Bibliomanie

Eros, filosofia e posterità. Proust secondo Georges Bataille
di , numero 49, giugno 2020, Note e Riflessioni,

Eros, filosofia e posterità. Proust secondo Georges Bataille
Come citare questo articolo:
Alberto Simonetti, Eros, filosofia e posterità. Proust secondo Georges Bataille, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 49, no. 18, giugno 2020

Premessa

Spesso il legame tra filosofia e letteratura è giocato tra due abissi: la perdita e il ritrovamento. L’intera opera di Marcel Proust, soprattutto nel dedalo narrativo di Alla ricerca del tempo perduto1, ha intrapreso una trama quasi trapezistica lungo la quale, in bilico ed in perenne rischio, il Marcel narrante ha dipanato la pluralità dei suoi mondi sempre al limite del precipitare per poi riprendere un equilibrio sovente precario. Tale nesso in costante movimento è stato individuato, tra i vari interpreti, in particolar modo dal filosofo francese Georges Bataille. Si può a rigore affermare che, in questa continua oscillazione, l’eros come vita e la vita come eros abbiano assunto il ruolo di agenti destabilizzanti nella vita-opera proustiana. Gelosia, tracce di corpi intravisti, volti restituiti alla loro ambiguità rappresentano altrettanti punti nevralgici per comprendere il portato della filosofia di Proust come sintesi che si disvela nel rapporto tra eros e posterità. Bataille ne ha condensato i tratti analizzando l’intreccio tra l’erotismo (agente di perdita e sparizione) e la posterità (agente del ritrovamento e del recupero) attraverso i quali si evincerà il connubio tra questi due poli così centrale nel segno scritturale di Marcel Proust e nella sua architettura semiotica.

2. La postura filosofica di eros

La Recherche addensa numerose traiettorie erotiche. La passeggiata di Odette-Ipazia racconta quanto l’erotismo sia ben più che un richiamo pulsionale ma che racchiuda le possibilità di una vita. Erotismo come terreno di perdita e acquisizione. La maturità accogliente di Odette, regale nel suo elevarsi a Madame Swann, è paragonata da Proust alla grande filosofa e scienziata dell’antichità ellenistica: «Madame Swann sorridente e buona, avanzava sul viale del Bois e come Ipazia, vedeva sotto il suo lento incedere, scorrere i mondi»2. Sono i mondi della filosofia che Proust lega all’erotismo poiché la conoscenza è già da sempre riflessione sul corpo inteso come ricezione multiforme e globale della vita nel suo complesso. Bataille approfondisce la nozione di trasgressione e quella di erotismo in Proust all’interno di un capitolo nel suo studio La letteratura e il male (1957)3 dove intesse la problematica del conflitto tra legge morale e sua infrazione. Secondo Bataille la funzione di Eros rappresenta per Proust il viatico per la fondazione di una morale chiaramente avulsa dai parametri tradizionali; si potrebbe decifrare come morale eterodossa poiché non incarnata rigorosamente in una sistematica di precetti anzi, per inverso, per Bataille è proprio la trasgressione degli stessi a garantirne la saldezza morale: «Alla base di ogni virtù c’è il nostro potere di spezzarne la catena»4.
L’orizzonte del possibile che Proust apre, soprattutto con la Recherche, è indiscutibilmente legato al rifiuto di una morale borghese accanto ad una morale aristocratica. Entrambe sono infettate dall’oblio del coraggio che, seguendo Bataille, è il perno decisivo nella rottura del concetto stesso di interdizione per schiudere in tal modo le condizioni per una morale creata, ovvero posteriore. L’asse concettuale Proust-Bataille mostra come il problema dell’uomo e delle società risieda nell’aver fondato morali che, al fine di giustificarne i dettami, sono state successivamente finte come aprioristiche, come precedenti. Al contrario, Proust, come farà Sartre con la morale secondo l’esistenzialismo5, vuole porre una morale posteriore che non si appelli ad un legante ab ovo. Soltanto in questo modo tale morale diviene profonda e necessaria libertà accanto a massima responsabilità. L’erotismo diventa così la leva di una morale liberata ma al contempo altamente conscia delle proprie trasgressioni, per provarne il piacere fino al suo apice insieme al conseguente riposizionamento di una condotta irreprensibile. L’eros fa parte della morale, ma non come dannazione, ma piuttosto come componente positiva:

Il concetto d’intangibilità sottrae forza alla verità morale cui noi dobbiamo aderire senza legarci. Nell’eccesso erotico, invece, noi veneriamo proprio la regola che infrangiamo. Un gioco di opposizioni rimbalzanti si trova alla base di un moto alternato di fedeltà e di rivolta, che costituisce l’essenza dell’uomo6.

