Bibliomanie

La Banda della Uno Bianca e “Isola Posse All Star”
di , numero 50, dicembre 2020, Note e Riflessioni, DOI

La Banda della Uno Bianca e “Isola Posse All Star”
Come citare questo articolo:
Nicolò Falchi, La Banda della Uno Bianca e “Isola Posse All Star”, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 50, no. 11, dicembre 2020, doi:10.48276/issn.2280-8833.5084

Alla fine degli anni ’80 una banda di persone semina il panico in Emilia Romagna tra rapine, estorsioni e omicidi. Un fatto in modo particolare colpisce l’opinione pubblica: una pattuglia dei carabinieri viene trovata crivellata di colpi a Bologna, nel quartiere periferico il Pilastro.
È il 1991. Sulla stampa dell’epoca si parla di omicidio commesso da una banda di killer professionisti1. Solo anni più tardi si scoprirà che gli autori di quell’omicidio – e tutta una serie di crimini – saranno commessi da appartenenti alle forze dell’ordine.
Sono poliziotti che ammazzano altri poliziotti. E che ammazzano possibili testimoni dei propri crimini, rapinano caselli autostradali, banche e aprono il fuoco all’interno dei campi rom. In totale i morti saranno 24 e 102 i feriti2. Quel gruppo di persone prenderà in seguito il nome di “banda della uno bianca”, dal momento che durante i crimini erano soliti usare questa utilitaria molto comune all’epoca.
Bologna precipita in una spirale di violenza e l’aria in città si fa tesa. La presenza delle forze dell’ordine in città si intensifica e a pagare le conseguenze di questo clima repressivo sono anche i centri sociali, che vengono presi di mira dalle autorità e vivono costantemente sotto minaccia di sgombero.
Su uno in particolare incombe questa minaccia ed è molto noto in città, si chiama “l’Isola nel Kantiere”.3 Si tratta di uno spazio occupato nel centro di Bologna, inaugurato nel 1988 e che diventa in breve tempo uno dei luoghi più vivaci della scena underground italiana. Si esibiscono gruppi punk, si organizzano proiezioni cinematografiche ma soprattutto da lì partono tutta una serie di manifestazioni politiche. Una di queste è organizzata come risposta al clima di tensione prodotto dalle scorribande della “banda della uno bianca”, lo slogan che risuona nelle strade di Bologna è “Stop al Panico”.
Sull’onda di questa manifestazione nasce una canzone rap, dall’omonimo titolo. Gli autori – Treble, Speaker Deemo, Deda e Ghoper D, gravitavano all’interno del centro sociale e si daranno il nome di Isola Posse All Star. Come spiega uno dei componenti, Ghoper D

«Isola Posse era nata alla fine degli anni’80 in quello che era lo squat dove abitavamo tutti che era l’Isola del Kantiere, (…) occupata a fine del’88 e sgomberata nel 1991»4.

In una città già tradizionalmente vivace dal punto di vista delle sottoculture giovanili – come il caso di Radio Alice negli anni ‘70 o al movimento punk negli anni ’80 – il fenomeno rap, in uno scenario ancora dominato dalla scena hc, comincia a prendere piede all’interno dei centri sociali.5

«Eravamo tutta gente che veniva dal Hc, dal punk…poi con i Public Enemy, NWA, Bestie Boys, EPMD ci siamo innamorati nel rap. Abbiamo preso il microfono e chi si è intrippato a fare basi, a fare il dj e abbiamo iniziato a fare questa cosa qui».6

Grazie ad una figura come Soulboy, originario delle Barbados, che secondo alcuni rappresenta l’“Afrikaa Bambata italiano”, viene organizzata una serata dal titolo “Ghettoblaster” in cui la colonna musicale principale era la musica rap: per partecipare a questo evento bisettimanale si riversano all’Isola nel Kantiere gli appassionati da tutta Italia.

