Bibliomanie

Pier Vittorio Tondelli e il romanzo di formazione queer
di , numero 51, giugno 2021, Saggi e Studi, DOI

Pier Vittorio Tondelli e il romanzo di formazione queer
Come citare questo articolo:
Luca Naponiello, Pier Vittorio Tondelli e il romanzo di formazione queer, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 51, no. 6, giugno 2021, doi:10.48276/issn.2280-8833.5949

L’omosessualità è un tema centrale, costitutivo, nell’opera di Pier Vittorio Tondelli. Eppure è stata per molto tempo, soprattutto negli anni successivi alla scomparsa dell’autore, affrontata con riserbo, perlomeno dalla critica italiana. Nel contesto anglosassone, invece, ha costituito la preoccupazione principale attraverso la quale molti studiosi si sono avvicinati alla sua opera. Le ragioni di questa difficoltà sono molteplici, tra cui sicuramente figura la morte prematura dell’autore a causa dell’Aids, nel 1991. È inoltre possibile che abbia agito un qualche pregiudizio nei confronti di orientamenti critici, influenzati dagli studi culturali, in cui l’identità dell’autore è un tema di rilievo centrale. Fa testo, per esempio, uno studio tra i più comprensivi dell’opera di Tondelli – dove peraltro non mancano pagine importanti dedicate all’omosessualità – nel quale Roberto Carnero sostiene che «Tondelli, in realtà, non legge l’omosessualità in termini ideologici e neppure identitari»1. Carnero rileva che Tondelli stesso, nelle interviste, è scettico nei confronti di categorie quali la “letteratura gay”2 e teme che la propria opera non venga apprezzata con il solo criterio del valore letterario3. Giulio Iacoli ha parlato in questo caso di «crisi di disidentificazione», ricordando che «le dichiarazioni autoriali non possono avere per noi un mero effetto impediente, di fissazione del dicibile entro territori verificati e prescrittivi»4. È infatti il testo stesso, con il suo ritornare in modo così insistito sul tema, a imporre alla critica di affrontare l’omosessualità, non solo come tema, ma come fattore costitutivo di una poetica.
La situazione all’estero è diversa. Studiosi quali Luca Prono, Eugenio Bolongaro, Derek Duncan e Gary Cestaro hanno dedicato molte pagine alla tematica omosessuale. Prono è stato il primo, a quasi dieci anni dalla scomparsa dell’autore, a contestare il silenzio sull’omosessualità negli studi critici5. Bolongaro pone al centro del proprio studio la sofferenza del corpo omosessuale nell’ultimo romanzo di Tondelli, Camere separate6. Mentre Derek Duncan propone un’interpretazione dello stesso romanzo come un possibile «Aids novel» – nonostante la malattia, come riconosciuto dallo studioso, non venga nel libro menzionata7. Il saggio di Cestaro invece si rifà a teorie queer di ascendenza psicanalitica per teorizzare l’esistenza di una soggettività e uno sguardo gay8. L’omosessualità è dunque, nei contributi critici di studiosi operanti fuori dall’Italia, il tema principale attraverso il quale l’opera di Tondelli ha suscitato interesse. Il testo più frequentato dalla critica, sotto questo punto di vista, è l’ultimo romanzo dell’autore, Camere separate, in cui la storia d’amore tra i personaggi di Leo e Thomas è il caposaldo attorno al quale è costruito l’intreccio. Come notato da Olga Campofreda, con l’eccezione di Camere separate, vi è però, generalmente, un vuoto critico intorno alle restanti opere di Tondelli9.
Questo intervento si situa in quest’ultima linea interpretativa, ma se ne distacca per alcuni aspetti. In primo luogo, dedicherà ampio spazio di analisi a un’opera di metà carriera di Tondelli quale Rimini. Pubblicato nel 1985, questo romanzo fatica tutt’oggi a trovare pieno apprezzamento critico, nonostante sia stato il maggior successo commerciale dell’autore10. Rimini è visto nel migliore dei casi come un’opera di passaggio, ma ha il pregio di introdurre, in una complessa struttura romanzesca, a tratti indebitata con il romanzo di formazione, un personaggio autobiografico, Bruno May, che affronta un rapporto omoerotico con caratteristiche molto simili a quelle descritte successivamente in Camere separate, l’opera prediletta dagli studi di genere. Rimini è dunque visto come un passaggio fondamentale, e un interessante esperimento narrativo, per l’elaborazione di una vera e propria poetica queer che prende forma nell’ultimo romanzo, Camere separate, quello che ha ottenuto maggiori apprezzamenti dagli studiosi interessati al tema.

1. Elementi di camp in Rimini

Il 2019 è stato l’anno di consacrazione finale dell’estetica camp, a lungo associata alla cultura queer. Il Metropolitan Museum of Art di New York ha infatti dedicato a questa sensibilità estetica una mostra; e il camp è stato anche il tema dell’annuale ballo di gala organizzato ogni anno dal museo. Nelle sale della mostra si è potuta ripercorrerne la storia, dai suoi inizi in certi ambienti aristocratici dell’Europa del Settecento fino alla sua entrata a pieno titolo nella cultura pop di fine Novecento. La collocazione al Met ha fatto in modo che anche i turisti più sbadati abbiano potuto osservare, tra le altre cose, lettere di Oscar Wilde, abiti di Vivienne Westwood e una statua di Antinoo fotografata da Robert Mapplethorpe.
L’entrata del camp nell’immaginario collettivo si deve soprattutto a Susan Sontag e al suo saggio Note sul Camp pubblicato nel 1964 sulla “Partisan review”. Nel testo Sontag definisce questa sensibilità attraverso una lunga serie di note, in cui tra l’altro sostiene che il camp sia un’estetica innamorata dell’artificio, dell’esagerazione e del frivolo11. È verso la fine del saggio che Sontag rivela come questa sensibilità sia strettamente legata alla cultura omosessuale maschile, soprattutto alla necessità di nascondersi: «Camp taste is much more than homosexual taste. Obviously, its metaphor of life as theater is peculiarly suited as a justification and projection of a certain aspect of the situation of homosexuals»12. Sontag sembra però inconsapevole che proprio il suo saggio sia una forma di outing di certe pratiche culturali che fino a quel punto esistevano, lontane dallo sguardo patriarcale, in un contesto underground13.
In Italia, il maggior responsabile della diffusione del termine è Alberto Arbasino. Già prima del 1964, il suo romanzo L’Anonimo lombardo giocava con gli stilemi di questa sensibilità14. Arbasino scrive un romanzo epistolare in cui un anonimo narratore racconta a un amico la propria storia d’amore omosessuale. Il contesto è quello del teatro dell’opera, con la Scala e Maria Callas a far da protagonisti. Il recupero di un genere letterario ormai desueto e l’ambientazione nel mondo dell’opera sono due stilemi pienamente camp. Arbasino si riconosce poi in modo esplicito in questa estetica qualche anno dopo, quando esce il saggio di Sontag. Grazie a vari viaggi negli Stati Uniti, immortalati nel libro America amore, viene in contatto con gli ambienti originari del camp newyorchese osservato da Sontag15.
La passione di Tondelli per Arbasino è documentata. Egli stesso dichiara, nel saggio Fenomenologia dell’abbandono, di aver letto L’Anonimo lombardo verso i ventitré anni e di esserne rimasto particolarmente colpito, a tal punto che, al Dams di Bologna, scrive una tesi di laurea sul romanzo epistolare16. Non si riscontra nei saggi una lettura del saggio di Sontag, ma una certa familiarità, magari non filtrata da testi teorici, con la sensibilità camp è evidente dalla lettura di opere quali Pao Pao e Rimini17. È più probabile che un’esposizione ai meccanismi del camp abbia avuto luogo attraverso la cultura pop, per esempio il glam rock di David Bowie18. Un indizio viene da Tondelli stesso, che in una intervista dichiara:

