiare… – professore di Leggi e si distinse come avvocato tanto valente quanto integerrimo.
Dopo aver dato alle stampe alcune opere giuridiche di qualche pregio, sposò l’ultima discendente della nobile famiglia Muzzini: Margherita, figlia di Pietro. Ne nacquero cinque figli: Filippo Mario, Claudia, poi moglie di Antonio Cagnoli; Laura, coniugata col nobile reggiano Gian Grisostomo Rovesti; Caterina, maritata con Giambattista Pavesi, cancelliere vescovile e, infine, Giuliana, moglie dell’ingegner Ruffino Ruffini.
La contessa Giuliana Suzzari fu sepolta nella cappella privata di Villa Grasselli alla Baragalla (località Nebbiara, sempre a Reggio Emilia), ove, in antico, si soleva venerare la sobria, raffinatissima icona della Sacra Famiglia, un capo d’opera del bolognese Giovanni Andrea Sirani (1610-1670), che non ha certo qui bisogno di presentazioni.
Fra gli ultimi – ma non certo meno insigni – esponenti della famiglia si segnala Prospero Suzzari, stimato professore di Teoria e Storia della Musica sulla cattedra del Conservatorio bolognese “Giovanni Battista Martini”, scomparso il primo gennaio del 1888. Le sue spoglie ora riposano nel VII chiostro, porticato est, del Cimitero Monumentale della Certosa in Bologna.
Il figlio Guglielmo fu l’ultimo discendente maschio della famiglia. Ebbe due gemelle: Anna Maria e Maria Francesca, nate il 24 febbraio 1922, che la sorte volle nubili. Giunte in età di senescenza, decisero di affidare le loro estreme cure alla fidata ala protettrice dell’antica “Casa Omozzoli Parisetti”. Alienarono così la vasta tenuta di Arceto, presso Scandiano, che proveniva da un’antica eredità dei conti Manodori, patrizi di Reggio e loro antenati. La prima adabbandonare l’affranta sorella fu la contessa Maria Francesca, che passò ad altra vita il primo ottobre del 2012.
L’8 aprile 2015 morì infine la contessa Anna Maria che, per più di novant’anni, ha illuminato con la diletta sorella il nebbioso scenario culturale reggiano: la raffinatezza della loro inconfondibile, sottile, quasi impalpabile signorilità resterà – vogliamo credere – inobliato e, più che tutto, realmente utile alle generazioni presenti e future.

tag: , ,

Questo articolo è distribuito con licenza Creative Commons Attribution 4.0 International. Copyright (c) 2018 Federico Majolino, Davide Monda