Bibliomanie

Fra labirinti di templi complessi. Premesse storico-critiche allo studio di letterati tedeschi del Sette – Ottocento prossimi agli ideali della Massoneria
di , numero 37, settembre/dicembre 2014, Saggi e Studi,

Come citare questo articolo:
Davide Monda, Fra labirinti di templi complessi. Premesse storico-critiche allo studio di letterati tedeschi del Sette – Ottocento prossimi agli ideali della Massoneria, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 37, no. 4, settembre/dicembre 2014

1. Prolegomena storiografici: dall’Aufklärung a oggi

La Germania, insieme con l’Inghilterra, la Scozia e la Francia, è una delle culle della Massoneria moderna, di quella, dunque, definita “speculativa”. Anche se, antecedentemente al XVIII secolo, le cosiddette Logge “operative” sono state importanti e numerose, ed hanno saputo ben presto accogliere, come del resto le omologhe inglesi, dei “muratori accettati” (vale a dire uomini che non appartenevano al mestiere, come artisti e filosofi), le prime vere Logge moderne furono, in Germania come in tutt’Europa, di origine britannica.
Probabilmente ad Amburgo, nel 1737, fu fondata la prima Loggia speculativa tedesca, che nel 1741 prese il nome di “Absalon”. Una sua delegazione iniziò, il 14 agosto 1738, il futuro re di Prussia, Federico II, ‘despota illuminato’ e gran sostenitore della Massoneria in Europa, nonché istitutore egli stesso di una prima Loggia a carattere privato nella propria residenza di Rheinsberg, e successivamente promotore a Berlino di un’officina destinata a divenire la più importante dell’intera Germania. Il 13 settembre 1740 avviene l’apertura ufficiale della Loggia berlinese intitolata “Ai tre Globi”, che avrebbe accolto insigni personalità di Prussia, fra le quali i fratelli di Federico II e il Margravio del Brandeburgo, dedicatario, fra l’altro, dei celeberrimi Concerti brandeburghesi (1721) di Johann Sebastian Bach.
Le prime Logge tedesche portano nomi francesi: per esempio, “Alle tre spade”, “Ai tre cigni” o “Alle tre aquile bianche”, fondate a Dresda nel 1738 dal Conte Rutowski, nonché la già menzionata celebre loggia “Ai tre Globi”, che nel 1744 diverrà la “Gran Loggia Madre Nazionale ‘Ai tre Globi’”.
La Massoneria tedesca, pur nella diversità delle Logge, presenta in generale un vivo interesse per il trascendente, aspirando di continuo alla creazione di una filosofia basata su una concezione esoterica dell’uomo e dell’universo.
Com’è notorio, in Germania, Inghilterra, Francia e altrove, il XVIII secolo e l’inizio del XIX furono contrassegnati dalle due correnti filosofiche dei Lumi (basata sulla Ragione) e del Romanticismo (che privilegiava il Sentimento). Per la sua vocazione a riunire in una costruttiva fratellanza uomini di opinioni diverse, la Massoneria fu naturalmente un luogo di scambi di prim’ordine, accogliendo nel suo seno tanto correnti tradizionali di pensiero – quali l’alchimia e la Cabala – quanto concezioni modernissime come quelle dell’Enciclopedismo. Non stupisce perciò di vedere uomini illuminati come Lessing, Goethe o Fichte affiancare gli eredi dei movimenti alchemici o Rosacroce, fra gli altri.
Fra le organizzazioni estreme si segnala la società segreta degli “Illuminati di Baviera”, fondata nel 1776 da un professore bavarese, Adam Weishaupt (1748-1830), che fece proseliti in tutta la Germania e perfino in Ungheria. Fra i suoi adepti, spesso affratellati anche alla Massoneria, si segnalano nomi celebri come quelli di Herder e di Goethe: tale società tentò di conquistare le logge tedesche o, in certi casi, di guidarle segretamente. Invero, non pochi membri della setta si infiltrarono rapidamente nella rete di logge che alla fine del Settecento stavano diffondendosi in tutta Europa, e a cui diedero uno spiccato impulso rivoluzionario. E da più parti le si è attribuito un influsso decisivo sulla Rivoluzione francese, come è altresì confermato dagli approfonditi e, a tutt’oggi, insuperati studi di René Le Forestier (1868-1951)1.