La lettura di Bataille fa convivere due istanze apparentemente opposte tuttavia la stessa opera di Marcel Proust è l’emblema più fecondo di tale binomio ossimorico. Ogni sguardo di Marcel, spionaggio dell’anima gelosa, rappresenta questa duplicità poiché da un lato Proust vuole emanciparsi dalla morale tradizionale così sterile e stantia per fondarne una propria, dall’altro smargina anche la trasgressione stessa in quanto non cede alla trasgressione classica prevista dalla tradizione ma innesca una sorta di trasgressione più radicata che soltanto lui (e il lettore) può sperimentare. L’inseguimento di Gilberte, lo scrutare Albertine, ma anche la rassicurante passeggiata di Odette de Crecy fanno parte di questo coraggio dello scrittore di mettere a repentaglio la morale di un’esistenza non per sfaldamento del sé, anzi per tracciare il percorso per il suo rafforzamento. La componente erotica non indica una pausa dalla ricerca proustiana perché, al contrario, ne segna i momenti decisivi; dal celebre episodio delle madeleines alla scoperta degli amori saffici il nodo, seppur prospettico come ricorda Beckett7, è comune ed è teso in accordo verso il medesimo obiettivo inconscio e conscio al tempo stesso: la memoria e la relazione fondativa tra arte e vita.
Quale funzione si attribuisce, pertanto, al transgredior proustiano? Risulta importante comprendere l’etimologia del termine così legato alla dimensione erotica. Infatti la parola transgredior ha, oltre ai significati più usuali di “oltrepassare” e “violare”, almeno altre due peculiari significanti: da un lato si riferisce a “varcare”, dall’altro ad “omettere”. Due concetti che forniscono maggiore esaustività proprio perché il rifiuto della tradizione in Proust non coincide con un mero oltrepassamento che sarebbe un permanere per via negativa dentro la tradizione stessa, ma proprio con l’apertura di un varco per una fondazione etico-morale nuova di cui la trasgressione sia una sua parte fondamentale, affine ad ogni uomo. In secondo luogo, “trasgredire” vuol dire omettere il discorso manicheo tra vizio e virtù poiché l’autore della Recherche non si pone né come cinico censore della relaxation de costumes, né come apologeta del laissez faire amoralistico. Proust è piuttosto immorale in quanto varca la morale costituita (di cui una certa trasgressione fa parte come l’altra faccia di Giano) per fondarne una nuova, che sarà il tempo ritrovato dell’arte-vita, costruita sul rapporto e la compresenza intrecciata di morale e trasgressione come due poli non contrapposti ma complementari nella loro varia determinazione. In un componimento poetico tratto da Mélanges, Proust descrive il succedersi di giorno e notte, metafora di moralità e trasgressione come di due realtà non opposte ma consustanziali:

Tu vedrai, segno arcano e familiare
che appanna il suo splendore al tramonto che l’irrora
vincerlo lentamente alzarsi e brillare
la luna d’oro nel cielo ancora rosa8

Lo “splendore” è irrorato dal tramonto, l’uno ha bisogno dell’altro, la vita è morale e trasgressione al contempo dove nella prima non vi è merito e nella seconda non vi è colpa. L’arte è forse il nome che per Proust unifica morale e trasgressione. Questo elemento non concerne soltanto l’individuo ma, seppur elitario, può ampliarsi alla collettività:

[…] è nella misura in cui la società non sa dare spazio alle forze dionisiache, ne diffida e le perseguita invece di integrarle, che l’essere si trova ridotto a prendere suo malgrado le soddisfazioni che doveva ricevere da essa sola. Il valore essenziale del dionisismo risiedeva in effetti in questo punto preciso che univa socializzando»9.

