Bibliomanie

Marilù Oliva, Repetita
di , numero 21, aprile/giungo 2010, Letture e Recensioni,

Come citare questo articolo:
Mauro Conti, Marilù Oliva, Repetita, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 21, no. 11, aprile/giungo 2010

La letteratura è uno dei luoghi privilegiati, sosteneva Gadda, dove gettare un po’ di luce nel guazzabuglio del cuore umano; ben lo sa la psicologia analitica che lo considera quasi un assioma del suo metodo conoscitivo a cominciare da Freud fino al miglior interprete moderno dello junghismo, James Hillman. L’anima umana è forse il retaggio di un mare di storie, l’ars combinatoria di un multiforme cosmo di mitologemi, di immagini, di vibrazioni proiettate sul corpo pulsante, nebuloso di un grumo di elettroni nello spazio dell’esistere.
Non so perché mi siano venute queste riflessioni dopo aver chiuso l’ultima pagina dell’ottimo romanzo di esordio di Marilù Oliva, Repetita, ma certo le storie forti, la catarsi che necessariamente esse inducono, la stessa autrice mi avranno guidato verso questa direzione. Si perché al fondo della follia di Lorenzo Cerè, il pluriomicida compulsivo e ossessionato, il protagonista del romanzo, c’è il problema di una ricerca, il bisogno di fare luce sul Male, sulla follia, sulla notte fredda, gelida delle nostre più recondite pulsioni. Alla base c’è una richiesta di redenzione, di chiarezza meridiana, di sapienza adamantina a lenire i morsi paurosi della sofferenza, del dolore.
La storia è molto interessante: Lorenzo viene da un’infanzia terrificante di solitudine e di soprusi. Il passato lo tormenta sotto forma di dolorosissime emicranie, di nevrosi quando decide di sottoporsi a una cura psicanalitica. La dottoressa che lo prenderà in cura si chiama Malaspina. Fin qui tutto normale, se non fosse che Lorenzo è anche un assassino, un folle che si serve della Storia e dei suoi personaggi come di un canovaccio su cui interpretare, su cui sfogare tutta la sua rabbia, tutto il suo odio per il mondo. Un odio ancestrale, primitivo che finisce per coincidere col Male stesso, il Male fisico e metafisico che attraversa la vicenda umana nel suo percorso di evoluzione. La narrazione dei suoi delitti è veramente agghiacciante. Pezzi di bravura narrativa degni dei maestri del genere. Ma non è il caso di andare oltre con la trama per non privare il lettore del piacere della sorpresa, delle sorprese che questo testo riserva ad ogni istante.
Del resto, le chiavi di lettura, le piste interpretative, come nei buoni romanzi, sono diverse. Tutto, ad esempio, potrebbe anche essere inquadrato nella prospettiva di un tipico setting analitico, nel teatro di un dramma interiore su cui si inserisce la storia d’amore con l’affascinante ed erotizzante dottoressa; tutto potrebbe essere letto come la ricerca di un varco, di una via d’uscita da cui contemplare con animo rasserenato l’enigma dell’esistere, ma è meglio lasciare al lettore la ricerca del senso, la traccia del significato.
Non bisogna mancare di ricordare infine che Marilù Oliva, oltre ad essere una delle migliori collaboratrici della nostra rivista, è anche un turbine attività e forza creativa. Insegna, scrive, tiene un blog e studia. La incontreremo certamente di nuovo sulle ribalte cartacee e non della letteratura e comunque il suo inizio non poteva essere migliore.

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