Quando gli “Alti Gradi” massonici, sorti un po’ ovunque seppur da diverse origini, furono riorganizzati in sistemi e in Riti, in Germania il maggior successo fu indubbiamente riscosso dal sistema della “Stretta Osservanza”, denominato così per distinguersi dalla cosiddetta “Larga Osservanza”. Instaurato il 24 giugno 1751 dal barone Karl Gotthelf von Hund und Alten-Grotkau (1722-1776), un nobile sassone iniziato agli Alti Gradi scozzesi a Parigi, era un rito massonico che rivendicava una filiazione templare, e faceva della massoneria “l’Ordine del Tempio proseguito”, a sette gradi. Anche se spetta ad un ebreo convertito, tale Giorgio Federico von Johnson (uno dei nomi da lui usati) il merito di aver rifondato il sistema, per dargli una base “storica”, promettendo la rivelazione dei “segreti” scozzese-templari.
Di vocazione aristocratica, la Stretta Osservanza coltivava lo spirito cavalleresco, sicché ogni nuovo membro prendeva un nome di cavaliere.
Il medico generale dell’esercito Zinnendorf lasciò “I tre Globi” per fondare, nel 1770, una seconda obbedienza, la “Gran Loggia Nazionale”, riconosciuta dalla “Gran Loggia Inglese dei Moderni”, nel 1773, ma che non riconosceva le Costituzioni di Anderson del 1723.
Dopo la morte di Hund, avvenuta nel 1776, il suo sistema sarà riformato dal lionese Jean-Baptiste Willermoz (i cui seguaci furono poi chiamati Martinisti) e, nel 1782, diverrà, nel Convento (o Assemblea) di Wilhelmsbad, nota località termale prussiana, il “Rito Scozzese Rettificato”, per iniziativa di Ferdinand von Braunschweig-Luneburg. Va ricordato che, da questo momento, i riferimenti alla “leggenda templare” verranno ufficialmente riconosciuti per quel che sono in realtà, ossia allegorie e leggende, e non fatti storici.
Oltre alla Stretta Osservanza e ai Martinisti francesi, che rigettavano l’alchimia e l’ermetismo, l’Europa vedeva in quegli anni, come accennato, la presenza di due importanti sistemi, quello dei Rosacroce e quello degli Illuminati di Baviera. Adam Weishaupt, docente di diritto ecclesiastico a Ingolstadt e considerato il fondatore di quest’ultimo Ordine, poi riformato da Adolf von Knigge, era convinto che, per contrastare la setta gesuitica occorresse costruire un modello settario analogo, di tipo piramidale, vincolato dal giuramento, dalla disciplina, dal segreto, per realizzare una sorta di palingenesi di universale felicità e uguaglianza2. Era quella “rigenerazione” dell’uomo, per dirla con Lessing, che aveva costituito, nel secondo Settecento, gran parte della ricerca massonica nel tentativo di soddisfare il costante bisogno di religiosità3, e non solo. Difatti in quel periodo, come ha sottolineato Antonio Trampus, sceglieva di aderire alla Massoneria “chi era ‘illuminato’ e chi era ragionevole, chi si disponeva alla sociabilità e alle virtù, vale a dire il philosophe. Il culto del philosophe diverrà così uno degli elementi centrali della vita delle logge della seconda metà del Settecento: dalla figura di Federico il Grande, il re filosofo, a quella di Voltaire, che era stato il suo educatore morale, a Benjamin Franklin, protagonista della Rivoluzione nordamericana. Moderni eroi nella lotta contro l’ignoranza, la superstizione, la barbarie, il fanatismo4.
Ma nel contempo, in quell’ultimo quarto di secolo, con i mutamenti socio-politici intervenuti soprattutto in America, anche la Massoneria cambiava gradualmente la propria fisionomia, diventando una sorta di spazio aperto e di terreno di conquista da parte di forze ora conservatrici ora eversive, mentre vedeva la crisi dei propri obiettivi tradizionali, soprattutto in area protestante, una crisi che coincideva anche con quella dell’Antico Regime.