Tutto comincia nel 1990

Sono i primi anni in cui il fenomeno delle Posse comincia a prendere piede in Italia. Il primo tassello era stato messo proprio nell’anno che apre l’ultimo decennio del secondo millennio.
Mentre fervono i preparativi per messa a punto degli impianti sportivi che di lì a poco avrebbero ospitato i mondiali di calcio di Italia ’90, nelle piazze e nelle università italiane si diffonde una protesta nota come il “Movimento delle Pantere”7. Gli atenei delle principali città italiane vengono occupati dagli studenti come reazione alla legge del ministro Ruberti, che apriva la strada delle privatizzazioni nell’università pubblica.
In questo contesto è un evento che segna la svolta per il movimento posse italiano: durante una manifestazione a Piazza del Popolo a Roma, il collettivo Onda Rossa Posse decide, del tutto autonomamente, di far sentire la propria voce.
Quel giorno di fine gennaio in piazza del popolo, a Roma, c’è tantissima gente. Il “movimento delle pantere” aveva deciso infatti di estendere la protesta oltre il circuito delle università e gli studenti si erano riversati nelle piazze e nelle strade di diverse città italiane. Tra i bersagli di quel corteo figuravano Andreotti, Craxi e, ovviamente, i baroni universitari. Uno striscione capeggia in seno al corteo e recitava “Pantera: mangiati Craxi”. Contemporaneamente, sul palco dell’evento, si alternano comizi ed esibizioni di band folk e cover anni’60.
Sembrava procedere tutto nella norma quando qualcosa sconvolge la scaletta della giornata. Una banda di persone incappucciate irrompe sul palco e dalle casse dell’impianto fa partire un campione di Ennio Morricone che sfocia in un classico breakbeat: inizia “Batti Il tuo Tempo”. Sulle parole di Militant A e Castro X il pubblico, completamente a digiuno di questo sound, sembra gradire e comincia a muoversi. Gli Onda Rosse Posse si erano presi la scena e “Batti il tuo tempo” si era consacrata come colonna sonora di quella protesta. Come racconta uno dei protagonisti di quel giorno,

«la piazza si alzò in piedi, la gente non era più seduta in terra. Dal giorno dopo noi non eravamo più invisibili, ma eravamo finiti nei giornali. Per la prima volta si parlava di posse italiane nei giornali e di centri sociali».

Inizia ufficialmente “l’era delle posse” e del rap italiano in italiano. Da lì in poi cominciano ad emergere tutta una serie di realtà in varie città italiane, come Milano, Torino, Napoli e soprattutto Bologna.
Nel 1990, dunque, gli Onda Rossa Posse avevano mostrato dunque come potesse essere possibile utilizzare l’italiano all’interno dei brani rap mantenendone l’efficacia comunicativa, soprattutto per veicolare messaggi politici. Per questo motivo gli Isola Posse All Star decidono di incidere il brano in italiano “Stop al Panico”, di cui verrà fatto anche un videoclip.8 Sia a livello lirico che dalle immagini vengono sottolineato il clima di inquisizione e di paura che aveva investito la città emiliana. Vengono infatti mostrati immagini dei telegiornali che parlano di omicidi, intervallati dai rapper che, in diversi scenari cittadini, interpretano la propria strofa. Una perfetta fotografia del contesto bolognese dell’epoca. Come spiegherà Speaker Deemo:

«L’abbiamo realizzato in un momento di grossa tensione a Bologna per dar voce ad una campagna antipanico e repressiva».