«Io credo che la mia formazione sia culturale sia generazionale, di ragazzo comune che non viene da una famiglia colta e che è cresciuto con tutti i suoi coetanei in un clima abbastanza normale, abbia come suoi referenti il cinema, la televisione, il fumetto, e tutta la mitologia legata ai personaggi del pop, del rock, anche la droga all’interno di questa mitologia, piuttosto che l’alta cultura. Questo mondo giovanile io lo sento molto mio. I discorsi intellettuali non li sento miei.»19

In questo passaggio Tondelli esplicita il proprio rapporto, specialmente in un testo come Rimini, con la cultura pop in termini generazionali. Non parla esplicitamente di camp, e tuttavia marca una distanza da operazioni sperimentali, proprie di Arbasino e della neoavanguardia, in cui elementi di cultura pop sono utilizzati come innesti situati all’interno di architetture romanzesche ancorate a un’idea “alta” di letteratura. Tondelli ha invece un sincero rapporto di adesione alla cultura di massa.
È questa attitudine che, in parte, contribuisce alla fredda ricezione critica di Rimini. Quando il romanzo esce a ridosso della stagione estiva del 1985, recensioni negative escono su quotidiani e riviste come “Paese Sera”, “L’Espresso”, “Il Corriere della Sera”20. Giovanni Raboni lo definisce poco dopo un romanzo «stucchevole» su “Il Messaggero”21. La critica accademica non dissente, con Diego Zancani che, per esempio, lo definisce «a kitsch novel quite suitable for seaside reading»22. Anche un amico personale di Tondelli, egli stesso scrittore, Enrico Palandri, esprime anni dopo alcune riserve su Rimini:

«Certo Pier in quegli anni è riuscito a costruire dei libri che incontravano il pubblico italiano su temi che io trovavo difficili da accettare: in primo luogo la moda e un abbassamento del tono non più come espressione di una diversa conversazione che aveva luogo in una marginalità reale, ma al contrario flirtando con i registri della cultura popolare. Non sono un cronista e con questa premessa ho voluto subito qualificare le mie difficoltà attorno a Rimini, il libro di Pier che mi piace meno, forse perché è l’Italia di quegli anni a non piacermi.»23

Come si spiega una ricezione così negativa per un romanzo che non solo ha avuto un notevole successo di pubblico, ma è anche una complessa macchina romanzesca postmoderna? Niva Lorenzini ha mostrato che Rimini è un complesso romanzo polifonico24, ed Enrico Testa ha argomentato che la prosa del romanzo rientra pienamente nella tradizione dello «stile semplice»25. Di certo il flirt con la cultura di massa – l’uso di certe strutture del romanzo poliziesco, la presenza di citazioni di musica pop – rende ardua la ricezione del romanzo negli ambienti letterari più tradizionali, considerato alla stregua di «paraletteratura», invece di vedervi un consapevole riutilizzo di materiali in chiave postmoderna26. Ma non si tratta solo di questo. Tondelli non solo cita la cultura pop, ma una sua specifica sensibilità, esattamente quel camp, così capace di abolire le distanze tra cultura alta e cultura bassa, descritto da Sontag.
Alcuni passaggi in Rimini rendono questa assunzione di stilemi camp evidente. Per esempio, nelle lunghe descrizioni che il narratore, il giornalista Marco Bauer, fa della vita notturna sulla riviera romagnola, osservata dalla sua automobile in movimento: «Arrivai a Riccione. […] Grandi fari illuminavano il retro degli stabilimenti balneari. La sequenza ordinata delle cabine – dipinte a blocchi con tonalità pastello – aveva in sé qualcosa di metafisico e infantile nello stesso tempo.»27 Tondelli apre la descrizione con tonalità lievi, a metà tra un quadro di Giorgio De Chirico e una fotografia di Luigi Ghirri; ma presto vira la tonalità verso atmosfere apertamente artificiali e postmoderne:

«Dalla parte opposta stavano gli alberghi, un paio di night-club, un campo da minigolf, un giardino brullo con qualche pino marittimo agonizzante. Arrivai a una rotonda immersa nella luce e parcheggiai. Lì sfociava un grande viale pieno di luci, insegne al neon, tavolini dalle tovagliette bianche affacciati sul passeggio, biciclette, stormi di turisti che procedevano lentamente. Striscioni luccicanti di lampadine congiungevano i due lati del viale passando al di sopra dei pini come festoni luccicanti. Mi immersi nel flusso della passeggiata. Alzai gli occhi, ma non mi fu possibile scorgere l’altezza dei palazzi. Ma erano veramente palazzi di cento piani come si era indotti a credere abbagliati da tutte quelle luci sospese a mezz’aria o non invece dei semplici condomini? L’illusione era perfetta. Non avevo mai visto nulla di simile in Italia.»28