Era d’altronde prevedibile che la parte della massoneria europea, e quindi anche della tedesca, sulla quale doveva maggiormente rivolgersi l’attenzione generale fu quella legata all’esperienza della Rivoluzione francese. In verità, negli anni che vanno dal 1791 al 1793, il modello di loggia che riscuoteva maggior successo era quello delle società giacobine, formatesi sull’esempio delle logge di Marsiglia, ed esportato nella Germania renana, così come nell’Italia meridionale. Nel 1792, le logge di Altona e di Amburgo si collegavano ai club politici di Magonza, creando le premesse del giacobinismo tedesco e delle repubbliche renane, alla fine degli anni novanta. E l’11 giugno 1798, appare la “Gran Loggia di Prussia”, obbedienza nata dalla Loggia “Alle Tre Colombe”, creata da alcuni francesi nel 1760 in seno alla “Loggia Madre ‘Ai tre Globi’”.
In generale, riguardo alla Massoneria europea nel suo complesso, è del tutto condivisibile quanto ha affermato, in un libro davvero memorabile, Giuseppe Giarrizzo, secondo il quale “Alla società settecentesca, agli stessi Lumi la massoneria ha dato un modello elaborato di sociabilità: la loggia, che è uno spazio fisico e ideale di fraternità e di agape, in cui si è ammessi ai misteri e ad un rito capace di comunicarne i significati; un modo certo singolare di accedere a valori e a idee sentiti come di appartenenza privilegiata, e che hanno consentito un’adesione anche emotiva a concetti fondamentali dei Lumi, ed in genere della moderna società tendenzialmente democratica, attraverso l’egalitarismo e la meritocrazia”5. Ma in Germania occorrerà attendere il XIX secolo perché vengano fondate cinque Logge meno elitarie e restrittive, aperte ad accettare anche gli ebrei e i non credenti, e definite “umanitarie”.
Nel 1872, fu creata l’“Alleanza delle Grandi Logge Tedesche”. A seguito della guerra franco-prussiana del 1870, con la successiva annessione da parte della Germania dell’Alsazia e della Lorena, si interruppero i rapporti fra massoni francesi e tedeschi. Al fine di rinnovare i contatti, tre confratelli tedeschi si recheranno – ma solo il 28 settembre del 1900 – presso la Loggia “Cosmos” della “Gran Loggia di Francia”.
All’inizio del XX secolo, la massoneria tedesca risulta divisa in due grandi gruppi che si riconoscono vicendevolmente:

1. Le tre Grandi Logge di Prussia, con sede a Berlino. Per queste, la Massoneria è per sua essenza cristiana, e di conseguenza rifiuta agli ebrei l’accesso ai templi;
2. Le cinque obbedienze fondate nel XIX secolo ad Amburgo, Dresda, Francoforte sul Meno e Darmstadt, che non pongono tale distinzione, e sono designate come “Grandi Logge Umanitarie”.

Durante la prima guerra mondiale, la Massoneria tedesca rompe i rapporti con le Massonerie della Triplice Intesa. La Germania perde la guerra, e all’interno del paese se ne cercano i responsabili. I massoni tedeschi vengono allora accusati di complotto giudeo-massonico, il che fa infuriare le tre Grandi Logge prussiane, che nella maggior parte dei casi si sono sempre rifiutate di accogliere gli ebrei. Si produce dunque una netta separazione dalle cosiddette Logge Umanitarie per meglio chiarire la vergogna della disfatta.
In reazione alla nuova repubblica di Weimar, si segnala la Federazione del Sole Levante, nata nel 1907, che vanta uno spirito pacifista e soprattutto internazionalista. Dal 1920, il Sole Levante cerca un’intesa con la Gran loggia di Francia, atteggiamento vivacemente criticato dalla Gran Loggia Nazionale Tedesca. La Gran Loggia di Francia lo riconosce nel 1921. L’anno seguente, le tre Grandi Logge di Prussia rompono l’Alleanza del 1872, rifiutando di associarsi con logge che intendono partecipare al movimento umanitario di fratellanza generale e mondiale. Continueranno, inoltre, ad affiliare soltanto cristiani.