L’eccesso e la smarginatura dell’erotismo condensano la forza della ricerca di tracce di cui la Recherche è una vera e propria disseminazione10. Tale eccedenza che rappresenta il tratto costante dell’euristica proustiana ha l’intento di legare ragione e passione nella costruzione di una nuova morale. Una morale, a rigore, estetica. Proust ritrova il tempo destrutturando il binomio che ha corroso l’umanità, quello tra Bene e Male, indicando una via d’uscita “altra”; non intraprende questo viaggio di abbandono e ritrovamento né solo con l’intelligenza né con l’afflato dell’emotività, ma ritrova un territorio nuovo eccedendo entrambe: «C’è in noi qualcosa di appassionato, di generoso e di sacro che oltrepassa le rappresentazioni dell’intelligenza: noi siamo umani appunto per questa eccedenza»11. Bataille interpreta Proust all’interno di questo scarto che si varco produttivo per preservare l’estetica attraverso una nuova morale e viceversa. Implicate in questo movimento vi sono in gioco perni etici come verità e giustizia, categorie che Bataille annovera in un più ampio discorso sul socialismo dell’aristocratico Proust. Rifacendosi alla giovinezza dell’autore della Recherche, Bataille mostra come il gesto ossessivo della gelosia, così altamente erotico nella sua ripetizione, non sia in realtà il soccombere del narratore Marcel all’interdizione imposta dalla società ma sia, inversamente, il viatico per la sovranità dell’individuo sulla stessa morale: «Noi dobbiamo essere leali, scrupolosi, disinteressati; ma al di là di questi scrupoli, di questa lealtà e di questo disinteresse, dobbiamo essere sovrani»12.

3. Proust postumo

La letteratura attraversa con Proust l’ampio raggio dell’esistenza nei grandi problemi legati alla storicità, alla memoria, all’eros, alla malia del corpo nonché all’esercizio incessante dell’intelletto. Questa pluralità di differenze spesso radicali fondano il cuore della narrazione proustiana volta ad un orizzonte da costruire, ad un novum da intessere. Scrive Tadié: «[…] uno dei principali principi della tecnica proustiana, “il principio di differenziazione”»13. L’etica ha un grande interesse nell’architettura filosofica di Proust proprio perché ha sempre caratterizzato le contraddizioni vissute da lui in prima persona: alta borghesia contrapposta ad aristocrazia, ma anche sguardo al mondo proletario e alle minoranze (si veda il caso dell’affaire Dreyfus). Ecco l’esigenza di spezzare, come nota l’ermeneutica di Bataille, il manicheismo Bene-Male aprendo il Bene (la fondazione etica) attraverso il Male (l’eccedenza erotica) ma, al contempo, instaurare il respiro del Male (la trasgressione e la mania incarnate dalle figure di Gilberte e Albertine nella Recherche) entro le forme del Bene (quella virtù che conosce i suoi limiti).
L’arte si rivela qui. Letteratura e male hanno questo nesso secondo Bataille, legante che non può essere fissato come un principio a priori, ma che deve essere fondato ex post e scaturire dall’esperienza della vita stessa, dall’esperienza della coscienza.

La letteratura è l’essenzialità o non è niente. Il Male – una forma acuta del Male – che si esprime in essa, ha per noi, credo, valore sovrano. Tuttavia questa concezione non esige un’assenza di morale: esige piuttosto una “ipermorale”14.