In questo passaggio sono le luci a dominare. L’artificialità e l’inautenticità del paesaggio, sintomi del kitsch imperante, sono rese evidenti, a significare che sono venute meno le «gerarchie che consentivano a un’élite di sentirsi depositaria dei valori estetici del buon gusto»29. Il minigolf è per esempio un ambiente costruito che imita un ambiente che già di suo è una versione antropizzata del paesaggio naturale: ma non vi è nel romanzo un giudizio di valore. Marco Bauer, il narratore, si chiede infatti se questa Riccione si trovi veramente in Italia. Le luci al neon e l’illuminazione a giorno di ogni spazio farebbero infatti pensare di più al Las Vegas Strip, non a caso il modello per architetti postmoderni come Robert Venturi e Denise Scott Brown30. Ma l’artificialità, prima di essere uno stilema postmoderno, era un tratto fondamentale della sensibilità camp, come argomentato da Sontag31. La descrizione del paesaggio è solo un’anteprima del tipo di fauna giovanile che abita la notte in riviera; è qui che si rende evidente il rapporto con le soggettività queer:

«Flash di fotografi e paparazzi. Disegnatori e ritrattisti ognuno con il suo cavalletto […]. Ragazzi in canottiera e jeans strettissimi appoggiati alle loro motociclette, i capelli lucidi di brillantine e gomme, i bicipiti potenti, piccoli orecchini ai lobi delle orecchie. Crocchi di ragazze cinguettanti. Playboy con catenelle d’oro attorno al collo, ai polsi, sulla caviglia appena sopra il mocassino e anelli alle dita e bracciali e orologi scintillanti. […] Ragazzi di colore che improvvisavano un breaking al suono di uno stereo portatile. […] Omosessuali tirati a lucido che procedevano come tanti robot girando continuamente la testa indietro o di lato in movimenti indipendenti dal resto del corpo. Checchine fragili e vaporose e leggiadre che sostavano ai tavolini dei caffè […] Macho dai baffi frementi che procedevano avanti e indietro come tanti bambolotti big-jim in fase di collaudo oppure una parata militare. […] Lesbiche longilinee che passeggiavano altere con le mani ficcate nelle tasche della giacca Giorgio Armani.»32

Questa lunga lista in stile nominale include una variegata fauna più o meno giovanile che Pierluigi Pellini ha definito «una babele multietnica e multiculturale, tipicamente postmoderna»33. Ma tale fauna è allo stesso tempo anche spiccatamente queer, un ampio termine indicante forme di sessualità fluide e non-normative, caratterizzato, come rileva Giulio Iacoli, da una «dimensione corporea nelle forme di femminilità o maschilità atipiche, irriducibili a saldi binarismi e stereotipie, contraddittorie, ibride»34. Nel passaggio spiccano anche differenze razziali, con i «ragazzi di colore» dediti a un ballo hip-hop, che aggiungono complessità alla scena rappresentata e che possono aprire, con uno sguardo contemporaneo, a una concezione dell’identità stratificata o intersezionale, secondo la formula coniata in origine dalla teorica femminista Kimberlé Crenshaw per riferirsi alla marginalizzazione multipla subita dalle donne afroamericane35, e che oggi viene utilizzata per smarcarsi da modalità identitarie percepite come troppo rigide. Tondelli è dunque estremamente abile nell’identificare varie sottoculture giovanili e le loro manifestazioni identitarie, declinate spesso in termini sessuali. La descrizione fa leva su un meccanismo visuale – è il narratore a dirci cosa vede – enfatizzato dalla menzione di fotografi e artisti, che raddoppiano lo sguardo del protagonista. L’unico aspetto problematico è che lo sguardo che si posa su queste soggettività queer è quello eteronormativo di Marco Bauer, il personaggio principale del romanzo, che Tondelli disegna con tratti maschili volutamente esagerati. Si potrebbe però affermare che un personaggio maschile così stereotipato in realtà sovverte i canoni della mascolinità eterosessuale attraverso la loro esagerazione. Jennifer Burns parla di «rottura dei codici» per l’opera di Tondelli e di Rimini come il romanzo che opera tale rottura nella maniera più sottile all’interno del corpus tondelliano36. Questa descrizione si può dunque applicare al personaggio di Marco Bauer, che Tondelli ha creato come filtro attraverso il quale il lettore accede al racconto di soggettività altre, ma che non va interpretato come un personaggio eccessivamente normativo. Quello di Bauer è sì un «male gaze»37, ma reso talmente evidente da venir sovvertito delicatamente, quasi senza che il lettore più disattento se ne accorga. Il lavoro interpretativo di cui parla Burns e che il romanzo richiede è dunque quello tipico di un’opera postmoderna con vari livelli di lettura. Qui può dunque trovarsi la ragione dell’incomprensione da parte di molta critica.