Le Grandi Logge tedesche proclamano il loro nazionalismo. Una delle Grandi Logge, a Regensburg, adotta quale simbolo la croce uncinata fin dal 1924. La Gran Loggia di Bayreuth, lo stesso anno, sceglie invece la bandiera tedesca, che ormai sarà presente in tutti i suoi templi.
Nel 1925, l’anno in cui appare il Mein Kampf di Hitler, alcune logge di provincia si radicalizzano: si formano due circoli, che riuniscono i massoni che condividono le medesime posizioni razziste e antisemite. Il pastore Hepp, promotore di uno di questi circoli, proclama che la Massoneria è indiscutibilmente di origine tedesca, e da essa discende quella inglese.
Il 1926, poi, segna una tappa decisiva: la Gran Loggia Nazionale ricorda che le differenze fra le razze esistono per volontà del Creatore. Il 4 aprile 1928, rinnega la Gran Loggia di Bayreuth perché non obbliga le proprie logge a tenere la Bibbia sull’altare.
Nel 1930, si creano il Supremo Consiglio per la Germania e la Gran Loggia Simbolica di Germania. Lo stesso anno, 600 membri del Sole Levante, per iniziativa del fratello Lachmund, che più tardi parteciperà alla resistenza tedesca, fondano la Gran Loggia Simbolica di Germania che, il 27 luglio, s’installa ad Amburgo.
Settembre 1930: il partito nazista conquista 107 seggi al Reichstag. Nell’ottobre dello stesso anno, la Gran Loggia Nazionale aggiunge alla propria denominazione quella di “Ordine tedesco-cristiano”. Nell’aprile 1932, la Gran Loggia Nazionale dichiara che non esistono impedimenti all’adesione dei suoi membri al partito nazista. Solo la Gran Loggia Simbolica assume posizioni chiaramente antinaziste. Insieme con il Supremo Consiglio, quest’ultima cesserà le sue attività alla fine del marzo 1933, e i suoi dirigenti saranno arrestati dalla Gestapo.
L’11 aprile, von Heeringen, Gran Maestro della Gran Loggia Nazionale, incontra Goering, il quale gli comunica che non c’è posto per la Massoneria nel nuovo regime. Von Heeringen non si scoraggia e dichiara che la Gran Loggia diverrà “l’Ordine Tedesco-Cristiano dei Templari”. L’antica Loggia “Ai tre Globi” s’affretta a giustificarsi con una lettera inviata alla direzione del partito nazista, precisando che l’Ordine ha sempre rifiutato gli ebrei e indiscutibili sono i sentimenti patriottici dei suoi membri.
La Gran Loggia dell’Amicizia diventa l’Ordine Tedesco-Cristiano dell’Amicizia, di cui possono essere membri soltanto uomini di discendenza ariana. Viene abolito il giuramento del segreto. La croce uncinata diventa l’insegna dei Maestri delle logge, ma tutti questi stratagemmi non impediranno il loro completo scioglimento, il 17 agosto 1935.
Chiuso il secondo conflitto mondiale sulle cui ricadute tragiche e problematiche non conviene qui indugiare, la Germania sconfitta è divisa in zone di occupazione militare alleata. Nel giugno 1945, ad Amburgo, si tengono le prime riunioni massoniche del dopoguerra. Nel giugno 1947, nella zona americana, a Francoforte, ha luogo un’assemblea ove si ritrovano 21 membri delle antiche obbedienze, ad eccezione di quelli della Gran Loggia Nazionale. Il primo obiettivo è di tentare finalmente di cancellare le eccessive differenze fra logge umanitarie e logge cristiane, obiettivo che però non sarà raggiunto, soprattutto poiché la Gran Loggia Nazionale non intende rinunciare al suo carattere di Ordine cristiano.
Ottenuta l’autorizzazione dalle forze d’occupazione, nei Länder si formano alcune Grandi Logge. I loro Gran Maestri, a seguito della riunione avvenuta a Francoforte il 15 maggio 1948, accettano, dopo la regolarizzazione, la Gran Loggia Simbolica e la Federazione del Sole Levante. All’inizio di ottobre, gli stessi Gran Maestri elaborano la Legge Fondamentale della nuova Gran Loggia Unita che intendono creare. Tutti sono d’accordo, tranne, beninteso, la Gran Loggia Nazionale, ma se ne farà a meno. La Gran Loggia Unita dei Massoni di Germania s’installa a Francoforte sul Meno il 19 giugno 1949, riunendo 174 logge.
