Bibliomanie

Radici e vette di decenza utile
di , numero 25, aprile/giugno 2011, Note e Riflessioni,

Come citare questo articolo:
Davide Monda, Radici e vette di decenza utile, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 25, no. 6, aprile/giugno 2011

Ragionare intorno all’etimo del sostantivo “decenza” sembra apparire, almeno d’emblée, piuttosto agevole. Il termine viene, come i cultori di studia humanitatis percepiranno quasi ad orecchio, dal latino decentia(m), derivato di decens -entis, participio presente del verbo decere. Cicerone, Orazio, Ovidio, Tacito, Quintiliano e altri auctores della latinità aurea ed argentea impiegarono tanto il sostantivo quanto l’aggettivo. Circa poi l’attuale campo semantico di “decente”, i dizionari più diffusi sembrano convergere indicando le tre accezioni prevalenti dell’aggettivo: 1. conforme alla decenza, ovvero – a seconda delle diverse prospettive, che, beninteso, mutano da milieu a milieu, da epoca ad epoca, da luogo a luogo – al decoro, al pudore, alla convenienza, alla dignità; 2. adeguato alle giuste aspettative, alle esigenze legittime; 3. ben fatto, garbato, leggiadro, grazioso, bello. Quest’ultimo significato risulta, credo, più interessante a chiunque voglia studiare i sentieri delle idee morali

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