2. Rimini come romanzo di formazione

Rimini è, sotto certi aspetti, anche un romanzo di formazione, sebbene non in senso classico, poiché la Bildung che mette in scena è problematica e plurale. La giovinezza è un’età con la quale la figura di Tondelli è tutt’ora associata. Questo si deve al fatto che in tutti i suoi libri i personaggi principali sono giovani. Come nota Campofreda, il mondo dei genitori e degli adulti è quasi inesistente nella narrativa di Tondelli38. La giovane età non è solo un momento dell’esistenza, ma viene rappresentata come un’identità vera e propria39. Il cambio di passo rappresentato da Rimini, con il passaggio a una nuova casa editrice – da Feltrinelli a Bompiani – e un senso della pagina classico, lontano dall’espressionismo degli esordi, coincide infatti, come è stato notato, con il rito di passaggio del compimento del trentesimo anno d’età41. Il rapporto città-provincia è in realtà invertito, perché l’incarico porta Bauer a trasferirsi fuori da Milano; ma nell’economia del romanzo Rimini e la riviera funzionano come una città estesa o, come osservato da Marco Marangoni, una «megalopoli senza polis»42. La caratteristica invece peculiare del personaggio è proprio il contesto sociale indefinito da cui proviene: Tondelli non ne fornisce una descrizione dettagliata; anzi, Bauer è definito dalla sua ambizione: «Volevo il successo e volevo la lotta. Volevo infrangere quei cristalli e gettarmi dall’altra parte, fra quei bagliori e bruciare. Sentivo che era l’occasione giusta»43. Il narratore e protagonista è definito dal suo desiderio di ascesa sociale. Questo aspetto fa di Rimini, almeno in parte, un romanzo che assume tratti del Bildungsroman.
La figura del giornalista milanese è costruita da Tondelli come quella di un maschio abbastanza stereotipato. Nel primo capitolo, quando Bauer sa di essere in procinto di partire e sa che la lascerà, descrive un rapporto sessuale con la propria fidanzata come «una lunga masturbazione nel corpo caldo di Katy»44. Lo stesso maschilismo si ritrova più avanti nei rapporti con una collega del giornale. Inoltre Tondelli descrive in dettaglio l’automobile sportiva che Bauer guida e i martini alla vodka che beve45. Per Oreste Del Buono questi sono tratti che rendono Bauer un personaggio detestabile, anche all’autore: «Marco non si ama, ma non lo ama Tondelli, che lo ha fatto tanto assolutamente normale da renderlo dapprima odioso e poi, via via che la lunga estate calda procede, oggetto di una certa compassione, in fondo più sprezzante dello stesso odio deliberato»46. Ciò che il critico non coglie è che questa tipizzazione è voluta; è esattamente il tipo di reazione che il testo di Tondelli vuole suscitare, in modo da creare un effetto di straniamento del lettore. Come si è affermato, è una delle modalità di rottura dei codici che il testo opera sottilmente. La mascolinità esagerata di Bauer da un lato è una citazione esplicita dalla letteratura hard-boiled americana,47 dall’altro è un modo per segnalare al lettore che le storie a cui deve prestare attenzione sono quelle delle soggettività altre.
Rimini è infatti un romanzo complesso, dall’architettura polifonica, che intreccia le storie di moltissimi differenti personaggi in un affresco collettivo. La vicenda principale, quella del giornalista Marco Bauer e del suo caso poliziesco, occupa a malapena metà dell’opera. Il resto dell’intreccio è dedicato a una complicata serie di personaggi. Per questo motivo Niva Lorenzini paragona Rimini, per la struttura complessa, a un’opera simbolo del postmoderno italiano quale Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino48. Sono queste altre storie ad aprire il romanzo a soggettività differenti, che permettono a Tondelli di esplorare complesse tematiche di genere.

3. La maturità di Beatrix

Uno di questi personaggi è Beatrix Rheinsberg, un’antiquaria berlinese, reduce da poco da un divorzio. È la sorella maggiore di Claudia, una giovane adolescente scappata di casa, che è stata interpretata dalla critica come l’ultima “libertina”, cioè appartenente a quel paradigma di gioventù emarginata protagonista della prima opera di Tondelli, Altri libertini49. La ricerca della sorella porta Beatrix in Italia, fino a Rimini, dove la sua storia contribuisce all’intreccio. Beatrix è un altro dei tipici personaggi tondelliani in cerca di sé. Ma è uno dei primi a presentare i tratti dell’età matura e le problematiche dell’accesso all’età adulta.
Come notato da Giulio Iacoli, la vicenda di Beatrix riprende a tratti un racconto di Ingeborg Bachmann, Simultaneo, contenuto nella sua ultima raccolta, Tre sentieri per il lago50. Nadja, interprete austriaca, incontra a Roma un dirigente della FAO con cui scappa in una fuga d’amore. Grazie all’uomo, anche lui austriaco, spera di recuperare un rapporto con la lingua tedesca, con la sua casa e con la sua identità («La risposta venne perché non la cercava in francese, ma nella sua lingua, e perché ora poteva parlare con un uomo che le restituiva la sua lingua»51). Vive infatti una crisi esistenziale, aggravata dal suo lavoro: la traduzione simultanea in molte lingue ha incrinato il suo rapporto con il linguaggio e con la realtà.
Ingeborg Bachmann è una tra le tante presenze letterarie all’interno di Un weekend postmoderno, una delle più importanti. È presente in Viaggiatore solitario, una prosa del 1987 che racconta i problemi di chi viaggia non accompagnato, con parole che ritorneranno quasi identiche in Camere separate: «Voglio che la mia solitudine sia rispettata. Se sono solo, non per questo sono un uomo a metà. Non per questo ho bisogno di petulanti eserciti della salvezza che vengano a disturbarmi. Non sono sposato, non credo all’istituzione familiare, sono debole come tutti, e fragile ed emotivo»52. Così come in Camere separate, è l’identità omosessuale che preclude alla possibilità di formare una famiglia in senso eteronormativo e costringe perciò al viaggio in solitaria che tanta parte ha nelle tarde pagine di Tondelli. È interessante notare come attraverso il confronto intertestuale con Bachmann, Tondelli riesca ad affrontare i temi più personali. Ne è prova un altro saggio dedicato alla scrittrice austriaca, Vienna, in cui il tema del rapporto con il paese natale riesce a prendere forma attraverso le vicende biografiche dell’autrice amata:

«Klagenfurt, sia detto con il dovuto rispetto, è Correggio. Innanzi alla tomba del poeta, Klagenfurt è una qualsiasi città in cui ognuno di noi è nato e cresciuto con dolore, scoprendo l’inconciliabilità del proprio sentire, e dove ognuno ha imparato, scrive Bernhard a proposito della Bachmann, a essere “perennemente in fuga”, a vedere nelle persone “ciò che sono in realtà, quella massa ottusa, stupida e brutale con cui effettivamente non si può far altro che rompere i ponti”.»53

È evidente che queste parole si riferiscono tanto all’esperienza vissuta da Bachmann, quanto a quella dell’autore. Per quanto non sia esplicito, anche qui la questione dell’omosessualità è determinante. Correggio può essere stata stretta a Tondelli per moltissime ragioni, ma è indubbio che tra queste una delle più importanti è l’omosessualità e l’impossibilità di viverla apertamente in un contesto così provinciale.
Questa consapevolezza prende dunque forma in Tondelli attraverso il confronto con Bachmann ed è evidente che questo rapporto intertestuale così esplicito si situa all’altezza di Rimini. La storia di Beatrix è dunque determinante per l’elaborazione di una poetica queer, interessata a modalità di soggettività “altre”: è una prima forma di straniamento dalla visione maschile del narratore Marco Bauer. Beatrix giunge in Italia a causa di una crisi personale innescata dal divorzio e dalla scomparsa della sorella. Sulla riviera romagnola sopravvive a un tentativo di stupro: si ristabilisce quando ritrova la sorella e si apre a una nuova storia d’amore. È una modalità inedita per un personaggio di Tondelli che, invece di trovarsi in uno stato di gioventù immutabile, evolve e matura a partire da una situazione iniziale. Beatrix infatti alla fine riesce a trovare sé stessa:

«In quei momenti Beatrix capì il perché si era imposta di trovare Claudia. In realtà – come si era confessata spietatamente quella sera in hotel – chi stava realmente cercando era se stessa, una donna che seguiva il fantasma di un’altra donna sperando nascostamente nella coincidenza delle loro identità. Si cerca sempre se stessi, in fondo. O qualcosa di noi che non ci è chiaro o non abbiamo capito: le ragioni di una sofferenza o di quella malattia sotterranea che ti prende il respiro ed è nera e umida come la malinconia. Beatrix stava cercando se stessa, questa era la verità. Nel momento in cui si era liberata dell’ossessione di Claudia, si era data pace, se lo era confessato, aveva potuto aprirsi al miracolo della conoscenza dell’altro. Si era innamorata. S’era messa il cuore in pace e magicamente tutto era filato alla perfezione. Aveva trovato il suo amico, aveva trovato Claudia.»54

Beatrix è il primo personaggio di Tondelli a esibire i tratti della maturità. Non è forse un caso che sia un personaggio femminile, così indebitato alla narrativa di Bachmann. È uno dei personaggi di Rimini a esibire tratti di «autobiografia sublimata», perlomeno nella ricerca di sé (ammessi da Tondelli stesso in una lettera traduttrice francese del romanzo)55. Ma questo lieto fine è anche reso possibile dal fatto che la vicenda narrativa può risolversi in un rapporto eterosessuale. Nel caso di altri personaggi non sarà così.

4. L’omosessualità tra vita e scrittura

Ancora più di Beatrix è il personaggio di Bruno May a presentare tratti autobiografici: uno scrittore omosessuale attorno ai trent’anni, le cui vicende sono ripercorse in analessi in un’ampia sezione del romanzo. Queste seguono lo sviluppo della storia d’amore con Aelred, un giovane scozzese, dai primi incontri alle successive crisi, fino al suicidio di Bruno, al seguito di un’aggressione omofoba. Questa sezione del romanzo presenta analogie con l’opera successiva di Tondelli, Camere separate, il cui protagonista è un altro scrittore alle prese con una storia d’amore con un giovane nordeuropeo. Poco prima della sua morte Bruno completa un romanzo che assomiglia «a una partitura musicale»56, dedicato alla sua storia con Aelred. Come è stato notato da Gary Cestaro, questo romanzo è Camere separate: il romanzo finzionale di Bruno e Camere separate hanno in comune l’ispirazione musicale, con una struttura in tre movimenti, ispirata alla musica ambient di Brian Eno e Philip Glass57. Rimini, negli sviluppi laterali del suo intreccio, può dunque anche essere letto come una prova generale di Camere separate, per la rappresentazione di una storia d’amore probabilmente autobiografica.
Anche in questo caso Tondelli opera con dei modelli letterari che diventano evidenti una volta che si accede a quell’archivio di saggi, articoli e racconti che è Un weekend postmoderno. Tondelli stesso, in una intervista, ammette che il volume opera come una sorta di «sottotesto»58 ai romanzi: vi si trovano infatti spesso racconti autobiografici o articoli che esplorano temi che vengono poi ripresi nei più lunghi testi narrativi. Per Rimini uno dei testi di riferimento, seppur successivo al romanzo, è Cabine! Cabine!, che nasce originariamente come un saggio sulle presenze letterarie nella riviera romagnola che Tondelli scrive per una mostra e in cui dichiara che Gli occhiali d’oro di Giorgio Bassani è «il miglior romanzo che uno scrittore abbia dedicato a Riccione. O meglio: quello in cui la città balneare non è solamente uno sfondo alle vicende dei personaggi, ma dà il ritmo alla narrazione»59. Nella storia di Athos Fadigati, il medico omosessuale ostracizzato dalla provinciale Ferrara nell’estate precedente le leggi razziali, Tondelli legge una critica al culto fascista della virilità. Nota come Riccione fosse la meta prediletta delle vacanze del Duce e come proprio l’ambientazione su quella spiaggia di una storia d’amore (ma anche di formazione) omosessuale fosse una pungente critica al regime.
I punti in comune dei due testi sono molteplici: in primo luogo la rappresentazione della condizione di marginalità vissuta dagli omosessuali. Ciò prende forma attraverso l’utilizzo dell’estate in riviera come unità di tempo e di luogo che strutturano i romanzi. In un testo pubblicato nello stesso catalogo su cui appare il saggio di Tondelli, Alberto Bertoni scrive che «il cronotopo del posto di vacanza diverrà in alcuni narratori della generazione già pienamente novecentesca il tramite simbolico di una dissociazione in atto fra l’io e le cose, di un processo di formazione che si realizza nei modi di una disarmonia prestabilita»60. La definizione si presta perfettamente al romanzo di Tondelli, anche se non è probabilmente uno dei testi a cui Bertoni si riferisce. L’estate funziona come arco temporale che apre e chiude il romanzo e che porta l’intreccio verso la sua fine.
La dissociazione del personaggio è inoltre accentuata dalla sua identità omosessuale. Tondelli mette infatti in scena le problematiche specifiche di una coppia che non può accedere agli stessi diritti riservati alle coppie eterosessuali. L’incontro tra Bruno e Aelred avviene nell’ambiente artistico londinese, a un vernissage – Aelred è un artista, così come Thomas, in Camere separate, sarà un musicista. Londra appare in entrambi i romanzi come una città in cui rifugiarsi per lo scrittore in crisi. In Rimini, Bruno «a Londra era arrivato con l’alibi di controllare l’uscita di un suo romanzo. Avrebbe dovuto fermarsi una settimana ed erano invece sessanta giorni ormai che bivaccava fra sbronze, vernissages, teatri, pub, incontri sentimentali che duravano una sola notte.»61 Il malessere dello scrittore non è specificato: è una ricerca di sé, a tratti anche spirituale. Mentre la motivazione del viaggio di Leo, il protagonista di Camere separate, è la morte del proprio compagno:

«Agli amici che gli chiedono perché stia partendo lui dà una risposta vaga, sforzandosi di renderla credibile. Dice che parte per lavoro, che andrà a Londra per scrivere alcune corrispondenze, che tornerà entro pochi mesi. Deve mentire per circoscrivere le attenzioni un po’ ansiose di chi gli vuole bene. Si sente prigioniero del buon senso dei suoi amici che mai si metterebbero in viaggio senza programmare né prenotare.»62