Sempre preoccupata di sottolineare la propria diversità, la Gran Loggia Nazionale fonda a Berlino, il 29 aprile 1952, l’Alleanza delle Grandi Logge Massoniche cristiane di Germania, con la Gran Loggia “Ai tre Globi”, riconosciuta dalla Gran Loggia di Svezia il 13 febbraio 1953.
Finalmente, il 27 aprile 1958, la Gran Loggia Nazionale e la Gran Loggia Unita troveranno un’intesa, e la nuova obbedienza prenderà il nome complessivo di Grandi Logge Unite di Germania, il cui primo Gran Maestro sarà Theodor Vogel: l’unione sarà ratificata il 17 maggio 1958.
Nell’ottobre 1970, le Grandi Logge Provinciali Britannica e Americano-Canadese presenti sul suolo tedesco divengono membri delle Grandi Logge Unite di Germania.
L’ascesa del nazismo era stata tragica per la Massoneria tedesca, che contava allora circa 600 Logge e 70000 membri. In un primo tempo, le principali obbedienze massoniche tedesche, a cominciare dalle tre Grandi Logge prussiane, come accennato, assunsero posizioni sempre più nazionaliste, e solo una piccola obbedienza apparsa per scissione nel giugno 1930 con il nome di “Gran Loggia Simbolica di Germania”, con un effettivo di circa 600 membri, assunse posizioni decisamente opposte al nazismo.
Nel 1933, con l’avvento del Terzo Reich, tutte le principali obbedienze tedesche tentarono di sopravvivere, adattandosi: le Grandi Logge “umanitarie”si trasformarono in società profane, escludendo i “non ariani”, e la Gran Loggia nazionale “Ai tre Globi” rinnegò la Massoneria, assumendo oramai la denominazione di “Ordine Tedesco-Cristiano dei Templari”. Solo il Supremo Consiglio e la menzionata Gran Loggia Simbolica di Germania decisero di mettersi “in sonno” piuttosto che fare atto di obbedienza al nuovo regime, il che recò ai loro dirigenti persecuzioni e sevizie, talora mortali, da parte della Gestapo, nel 1934.
Il 17 agosto 1935, il regime nazista interdisse, come si è visto, la Massoneria, e furono sciolte le Logge ancora esistenti. Solo due obbedienze, la Gran Loggia Simbolica di Germania e la Gran Loggia di Amburgo riuscirono a proseguire le loro attività attraverso la mediazione di Logge in esilio, rispettivamente a Gerusalemme e a Valparaìso.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la prima Loggia ricostituita fu la più antica, la “Absalon”, di Amburgo, ma la Massoneria tedesca si risollevò fra grandi difficoltà e sino alla fine del XX secolo non riuscì più a riprendere il posto che era stato suo nel corso dei secoli precedenti.
Nel 1949, solo 151 Logge, provenienti da diverse obbedienze, saranno rappresentate a Francoforte sul Meno per costituire la nuova “Gran Loggia Unita dei Massoni di Germania”. Nello stesso tempo, si stabilirono con le forze d’occupazione parecchie Logge militari americane e britanniche, che si riunirono in due obbedienze: la “Gran Loggia Americano-Canadese degli antichi muratori liberi e accettati” e la “Gran Loggia della Massoneria Britannica”.
Nel 1958, per impulso di Theodor Vogel, una “Magna Charta” riunì le 5 principali obbedienze tedesche occidentali sotto l’egida di una confederazione comune, le “Grandi Logge Unite di Germania”.
Giungiamo poi al fatidico 1989: con la caduta del muro di Berlino e la successiva riunificazione tedesca, la Massoneria fu nuovamente autorizzata anche nella Germania orientale, dopo cinquant’anni di divieti e persecuzioni.
Quanto, infine, ai lunghi, complessi e faticosi rapporti fra Massoneria tedesca e Chiesa di Roma, il 5 luglio del 1970, la Dichiarazione di Lichtenau, firmata da nove massoni e tre rappresentanti della Chiesa cattolica, fu consegnata al cardinale König, e si concluse in questi termini: “Pensiamo che le bolle papali riguardanti la Massoneria conservino solo un significato storico e non abbiano più ragion d’essere nel nostro tempo”. Ma Il 1° aprile 1980 la Conferenza Episcopale tedesca così si esprimeva: “è esclusa la contemporanea appartenenza alla Chiesa cattolica e alla Massoneria”.