Dopo “Stop al panico” la band si riorganizza al suo interno. Lascia il gruppo Treble e arrivano infatti nella formazione Papa Ricky, Dj Gruff e Neffa. Proprio l’ingresso di quest’ultimo si rivela emblematico sul passaggio di consegne tra punk e rap. Dal momento che Neffa, dopo aver militato come batterista della band punk Negazione, si legherà per un buon periodo al mondo rap, lasciando un segno indelebile.
Con la nuova formazione viene rilasciato un nuovo singolo dal titolo “Passaparola”, prodotto dall’etichetta bolognese Century Vox. Il Brano ottiene un buon riscontro e lo dimostra la partecipazione dell’Isola Posse All Star al programma di Serena Dandini “Avanzi”, trasmissione che godeva di molto seguito e che andava in onda su Rai Tre in seconda serata.9
Da questa traccia si comincia a intravvedere la transizione tra forma posse e quella più legata allo stile e all’estetica che avremo modo di vedere in “SXM” dei Sangue Misto, con Dj Gruff prevalentemente agli scratch e produzioni, e la perfetta intesa lirica di Neffa e Deda. Dopo soli pochi anni però il progetto Isola Posse All Star si conclude ma si apre un nuovo capitolo: Deda, Neffa e Gruff danno infatti vita ai Sangue Misto e cambieranno la storia del rap italiano con l’album “SXM”.
L’album esce nel 1994 – proprio quando finalmente gli inquirenti sveleranno le identità della banda della Uno bianca – e determina l’inizio della golden age italiana.10 Bologna in quest’epoca, secondo molti, si impone per un lungo periodo come centro nevralgico della scena rap, prendendo il nome di “capitale del hip hop italiano”. Lo dimostrano la gran proliferazioni di artisti e progetti che negli anni ’90 partiranno proprio da qui. Dai Fuckin’Camels’n effect a Dj Lugi, fino ad arrivare a Joe Cassano e Inoki (PMC); a ritrovi storici come il Livello 57 con Zona Dopa e il Link.
Una città ora, che dal punto di vista della scena rap, sembra aver perso la centralità e la spinta propulsiva rispetto passato, ma che conserva ancora la sua importanza come luogo a custodia di una declinazione del rap più legata alla sua forma tradizionale. Così come negli anni 90, i centri sociali rimangono ancora rilevanti a Bologna quanto sotto attacco, come testimonia il caso “Atlantide” o lo sgombero del caso “Labas” nel agosto 2017 e la vicenda del “XM24”.11 Ma, talvolta, dagli sgomberi e dal clima di tensione possono nascere esperienze, sia a livello politico sia a livello artistico, capaci di lasciare il segno.

Posse: addio?

In Italia, per tutti gli anni ’90, il legame tra rap e centri sociali era dunque stato stretto e intenso. Le tematiche politiche erano infatti dominanti all’interno dei testi dei primi mcees italiani e l’esibizione nel contesto dei centri sociali rappresentava il rito iniziatico della maggior parte dei rapper nostrani. Erano tempi in cui le parole di Chuck D dei Public Enemy “il rap è la CNN dei poveri” erano prese parecchio sul serio, soprattutto in Italia.
Tuttavia, con l’inizio del 2000, questo legame è andato via via dissolvendosi, da un lato per un progressivo indebolimento del movimento antagonista – devastato dalle contraddizioni e dalle conseguenze sorte dopo il G8 di Genova, dall’altro per l’emergere di tutta una serie di rapper provenienti da contesti del tutto estranei al mondo dei centri sociali. Questo, nel lungo periodo ha determinato un venir meno delle tematiche politiche all’interno dei testi rap, che hanno lasciato il campo a valori, attitudini e contenuti differenti e – per molti tratti – completamente antitetici rispetto al passato.

Note

  1. Cfr. ad es. I tre carabinieri massacrati da killer professionisti, in «l’Unità», 06/01/1991.
  2. Cfr. Bologna, 25 anni fa l’eccidio della Uno Bianca al Pilastro: “Crudeltà incancellabile”, in «La Repubblica», 04/01/2016.
  3. Cfr. la voce Il centro sociale Isola nel Kantiere nella cronologia cittadina pubblicata dal sito della Biblioteca Sala Borsa.
  4. Intervista a Speaker Deemo, Isola Posse All Star, s.d.
  5. Cfr. G. Chiesa, presentazione del documentario Alice è in paradiso, Circolo Anarchico “Ponte della Ghisolfa”, Milano, 22/01/2005.
  6. Intervista a Gopher D, Isola Posse All Star / Sud Sound System, s.d.
  7. Cfr. La pantera è uscita dall’Università, in «l’Unità», 28/01/1990.
  8. Isola Posse All Star, Stop al Panico.
  9. Isola Posse All Star, Passaparola, live alla trasmissione “Avanzi”, 1991.
  10. Cfr. G. Galeazzi, Uno Bianca, 25 anni fa l’arresto della banda, in «In Terris», 23/11/2019.
  11. Cfr. Bologna, sgombero del centro sociale Làbas: scontri con gli attivisti, in «La Repubblica», 04/01/2016.

Questo articolo è distribuito con licenza Creative Commons Attribution 4.0 International. Copyright (c) 2020 Nicolò Falchi