Leo deve mentire perché sa che gli amici intuiscono che la ragione del viaggio è la morte di Thomas. Ma quello di Leo è un lutto che non può avere luogo in pubblico, perché i due non erano sposati – manca a loro infatti il riconoscimento istituzionale della loro relazione da parte della società. Questa problematica è ancora assente in Rimini, dove lo sviluppo del rapporto tra Bruno e Aelred è inizialmente felice, con tratti anche assoluti nella loro unione. «Quando Bruno finalmente entrò nel corpo di Aelred, qualcosa tra loro esplose e li scagliò insieme in un’avventura che solamente loro, in quel momento e in quell’ora, potevano vivere in nome dell’umanità»63. Il narratore sembra qui suggerire che il loro rapporto possa aspirare all’universalità, prerogativa delle coppie eterosessuali. È dunque un rapporto che, per il solo suo esistere, ha valenza politica. Molto presto, tuttavia, la relazione tra i due si incrina e Aelred comincia a distaccarsene, perché intuisce che non ha futuro, che oltre quel punto non può progredire:

«Ora sorreggendolo con la sua bellezza quando Bruno appariva stranamente silenzioso come conquistato da un umore freddo e tetro; ora quando cercava la sua mano e lui gliela porgeva e la guidava sul sesso fino a farlo scoppiare; o quando, delicatamente, lo penetrava reggendogli in alto le gambe e in quei momenti, allora, “qualcosa” veniva a turbarlo, come una immagine cacciata lontano che prepotentemente tornava a farsi viva ai suoi occhi. Ed era sempre l’immagine di una donna, il sospiro di una donna, la voce strozzata dell’orgasmo di una donna. Non di una particolare donna, ma dell’essenza stessa della femminilità64

Aelred alla fine incontra una donna con cui avere una relazione eteronormativa, un episodio che si ripete in modo quasi identico in Camere separate: di fronte alle resistenze di Leo, Thomas persegue una relazione con una donna che può dargli quello che ai due, in questa fase storica, è ancora negato, cioè il vivere insieme e formare una famiglia. Lee Edelman ha definito la queerness sulla base del suo rapporto con la futuribilità. In No Future, Edelman teorizza la condizione queer come una rivolta nei confronti della dittatura del Bambino come causa sociale comune. La queernesss è dunque «the resistance, internal to the social, to every social structure or form»65. In questa sua articolazione la queerness è associata alla pulsione di morte di matrice psicanalitica. Edelman scrive quasi vent’anni dopo Tondelli, in un tempo in cui le possibilità di famiglia omosessuale, se non comuni, sono diventate perlomeno immaginabili. Questo ruolo oppositivo e di resistenza rivendicato è difficile da concepire per Tondelli. Ma in entrambi i casi le due posizioni nascono da una situazione comune, in cui le soggettività queer sono escluse dal sistema riproduttivo e dall’accesso alla dimensione della futuribilità, e perciò dal diritto di vedere le proprie relazioni riconosciute come legittime.
È per questo motivo che diviene difficile per il narratore di Rimini immaginare un compimento del percorso di formazione del personaggio di Bruno May. Mentre, con Beatrix, Tondelli ha la possibilità di terminare l’arco narrativo del personaggio con il compimento di una storia d’amore; con lo scrittore Bruno decide di optare per un suicidio, ma non prima di aver messo in scena una traumatica aggressione omofoba da parte, probabilmente, di uno sconosciuto:

«L’ombra uscita dai giardinetti di fronte al Grand Hotel gli era di fronte. Smise di fischiettare quel motivo. “Aelred” disse Bruno avvicinando la mano fino ad accarezzarlo. Un colpo violento lo prese alla bocca dello stomaco. Cadde in terra. Sentì altri colpi alle costole e sul cranio e una voce che lo offendeva. Perse i sensi.»66

L’identità dell’assalitore non è chiara. Si potrebbe pensare che sia Aelred stesso, ma non ci sono elementi nel romanzo per pensare che egli si trovi a Rimini o che abbia intenzioni violente. È probabilmente uno sconosciuto che ha potuto osservare Bruno. Come scrive Derek Duncan, la visibilità pubblica dell’omosessualità è un fattore integrale all’opera di Tondelli67. E l’insulto è un’esperienza purtroppo anch’essa comune alla soggettività omosessuale. Come teorizzato da Judith Butler, la società patriarcale assegna il genere al soggetto attraverso l’interpellazione. Butler fa l’esempio della nascita, quando l’ostetrica afferma il sesso del neonato. Per Butler, il gesto è un atto performativo che inaugura l’iscrizione del neonato in un genere e un’identità ben precisi68. L’insulto è invece un atto linguistico oppressivo, anch’esso performativo, ascrivibile alla categoria di hate speech, la cui funzione è quella di rimarcare la posizione subordinata del soggetto e l’inaccettabilità della sua esperienza69. Nel caso di Bruno May, Tondelli ci ricorda quali nefaste conseguenze ciò può avere.
Non è improbabile pensare che questa scena – l’aggressione omofoba a uno scrittore – sia stata scritta con in mente l’episodio, di dieci anni prima, della morte di Pier Paolo Pasolini. I due autori hanno un approccio molto diverso alla propria omosessualità – quella di Pasolini è molto più nascosta e tormentata – ma Tondelli in effetti dedica qualche riga per ricordare l’omicidio in Un weekend postmoderno: «Il giorno in cui Pier Paolo Pasolini fu ammazzato, si sarebbe raccolto in silenzio, a casa di un’amica, e insieme avrebbero ascoltato, commossi, un inno di Francesco De Gregori: Pablo»70. Tondelli non elabora l’esperienza oltre questa breve registrazione di un rito laico (nel 1975, è uno studente ventenne all’Università di Bologna). Ma è interessante notare come il ricordo della morte di Pasolini sia un momento decisivo nel percorso di maturazione dello scrittore e della sua poetica. Questo testo autobiografico dedicato agli anni Settanta, Quel ragazzo, è fondamentale nell’elaborazione di poetica che conduce a Camere separate:

«Si sarebbe sentito in contatto con tutti i suoi coetanei, li avrebbe cercati iscrivendosi all’Università di Bologna, li avrebbe trovati solo per rendersi conto che la propria vita si sarebbe giocata in solitudine e avrebbe potuto unirsi agli altri unicamente attraverso l’esercizio solitario e distanziato di una pratica vecchia quanto il mondo: la scrittura. Avrebbe capito che non sarebbe mai stato un protagonista, ma semplicemente un osservatore.»71