Oggi, in Germania, operano circa 470 Logge sotto l’obbedienza di cinque Grandi Logge indipendenti riunite nelle Grandi Logge Unite di Germania: la Gran Loggia dei Massoni Antichi e Accettati di Germania; la Gran Loggia Nazionale dei Massoni di Germania, la Gran Loggia Madre Nazionale “Ai tre Globi”, la Gran Loggia Americano-Canadese; la Gran Loggia dei Massoni Britannici in Germania.
Le strutture e le costituzioni delle Grandi Logge Unite di Germania sono regolate dalla Magna Charta del 1958. Il Gran Maestro e il suo aggiunto sono proposti da un senato, i cui membri vengono eletti da un’assemblea (o “convento”).

2. Herder e Lessing: fermenti culturali decisivi tra Illuminismo e Romanticismo

Johann Gottfried von Herder (1744-1803) è stato considerato dal pensiero massonico ottocentesco come il riformatore che più ha contribuito al rinnovamento della Massoneria tedesca. Egli pone la sua adesione sul piano della razionalità, fatto che lo impegna a un’attiva partecipazione alla vita di loggia. Ma Herder è figura assai complessa, che si muove fra il misticismo pietistico della sua tradizione familiare e il riformismo illuministico, con aspirazioni non di rado contraddittorie: sentimento religioso e ragione massonica si fondono solo apparentemente, e la bilancia spesso tende a pendere a favore di un misticismo assai criticato da Goethe.
Herder rifiuta l’idea illuministica di un progresso rettilineo dovuto soltanto alla ragione, e nel quale ogni epoca realizzi un accrescimento della perfezione e della felicità nei confronti della precedente. Egli sostiene infatti che ogni epoca e ogni popolo conquista una propria perfezione che li distingue da tutti gli altri, anche se sono possibili la comprensione e gli influssi reciproci, poiché ciascuna età e ciascun individuo non sono altro che varianti dell’umanità.
In tutta la produzione herderiana ricorre il concetto di Humanität, quale “sentimento universale”, amore per l’umanità, che verrà inteso come fattore primario ed essenziale del patrimonio dello spirito massonico fino ai giorni nostri. La Massoneria tedesca dell’Ottocento si apre alla visione estetica di una tale “filosofia umana”, dandone la chiave interpretativa nel concetto di Menscheit, esperimento di vita, fondato sul pensiero e i valori massonici, che parte dall’idea di “sgrossamento della pietra” – la propria individualità – per giungere alla pietra levigata della felicità collettiva. D’altronde, il concetto di Humanität non è in sé squisitamente massonico, e rappresenta piuttosto l’elaborazione di una linea di pensiero che si diffuse in tutta l’Europa fra la seconda metà del Settecento e la prima dell’Ottocento. Lo stesso Lessing tiene ben distinta Massoneria e Umanità, che confluiscono soltanto nel riconoscimento da parte massonica dei valori universali dell’umanità come propri.
Herder, profondamente uomo del suo tempo, interpreta le esigenze e le aspirazioni dell’epoca e integra la logica razionale di Lessing con la visione estetica goethiana, ottenendo rapidamente grande fama negli ambienti culturali tedeschi: la sua forza sta nel far diventare massonico ciò che è in sé universale. È un umanitario entusiasta, che porta questa sua “visione” all’interno della Massoneria. Nutre un’assoluta fiducia nell’uomo e nell’umanità, e di conseguenza anche nelle capacità di autoraffinamento materiale e spirituale. Lessing, invece, pone la Massoneria e non l’umanità come forza demiurgica. Questo deriva anche da una diversa concezione del problema di Dio e della religiosità: Lessing lo affronta da deista e in chiave massonica, Herder da cristiano.
Anche la distanza fra Herder e Goethe è profonda, giacché la crisi mistica in Goethe non si risolve in termini propriamente religiosi.
