Bibliomanie

Proposte di lettura
di , numero 52, dicembre 2021, Letture e Recensioni, DOI

Proposte di lettura
Come citare questo articolo:
Marzio Zanantoni, Proposte di lettura, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 52, no. 22, dicembre 2021, doi:10.48276/issn.2280-8833.9662

Intorno al fascismo
Proposte editoriali. È indubbiamente un periodo di notevole ripensamento degli anni del fascismo, da parte degli storici italiani. Nel breve periodo di pochi mesi sono stati pubblicati contemporaneamente alcuni libri interessanti che guardano al periodo mussoliniano da varie angolature. Iniziamo dalla segnalazione del bel libro di SIMON LEVIS SULLAM, I fantasmi del fascismo. Le metamorfosi degli intellettuali italiani nel dopoguerra, edito da Feltrinelli, pp. 230, euro 19,00. È un libro bello, interessante e provocatorio. Bello perché è piacevole da leggere e molto chiaro; interessante perché affronta un tema tra i più classici nella storiografia: quello del rapporto tra intellettuali italiani e il fascismo, in questo caso analizzato attraverso quattro figure centrali del nostro panorama culturale del Novecento: lo storico Federico Chabod, il giurista Piero Calamandrei, il critico letterario Luigi Russo e lo scrittore Alberto Moravia; provocatorio perché, come tutti i buoni libri dovrebbero saper fare, invita alla discussione e magari a letture anche fortemente contrastanti. Il sunto della ricerca di Sullam mi pare questo: nessuna delle figure analizzate nel libro ha mai espresso pubblicamente la propria opposizione al regime fascista. Anzi, in essi non mancarono momenti di adesione, consenso, sostegno e collaborazione al fascismo. In seguito, quei momenti e quei comportamenti vennero da loro generalmente rimossi, censurati o minimizzati, specie in sede pubblica. E solo raramente, e semmai solo in privato, essi si fecero in parte carico delle proprie responsabilità del passato. Alle spalle di questo assunto mi pare vi sia la nota posizione di Eugenio Garin, che più volte si disse convinto che il compromesso, l’adattarsi, il tener conto, siano stati gli atteggiamenti tenuti del 90% degli intellettuali italiani dentro il fascismo; anzi, aggiungeva Garin in una intervista a Stajano del dicembre 1988, “i nostri chierici sono stati di grande acquiescenza. Dal fascismo non si è salvato nessuno”, tranne i morti, gli incarcerati, gli esuli. Segnalo quelli che a me sembrano i punti di maggior interesse del libro: 1) l’uso appropriato e produttivo della distinzione tra intellettuali funzionari (i tecnici) e intellettuali militanti, già di Mario Isnenghi (e di origine gramsciana); il riferimento, sin dal titolo, ai “fantasmi” del fascismo, fantasmi nascosti, richiamati, vaganti, minacciosi nella autobiografia di ciascuno dei quattro, con il richiamo al più incombente fantasma degli intellettuali italiani, il fantasma che ha un nome e un cognome: Giovanni Gentile. Gentile determinò le carriere accademiche, giornalistiche, editoriali di molti, se non di tutti, i “chierici” dentro e durante il regime fascista. Un fantasma ingombrante quindi da cancellare al più presto nelle proprie autobiografie, sino a spingere il filosofo comunista Antonio Banfi, anche lui e la moglie tra i beneficiati, a pubblicare sulla stampa clandestina del Partito, pochi giorni dopo l’uccisione dello stesso Gentile, il più perfido necrologio che un “figlio” possa scrivere del “padre”. Silvia Calamandrei, su “Il Ponte” ha espresso forti obiezioni di merito e di metodo circa il libro di Levis Sullam, obiezioni in parte condivisibili (anche a me sembra che la scelta di Moravia tra i quattro sia un po’ “debole). Ciò che non condivido però è l’accumunare l’intento del libro di Simon con le ricerche, quelle sì strumentali, di Mirella Serri o di Raffaele Liucci sugli intellettuali “redenti” o “trasformisti”. A me sembra che l’onestà intellettuale espressa negli studi di Levis Sullam, ultimo libro compreso, sia ben diversa e quell’accostamento sia del tutto fuorviante. Non vi vedo insomma nella sua ricerca nessun revisionismo scandalistico o altro, se non il sano ripensare a ciò che sembra assodato, ma assodato non è. E ben vengano reazioni come quelle della Calamandrei che, aldilà della “difesa” del nonno, dissodano in modo altrettanto sano un terreno che non smette mai di produrre nuova conoscenza.
L’editore Carocci manda in libreria quasi contemporaneamente. Il fascismo italiano. Storia e interpretazioni, pp. 426, Euro 34,00, una raccolta di saggi a cura di GIULIA ALBANESE che mostra una rilettura di tanti temi (dalla violenza al colonialismo, dalle strutture dello Stato alla vita quotidiana ecc.) connessi al regime fascista svolti, questa è la novità principale, da giovani storici: una nuova generazione che ormai sta sostituendo chi, sin dagli anni Settanta (da Bobbio a Tranfaglia, da Isnenghi a Turi ecc.) aveva posto le basi storiografiche per una indagine innovativa del fascismo. Ora il tema principale di questo nuovo libro collettaneo si concentra maggiormente sulla specificità dell’ideologia fascista, sull’impatto di alcune delle strutture che definiscono il paese, sul modo in cui tutto ciò si riverbera nella società italiana. Interessante la scelta di riflettere, tra i vari saggi, sulla presenza e sulle caratteristiche di una cultura scientifica negli anni del regime, scelta anche innovativa rispetto alle più frequenti indagini svolte nei decenni precedenti sulla cultura del fascismo, privilegiando solitamente gli ambiti umanistici.
Nelle stesse settimane è anche la pubblicazione del libro di MIMMO FRANZINELLI Il filosofo in camicia nera. Giovanni Gentile e gli intellettuali di Mussolini, edito da Mondadori, pp. 367, euro 24,00. Molti ricordano la bella biografia di Gentile ad opera di Gabriele Turi del 1995; questa di Franzinelli, secondo lo stile che contraddistingue i suoi lavori, cerca di rivolgersi ad un pubblico meno specialistico, evitando comunque semplificazioni superficiali ed utilizzando, come sempre fa Franzinelli nelle sue ricerche, una solida documentazione archivistica (in questo suo libro ad esempio l’utilizzazione del fitto epistolario con Mussolini, spesso inedito), insieme ad apparati (le illustrazioni, la cronologia finale) che appunto vogliano andare incontro ad un lettore più vasto che un editore come Mondadori riesce a raggiungere grazie ad una capillare distribuzione libraria. La caratteristica principale di questa nuova biografia di Gentile, di quasi 400 pagine, è la accentuata sottolineatura del ruolo politico del filosofo siciliano, poiché, secondo Franzinelli negli anni del regime mussoliniano il ruolo di Gentile non fu principalmente quello di filosofo, bensì di politico ed organizzatore culturale, facendosi dispensatore di occasioni editoriali e di assegnazioni di cattedre, elargite con disinvoltura.