Fin dall’esperienza universitaria, Tondelli sembra essere consapevole che la propria marginalità – caratteriale ma inevitabilmente anche sessuale – è inscindibile dalla propria vocazione artistica. Se, nella logica di Rimini, Bruno è incapace di elaborare una propria poetica della separatezza e finisce per fare un investimento vitalistico che lo porta alla morte (in maniera non dissimile da Pasolini), Leo sceglie invece la scrittura a prescindere e per questo è incapace di vivere la propria relazione con Thomas se non attraverso la strategia delle “camere separate”. Nelle ultime pagine del romanzo, in cui Leo riflette sulla propria elaborazione del lutto e sulla propria maturazione, la scrittura diviene l’elemento centrale dell’esistenza:

«E allora, nei giorni seguenti, Leo riflette come forse non ha mai fatto prima, sul fatto che la sua vita è ormai troppo indistricabilmente legata allo scrivere; e che questa sola cosa gli importa e è questa, non lui, a dirigere gli spostamenti interiori della sua vita. Se con Thomas non ha funzionato, se la sua vita sentimentale è un disastro, se nel profondo è inquieto e non troverà mai pace, è perché lui è diverso e si deve costruire una scala di valori partendo proprio da questa sua diversità.»72

La scrittura e la diversità sono alla fine di Camere separate inestricabili. Nelle parole di Tondelli, «costruire una scala di valori» significa anche elaborare una poetica. Tondelli ha esordito come narratore con giovani personaggi intrappolati in un eterno presente, in cui non si giungeva mai alla maturità73. Con Rimini tenta di dare uno sviluppo ad alcuni di loro, cercando di mettere in scena un processo di formazione che si possa estendere a soggettività altre. In alcuni casi, questo processo ha successo e porta a una maturazione piena. Non è così per il personaggio dello scrittore omosessuale, costretto al suicidio per l’impossibilità di dare futuro alla propria relazione non normativa. In Camere separate, questa ingiunzione è purtroppo ancora attiva, poiché la relazione tra Leo e Thomas non può accedere all’ordine simbolico eteronormativo. Ma ciò permette ugualmente a Leo di portare a maturazione la propria vocazione di scrittore, la cui poetica sarà intrinsecamente marcata dalla testimonianza della propria diversità, e del suo «potenziale eversivo, queer in senso proprio»74. È questo il valore politico ancora vivo, oggi, della scrittura di Tondelli.