Come è noto, tali tematiche e valori umanitari erano, nel Settecento, alla base del vasto dibattito ideale che coinvolgeva tutti gli intellettuali europei; in Germania erano assai vivi e sentiti anche per la presenza di numerose Accademie impegnate in attività culturali di alto livello, operanti già fin dalla metà del Seicento, la più importante delle quali era la Società Tedesca, fondata nel 1636 da R. Robertin, e alla quale appartenne lo stesso Herder. Ma nel corso del XVIII secolo, con la diffusione dello spirito illuministico, quelle accademie decaddero, mentre sempre più s’imponeva la Società dei Muratori di derivazione inglese.
Trasferitosi a Riga, Herder, nel 1788, è iniziato alla loggia “Zum Schwert”. Subito appoggia l’opera di Schroeder nella Stretta Osservanza, per un ritorno alla semplicità dei tre gradi.
Se con Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781) si chiude il periodo illuministico, Herder, assieme a Goethe e altri, apre il periodo rivoluzionario dello Sturm und Drang, che darà luogo al pensiero moderno sulla libertà e sull’umanità. Per un altro verso, entrambi hanno la stessa visione della Massoneria come “società separata”, concetto che verrà poi elaborato da Fichte nelle lezioni sulla Filosofia della Massoneria.
Lessing presuppone un progetto globale che si dipana lungo tutta la storia dell’uomo; Herder, invece, tocca le corde del cuore umano con la forza del sentimento, aprendo alla visione di un mondo migliore.
Lessing è un pessimista, sia pur di un pessimismo sempre sotto il controllo di una speranza ragionata, che trova conforto soltanto in una visione metastorica; e non crede in una religione confessionale. La sua posizione si ispira all’ideale voltairiano di tolleranza, e considera le religioni rivelate un continuo processo storico di sviluppo della razionalità, che peraltro rende possibile interpretare la storia umana come un perfezionamento morale senza limiti né fine.
Herder invece è credente, ed è anche un pastore: per lui, il progresso è quasi una sorta di destino ineluttabile ma, diversamente dagli illuministi francesi, spinto da una forza metafisica.

3. Animosi orizzonti latomistici fra Goethe e Fichte

Il giovane Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), costretto ad interrompere gli studi universitari a Lipsia a causa di una grave malattia polmonare, viene curato da un medico paracelsiano, un certo dottor Metz, la cui frequentazione lascerà vive tracce nella sua vita futura.
Da studente, egli vive appassionatamente la crisi dell’Illuminismo e partecipa alla stagione dello Sturm und Drang, indirizzandosi verso il mondo della natura, così come Herder si rivolge al senso mistico dell’Umanità.
Alla dea Ragione si impone la forza impetuosa dei sentimenti, che aprono la strada agli interessi esoterici, peraltro già ben presenti in tutta Europa. Goethe si converte allora all’ermetismo alchemico, vivendo un periodo di produzione letteraria alquanto feconda: crea in quella stagione la figura di Faust, che incarna l’inquietudine dell’intellettuale tedesco del tempo, ma anche il rifiuto delle derive occultiste, di gran moda nei salotti, non di rado frequentati dal famoso (e famigerato) Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro.
Ma l’occultismo e la magia non sono le risposte che Goethe va cercando fin dalla giovinezza, e sceglie di aderire alla Massoneria, a cui viene iniziato nella loggia “Anna Amalia alle tre rose”, nel 1780. L’anno successivo diventa Compagno d’Arte e nel 1783 è elevato al grado di Maestro; ma poco dopo la loggia cessa l’attività.
Probabilmente questo fatto piuttosto deludente lo conduce, insieme con l’amico Herder, ad affiliarsi all’Ordine degli Illuminati, una società segreta vera e propria, caratterizzata da intenti eversivi quasi rivoluzionari nei confronti del potere politico.
Dell’affiliazione di Goethe resta un documento autografo recuperato dagli archivi dell’ex Unione Sovietica, che faceva parte degli incartamenti che gli Alleati occupanti ritrovarono nella Germania sconfitta, al termine della seconda guerra mondiale.
Tale esperienza, tuttavia, non durò neppure un anno per Goethe, ma l’esperienza da lui vissuta nella loggia “Amalia” gli aveva dato la convinzione della funzione pedagogico-sociale della Massoneria: gli sembrava di trovare finalmente un ambiente di ricerca spirituale ed esoterica al di fuori della religiosità delle chiese.