Editori e libri
Da tempo mancava nella storia dell’editoria una ricerca come questa di ELISA ROGANTE, Un libro per ogni compagno. Il PCI «editore collettivo» (1944-1956), Pacini editore, pp. 307, euro 20,00) che ricostruisce l’enorme attività editoriale del PCI, dall’immediato dopoguerra al 1956, quando cioè il Partito costruirà la sua propria Casa editrice, gli Editori Riuniti. La novità di questa ricerca, oltre alle numerosissime informazioni documentate, anche con molti inediti, è la pubblicazione in Appendice, per la prima volta, dei cataloghi completi di quelle piccole case editrici, come le Edizioni Rinascita o le Edizioni di Cultura Sociale o le pubblicazioni della Società editrice l’Unità, che avevano fatto conoscere a decine di migliaia di “compagni” i classici del marxismo o il punto di vista del Partito sugli avvenimenti del tempo. I cataloghi sono divisi utilmente per anno e per collane e possiamo renderci conto meglio e con più precisione con quali e quante “armi e strumenti” il PCI costruì il suo lavoro politico e culturale.
Libri e segnalibri. Si sfornano di continuo, ed è cosa buona, libri che parlano di libri e dintorni. Tra le ultime uscite vanno segnalati i piccoli libri (per formato e numero di pagine) di MASSIMO GATTA, uno dei migliori cultori e studiosi di storia del libro e dei suoi apparati. Il primo è un bellissimo testo dal titolo Breve storia del segnalibro, pubblicato non molto tempo fa da Grafhe edizioni (pp. 60, 7,00 euro). Gatta traccia una prospettiva storica di quell’oggetto di uso comune che usano i comuni lettori per tenere il segno tra le pagine e completa il lavoro con alcune piacevolissime pagine a colori che illustrano celebri e meno celebri segnalibri. Notevole è anche la bibliografia finale, davvero completissima. Il secondo testo, sempre di GATTA e sempre edito da Graphe edizioni è L’insolenza e l’audacia. Sul disordine dei nostri libri, pp 108, euro 8,50, un libro affronta il comunissimo problema, per chi dispone di una nutrita biblioteca privata, di come ordinare i libri. Per autore, editore, altezza o magari colore? Oppure lasciare che i libri si accumulino progressivamente? Sulla scorta di alcuni esempi celebri – da Borges a Roberto Calasso – la suggestione che arriva attraverso la descrizione di biblioteche composte da decine di migliaia di volumi è che proprio la sana e incontrollata anarchia dell’accumulo disordinato sia il vero piacere di chi costruisce il proprio paradiso cartaceo. E pazienza se qualche volume si nasconde momentaneamente alla nostra ricerca: quando meno te lo aspetti ricomparirà.
Alle stranezze o manie del lettore che accumula carta rilegata di ogni specie si occupata anche GUIDO VITIELLO in un libro appena uscito da Einaudi: Il lettore sul lettino. Tic, manie e stravaganze di chi ama i libri (pp. 160, Euro13,50). Vitiello ci ricorda, anche con dotte citazioni ed esempi, le molteplici stravaganze, anch’esse piuttosto comuni, che tanti di noi conoscono: i molti modi di sottolineare i libri; di prendere appunti nei margini bianchi delle pagine; di fare le “orecchie” alle pagine; dei criteri di mettere in seconda fila nascosta i volumi più disparati; le reazioni soprese di chi apre il pacchetto di un libro regalo e nei titoli ci vede significati metaforici. Insomma, a ognuno le sue nevrosi libresche.