Una morale iper, dall’etimo greco, non è solamente un oltre ma anche un “poi”, un “dopo”. Le traversie erotiche narrate da Proust disseminano i segni frammentari che, se raccolti, compongono una nuova figura di liceità cui pertiene anche l’illecito. Non si tratta più di vagare nella compulsione tra vizio e virtù ma di regolare le intensità di entrambe in un battito comune, in un’intenzione strettamente condivisa. Questa unità è l’arte stessa, è quel tempo che Proust ritrova dopo un lavorio fatto di esaltazioni e cadute, perdite e acquisizioni, senza nulla tralasciare. Eros contribuisce in modo decisivo a generare il tempo dell’arte, il tempo ritrovato che sarà, a sua volta, la nuova e unica morale da seguire. In tal modo, il corpo e la sua carica erotica non rischiano più di essere merce15.
Si tratta, ricordando Nietzsche, di “dire di sì” alla vita attraverso la relazione tra pensiero ed eros. Proust, tra le varie tematiche della Recherche, ha questo filo conduttore che lega la trasgressione alla creazione di una moralità nuova, differente. Come ricorda Franco Rella: «La letteratura come l’erotismo è il sì alla vita fin dentro la morte»16. Marcel, narratore-protagonista di Alla ricerca del tempo perduto, attraversa la faticosa presa di coscienza di questo “sì alla vita”, un’affermazione che conquista soltanto alla fine della stessa; ne Il tempo ritrovato, ultima tappa del viaggio proustiano, Proust comprende che quanto si ritrova è la possibilità di rendere compatibili pensiero ed erotismo al fine di fondare un nuovo modus vivendi. L’artista è colui che raccoglie tutte le eccedenze, si fa unitamente sobrio e trasgressivo raggiungendo un equilibrio rinnovato. La dimora dell’artista è sempre straniera perché si perde e si ritrova costantemente, dove il disorientamento diventa la forma sofferente eppur viva di presenza a sé e verso il mondo: «Ogni artista è come il cittadino di una patria sconosciuta, da lui stesso obliata»17.
Bataille colloca Proust tra i grandi autori della trasgressione, tra i pensatori che hanno attraversato l’erotismo e la parte maledetta18 non per disfacimento ma per fondare un’altra vita possibile. Così per Bataille si può afferrare il mondo nella ricchezza delle sue prospettive poiché, altrimenti, disgiungere erotismo e pensiero renderebbe tutto stantio, sterile, codificato:

Il pensiero è asessuato: vedremo questa limitazione – opposta alla sovranità, a ogni attitudine sovrana – fare del mondo intellettuale il mondo piatto e subordinato che conosciamo, quel mondo di cose utili e isolate in cui l’attività laboriosa è la regola, in cui è sottinteso che ciascuno di noi dovrà restare al suo posto in un ordinamento meccanico. Se considero al contrario la totalità, che eccede da tutti i lati il mondo ridotto del pensiero, so che essa è fatta di distanze e di opposizioni19.

Il pensiero è necessariamente sessuato, ad intendere che investe tutte le forme dell’esistenza, ogni relazione nel suo complesso razionale e pulsionale. Proust ha fatto sua questa istanza, ne ha perlustrato le dinamiche fino all’unico approdo morale possibile, quello dell’arte. Molto spesso la bussola che ha portato Proust alla posterità ovvero a questa creazione artistico-vitalistica è stata la musica resa paradigma irrinunciabile nella Recherche dal Settimino di Vinteuil20. La musica, come l’eros, è pervasività assoluta e diventa scaturigine del fragoroso silenzio della trasgressione che accompagnerà il lungo lavorio di ricerca su di sé e sulla vita di Marcel Proust.
Secondo la lettura di Bataille, Proust è l’emblema di quel pensiero che trova e si ritrova nel suo profondo legame con la passione, fin nelle sue pieghe più riposte ed inconfessabili. Il desiderio non è, pertanto, una mancanza né una continua rincorsa alla futilità, ma diventa la semiotica che guida Proust alla creazione di una morale senza vincoli e per questo molto più virtuosa poiché in essa tutela ed include il vizio.

In effetti, l’intelligenza non può giustificare il potere della passione, e pertanto essa si crede ingenuamente tenuta a negarlo. Eppure l’intelligenza, non volendo che intendere le proprie ragioni, si sbaglia; poiché se essa lo vuole, può entrare nelle ragioni del cuore, basta che non esiga, a questo fine, di ridurle subito al calcolo giustificante della ragione21.

Per raggiungere la totalità dell’essere eros e pensiero si congiungono e permettono al soggetto di farsi sovrano senza alcuna prevaricazione sugli altri individui anzi, al contrario, contribuendo ad un percorso di liberazione prospettica.