BIBLIOGRAFIA

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Note

  1. Roberto Carnero, Lo scrittore giovane. Pier Vittorio Tondelli e la nuova letteratura italiana, Milano, Bompiani, 2018, p. 38.
  2. Fulvio Panzeri-Generoso Picone, Tondelli. Il mestiere di scrittore. Una conversazione autobiografica, Ancona, Transeuropa, 1994, p. 53.
  3. Sulla questione del “valore” negli studi letterari, cfr. Pier Vincenzo Mengaldo, Giudizi di valore, Torino, Einaudi, 1999.
  4. Giulio Iacoli, Corpi “improduttivi”. Pier Vittorio Tondelli: discorso queer, riconfigurazione di un autore, in Silvia Antosa e Mirko Lino (a cura di), Sex(t)ualities: morfologie del corpo tra visioni e narrazioni, Milano, Mimesis, 2018, p. 53.
  5. Luca Prono, A Different Pier: Re-Writing Homosexuality into Pier Vittorio Tondelli, in “International Journal of Sexuality and Gender Studies”, Vol. 5, n. 4, 2000, pp. 295-310.
  6. Eugenio Bolongaro, Leo’s Passion: Suffering and the Homosexual Body in Pier Vittorio Tondelli’s Camere separate, in “Italian Studies”, Vol. 62, n. 1, 2007, pp. 95-111.
  7. Derek Duncan, Reading and Writing Italian Homosexuality: A Case of Possible Difference, Londra, Taylor & Francis, 2017 [1^ ed. 2006], pp. 106-130.
  8. Gary Cestaro, Self-Shattering in a Queerer Mirror: Gaze and Gay Selfhood in Pier Vittorio Tondelli, in “MLN”, Vol. 123, n. 1, 2008, pp. 96-124.
  9. Olga Campofreda, Dalla generazione all’individuo. Giovinezza, identità, impegno nell’opera di Pier Vittorio Tondelli, Milano, Mimesis, 2020, p. 19.
  10. Ivi, p. 125.
  11. Susan Sontag, Notes on “Camp”, in Against interpretation, and other essays, New York, Farrar, Strauss & Giroux, 2001 [1^ ed. 1966], pp. 275-6.
  12. Ivi, p. 290.
  13. Per altre critiche alla teorizzazione di Sontag, si veda Mark Booth, Camp, Londra-New York, Quartet, 1983, pp. 11-14 e 30.
  14. Cfr. Alberto Arbasino, L’anonimo lombardo, Milano, Feltrinelli, 1959.
  15. Cfr. Alberto Arbasino, America amore, Milano, Adelphi, 2011.
  16. Pier Vittorio Tondelli, Opere, vol. 2, Milano, Bompiani, 2000, p. 803.
  17. È dello stesso avviso Giulio Iacoli quando scrive che, «pur in assenza di richiami a Susan Sontag […] Tondelli rivela una precoce e chiara coscienza dei meccanismi del camp», vedi G. Iacoli, op. cit., p. 67. Per un’analisi dell’utilizzo da parte di Tondelli di stilemi camp in un altro romanzo, Pao Pao, con risultati di critica politica all’istituzione militare, cfr. Sciltian Gastaldi, Military Camping: Pier Vittorio Tondelli’s Homosexualized Barracks in Pao Pao, in “Quaderni d’italianistica”, Vol. 34, n. 1, 2013, pp. 189-216.
  18. Cfr. P. V. Tondelli, Un weekend postmoderno, in Opere, vol. 2, Milano, Bompiani, 2000, pp. 209, 238-9, 328, 330-1.
  19. Ivi, p. 953.
  20. O. Campofreda, op. cit., p. 128.
  21. Giovanni Raboni, Rimini, in “Il Messaggero”, 11 febbraio 1986.
  22. Diego Zancani, Pier Vittorio Tondelli: The Calm After the Storm, in Zygmunt G. Baranski-Lino Pertile (a cura di), The New Italian Novel, Edimburgo, Edinburgh University Press, 1993, p. 233 (corsivo mio).
  23. Enrico Palandri, Pier. Tondelli e la generazione, Roma-Bari, Laterza, 2005, p. 70.
  24. Niva Lorenzini, Una sincopata apocalisse, in “Panta”, n. 9, 1992, pp. 57-64.
  25. Enrico Testa, Lo stile semplice. Discorso e romanzo, Torino, Einaudi, 1997, p. 344-346.
  26. Pierluigi Pellini, L’ambiguo incanto del paesaggio postmoderno. Su Rimini di Pier Vittorio Tondelli, in “Contemporanea”, vol. 2, 2004, p. 39.
  27. P. V. Tondelli, Rimini, in Opere, vol. 1, Milano, Bompiani, 2000, p. 438 (corsivi miei).
  28. Ivi, p. 438-9.
  29. P. Pellini, op. cit., p. 45.
  30. Cfr. Robert Venturi-Denise Scott Brown-Steven Izenour, Learning from Las Vegas, Cambridge, MIT Press, 1972.
  31. S. Sontag, op. cit., p. 275-6.
  32. P. V. Tondelli, op. cit., p. 439-440.
  33. P. Pellini, op. cit., p. 41.
  34. G. Iacoli, op. cit., p. 49.
  35. Kimberlé Crenshaw, Demarginalizing the Intersection of Race and Sex: A Black Feminist Critique of Antidiscrimination Doctrine, Feminist Theory and Antiracist Politics, in “University of Chicago Legal Forum”, n. 1, 1989, p. 140
  36. Jennifer Burns, Code-breaking: The Demands of Interpretation in the Work of Pier Vittorio Tondelli, in “The Italianist”, vol. 20, n. 1, 2000, p. 263.
  37. Cfr. Laura Mulvey, Visual Pleasure and Narrative Cinema, in “Screen”, Vol. 16, n. 3, 1975, pp. 6-18.
  38. O. Campofreda, op. cit., p. 23.
  39. Ivi, p. 24.
  40. Ivi, p. 121.[/efn_note.
    Troviamo alcuni stilemi del romanzo di formazione in apertura al romanzo. Il protagonista e narratore autodiegetico, Marco Bauer, è un giornalista ventisettenne presso un quotidiano milanese, che riceve l’incarico di dirigere la sezione riminese del giornale che copre la stagione estiva sulla riviera romagnola. Secondo la definizione di Franco Moretti, il protagonista del romanzo di formazione classico, quello ottocentesco, possiede le seguenti caratteristiche: «giovane, maschio, appena inurbato, celibe, intellettuale, socialmente mobile e indefinito»40Franco Moretti, Il romanzo di formazione, Milano, Garzanti, 1986, p. 14.
  41. Marco Marangoni, Rimini di Pier Vittorio Tondelli. La città invisibile e la fenomenologia degli spazi, in “Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche”, 49, no. 2, giugno 2020, p. 11.
  42. P. V. Tondelli, op. cit., p. 416.
  43. Ivi, p. 418.
  44. Ivi, p. 503.
  45. Oreste Del Buono, Luci al neon, in “Panta”, 9, 1992, pp. 53.
  46. È Tondelli stesso a dichiarare che le sue ispirazioni per Rimini sono scrittori americani come Raymond Chandler, Norman Mailer e Francis Scott Fitzgerald, tutti rappresentanti di una certa spiccata mascolinità eterosessuale. Il cocktail bevuto dallo scrittore Bruno May in Rimini prende il proprio nome, “Il Lungo Addio”, da un romanzo di Chandler. Cfr. P. V. Tondelli, Rimini. Il romanzo vent’anni dopo: 1985-2005, Rimini, Guaraldi, 2005, p. 160.
  47. N. Lorenzini, op. cit., p. 57.
  48. O. Campofreda, op. cit., p. 114.
  49. G. Iacoli, Atlante delle derive. Geografie da un’Emilia postmoderna: Gianni Celati e Pier Vittorio Tondelli, Reggio-Emilia, Diabasis, 2002, p. 121.
  50. Ingeborg Bachmann, Simultaneo, in Tre sentieri per il lago, Milano, Adelphi, 2000, p. 16.
  51. P. V. Tondelli, Opere, vol. 2, p. 350.
  52. Ivi, p. 425 (corsivi miei).
  53. P. V. Tondelli, Rimini, in Opere, vol. 1, p. 663.
  54. Ivi, p. 1184.
  55. P. V. Tondelli, op. cit., p. 645.
  56. G. Cestaro, op. cit., p. 110.
  57. F. Panzeri-G. Picone, op. cit., p. 61.
  58. P. V. Tondelli, Un weekend postmoderno, in Opere, vol. 2, p. 500.
  59. Alberto Bertoni, Archetipi marini nel Novecento letterario romagnolo, in G. Capitta e R. Duiz (a cura di), Ricordando fascinosa Riccione. Personaggi, spettacolo, moda e cultura di una capitale balneare, Bologna, Grafis, 1990, p. 166.
  60. P. V. Tondelli, Rimini, in Opere, vol. 1, p. 615.
  61. P. V. Tondelli, Camere separate, in Opere, vol. 1, p. 959.
  62. P. V. Tondelli, Rimini, in Opere, vol. 1, p. 619 (corsivo mio).
  63. Ivi, p. 621-2 (corsivo mio).
  64. Lee Edelman, No Future. Queer Theory and the Death Drive, Durham, Duke University Press, 2004, p. 4.
  65. P. V. Tondelli, op. cit., p. 651 (corsivo mio).
  66. D. Duncan, op. cit., p. 107.
  67. Judith Butler, Bodies That Matter. On the Discursive Limits of Sex, New York, Routledge, 1993, p. 232.
  68. G. Iacoli, Corpi “improduttivi”. Pier Vittorio Tondelli: discorso queer, riconfigurazione di un autore, in Silvia Antosa e Mirko Lino (a cura di), Sex(t)ualities: morfologie del corpo tra visioni e narrazioni, Milano, Mimesis, 2018, p. 64. Per un’elaborazione teorica sullo hate speech, cfr. Judith Butler, Excitable Speech: A Politics of the Performative, New York, Routledge, 1997.
  69. Ivi, p. 124.
  70. P. V. Tondelli, Un weekend postmoderno, in Opere, vol. 2, p. 131-2.
  71. P. V. Tondelli, Camere separate, in Opere, vol. 2, p. 1101-2.
  72. O. Campofreda, op. cit., p. 24.
  73. G. Iacoli, op. cit., p. 59.

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