Profeti e rivoluzionari
Nelle ricostruzioni storiografiche del nostro Paese, sono state molte e spesso differenti le attribuzioni di “profeta” o dottrina profetica”. Da ultimo Maurizio Viroli traccia ulteriori percorsi e figure nel suo libro Tempi profetici. Visioni di emancipazione politica nella storia d’Italia, pp. 302, euro 24,00. L’obiettivo di Viroli è quello di ricostruire l’intera storia delle visioni profetiche che si sono manifestate nel nostro Paese, intrecciando in modo stretto la connessione tra profezia ed emancipazione sociale. La narrazione ha inizio da Dante ritenuto il primo “politico” capace di utilizzare un linguaggio profetico per sostenere ideali di emancipazione politica. A Dante, nella ricostruzione di Viroli, seguirono, con tali capacità profetiche, solo Savonarola e Machiavelli, escludendo quindi dottrine considerate “utopistiche”, con connotati conservatori, radicalmente diverse dalle profezie. Con l’attribuzione di caratteristiche così specifiche, è il Risorgimento che appare il periodo di maggiore esperienza di emancipazione politica nella storia d’Italia, grazie a “poeti-profeti” come Alfieri, Foscolo, Manzoni e Mameli insieme alla più efficace voce profetica del periodo che fu quella di Mazzini, capace, secondo Viroli, di ispirare gli italiani a dedicare la vita alla causa della libertà. In questo senso denuncia negativamente l’operazione di Gentile e del fascismo di presentarsi come continuatori di quelle voci.
Ultimo intellettuale capace di avere voce “profetica” è considerato Pasolini, la cui morte, secondo Viroli, segna il tramonto dei profeti.
Nulla di profetico, ma molto di rivoluzionari è presente nella figura di Danilo Montaldi, su cui è stato da poco pubblicato un nuovo libro a cura di Goffredo Fofi e Mariuccia Salvati: Lasciare un segno nella vita. Danilo Montaldi e il Novecento, Viella, pp. 217, euro 26,00, con un’appendice di bellissime fotografie. Montaldi, cremonese, morto per un tragico incidente vicino a Ventimiglia nell’aprile del 1975, a soli 44 anni, è stato una figura centrale, tra la fine degli anni ‘50 e gli anni ’60, per le sue innovative ricerche “dal basso”, tra le osterie e le campagne della bassa, tra immigrati al Nord e “militanti di base”, ricerche dalle quali nacquero libri fondamentali come Milano, Corea o Autobiografie della leggera. Ricerca sociologica sulle classi sociali nella bassa Lombardia, volumi editi d Feltrinelli e Einaudi. Ma dalla sua penna uscì anche, pubblicato postumo, dato il rifiuto di vari editori, un Saggio sulla politica comunista in Italia (1919 – 1970), non una nuova o diversa storia del PCI, ma una cavalcata appassionata e drammatica di momenti, figure, ideologie del comunismo maggioritario e minoritario in Italia. Il libro di Viella contiene ricostruzioni e analisi specifiche del pensiero di Montaldi, svolte da studiosi come Mariuccia salvati o Maria Grazia Meriggi, ma anche testimonianze e ricordi di chi ha vissuto a stretto contato con lui: dalla moglie Gabriella Montaldi Seelhorst a Goffredo Fofi, autore di un ricordo acuto e bellissimo, che traccia con l’impareggiabile consueta intelligenza, la formazione culturale straordinaria di Montaldi e il senso più vero del suo essere “intellettuale organico” del proletariato.

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