Per una (non)conclusione

Seguendo alcuni tratti salienti dell’opera di Marcel Proust, sulla scorta della lettura di Georges Bataille, si evince il nesso filosofico tra la dimensione erotico-trasgressiva e quella razionale come una necessità fondamentale per oltrepassare il dualismo sterile tra vizio e virtù; qui si incardina uno dei capisaldi della vita e dell’opera di Proust che Bataille ha colto intuendo il portato degli eccessi narrati dal protagonista Marcel nella Recherche. Omosessualità, lesbismo, gelosia, passioni fugaci e ritorni ossessivi, sono intrecciati con corpi e paesaggi, il femminile al maschile, tuttavia non diventa apologia del vizio ma perno per la fondazione di una nuova morale, di un nuovo pensiero della vita. Un’intelligenza razionale ed affettiva al contempo, una lucidità razionale intrecciata ad una pulsionalità eccedente. Così Bataille vede Proust, autore capostipite e sperimentatore-creatore di una morale fondata su questo nesso ancestrale e vitale che trova compimento nell’unico “tempo ritrovato possibile”: l’arte.

Note

  1. M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto, vol. I-VII, tr. it. di M.T. Nessi Somaini e cura di G. Bogliolo, BUR Rizzoli, Milano 2006.
  2. M. Proust, All’ombra delle fanciulle in fiore in Alla ricerca del tempo perduto, vol. II, cit., p. 242.
  3. Cfr. G. Bataille, La letteratura e il male, tr. it. di A. Zanzotto, SE, Milano 2006.
  4. Ivi, p. 126.
  5. Cfr. J.P. Sartre, L’essere e il nulla, tr. it. di G. Del Bo, il Saggiatore, Milano 2008.
  6. G. Bataille, La letteratura e il male, cit., p. 126.
  7. Cfr. S. Beckett, Proust, a cura di P. Pagliano, SE, Milano 2004.
  8. M. Proust, Poesie, tr. it. di L. Frezza, Feltrinelli, Milano 2008, p. 61.
  9. R. Caillois, Nascita di Lucifero, tr. it. di R. De Benedetti, Medusa, Milano 2002, p. 52.
  10. Cfr. J. Derrida, La disseminazione, tr. it. di M. Odorici, Jaca Book, Milano 2018.
  11. G. Bataille, La letteratura e il male, cit., p. 132.
  12. Ivi, p. 125.
  13. J.Y. Tadié, Proust, tr. it. di F. Sossi, Net, Milano 2003, p. 53.
  14. G. Bataille, La letteratura e il male, cit., p. 11.
  15. Pierre Klossowski, per certi versi vicino ad alcune tematiche di Bataille, si concentra sulla gratuità e il dono in relazione alla perversione dal cui rapporto è possibile esplicare come l’era industriale abbia fabbricato l’esatto opposto perdendo tale relazione attraverso il concetto di bisogno primario e rendendo l’erotismo un valore di scambio. In Proust c’è, al contrario, un piano per riportare Eros nell’alveo del gratuito, fatto di eccedenza e di trasgressione, ma svincolato, in quanto arte e tempo ritrovato, dal diktat della reificazione mercificante. Cfr. P. Klossowski, La moneta vivente, a cura di A. Marroni, Mimesis, Milano 2008.
  16. F. Rella, Al limite del possibile in G. Bataille, Storia dell’erotismo, a cura di F. Rella, Fazi, Roma 2006, p. XXII.
  17. M. Proust, Il fantasma del bello. Scritti sulle arti, tr. it. di L. Salvarani, Medusa, Milano 2008, p. 175.
  18. Cfr. G. Bataille, La parte maledetta preceduto da La nozione di dépense, tr. it. di F. Serna, Bollati Boringhieri, Torino 2015.
  19. G. Bataille, Storia dell’erotismo, cit., p. 15.
  20. Si tratta della petite phrase della Sonata per piano e violino di Camille Saint-Saëns, raccordo che segue un continuum nell’opera e nella vita di Proust; infatti è presente ampiamente nella Recherche ma anche nel Jean Santeuil (scritto tra il 1895 e il 1901) e secondo il biografo e critico Painter è stata ascoltata da Proust, per la prima volta, a casa di Madame Lemaire. Cfr. M. Proust, Jean Santeuil, tr. it. di F. Fortini, Mondadori, Milano 1970; cfr. G.D. Painter, Marcel Proust, tr. it. di E. Vaccari Spagnol-V. Di Giuro, Feltrinelli, Milano 2017.
  21. G. Bataille, Storia dell’erotismo, cit., p. 89.

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