Negli anni successivi questa visione si approfondisce e trova un’importante espressione nel Wilhelm Meister, gli anni dell’apprendistato (1795-96), in cui affronta la tematica dei “misteri esoterici superiori”, quale antidoto alle banalità e alle frivolezze dell’epoca.
Nel 1788, Goethe parte alla volta dell’Italia: i suoi scritti sul viaggio italiano rasentano il sublime intellettuale dell’epoca, ma pochi hanno osservato come Goethe rimanga impressionato dall’Italia anche in quanto paese davvero “infestato” dalle società segrete.
Di ritorno dall’Italia, Goethe ritrova in patria lo stesso ambiente oppressivo che aveva lasciato, nonché le stesse dispute fra le tante Gran Logge massoniche in perenne conflitto fra loro. Alla fine del Settecento, infatti, la Massoneria tedesca è un arcipelago di Ordini e Obbedienze, attraversata com’è da dispute di ogni sorta: fra cattolici e laici, fra scientisti e occultisti, fra tradizionalisti e modernisti etc.
Goethe non sa spiegarsi tali dispute, giacché la sua è una visione mistica e spiritualistica della Massoneria, sebbene operi sempre entro i binari della ragione. Interpreta la situazione come politicamente pericolosa, essendo allora uno dei più ascoltati consiglieri di Carl August, duca di Sassonia-Weimar-Eisenach, e decide un drastico intervento: il 6 aprile 1789 esprime al duca un durissimo giudizio circa una loggia di Jena, costituita da “buffoni e birbanti”, tutta impregnata di velleità sovversive e ormai priva di ogni afflato ideale. Sempre riguardo a Jena, rincarerà la dose in un altro scritto del 31 dicembre 1807.
Ma la sua non è una rottura con la Massoneria: egli attacca quella che Lessing avrebbe potuto definire “Massoneria di forma”, in opposizione alla “Massoneria d’essenza”; ed esplode contro gli usi illeciti delle forme massoniche da parte di impostori quali il sedicente conte di Cagliostro (Il gran Cofto, 1789-91).
Riavvicinatosi alla Massoneria dopo il 1808, pubblica Arte e antichità (1814-15) sulle vicende della Rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche: l’idealità massonica vi è rappresentata come l’unica soluzione per il futuro dell’Europa, in una società universale regolata da gerarchie e statuti rigorosi. Ma, nel frattempo, la politicizzazione e la litigiosità delle Logge del Ducato impongono la decisione politica di chiuderle.
Goethe allora si ritira in se stesso, coltivando gli ideali massonici ed esoterici al di fuori di ogni manifestazione formale. Rispetto ai giovanili entusiasmi per l’ermetismo alchemico, purifica e sublima tale esoterismo nel Faust del 1808, che rappresenta questo passaggio, riconducendo il percorso massonico alla verità e alla conciliazione tra libertà e necessità come irraggiungibile mediante la sola ragione umana.
A quella realtà massonica confusa e conflittuale si contrappongono le armoniose visioni di Lessing o la Humanität di Herder, nonché la visione sentimental-razionale dello stesso Goethe, che militava nell’Ordine della Stretta Osservanza, ove si dava un’interpretazione ermetica del segreto massonico.
La massima espressione della concezione goethiana dell’esoterismo è proprio la composizione dei Segreti, nei cui versi risulta evidente lo spirito rosacrociano, il profondo anelito spirituale, l’afflato cosmopolita e la tolleranza sincera, ma anche il suo rifuggire da una concezione cristiana della religiosità.
Ben lontano dall’Illuminismo, ha una visione razionalistica assai più complessa, che si fonda sullo studio della Natura per cercarne un modello interpretativo nuovo e fuori dalle logiche della misurabilità newtoniana.
Nella fase più matura del proprio pensiero, giunge a concepire il mondo organico come la risultante di due tendenze, la concentrazione e l’espansione, e a formulare una teoria dei colori che influirà non poco sulla filosofia del primo Romanticismo tedesco. Cionondimeno, Goethe divenne famoso anche per le rilevanti scoperte scientifiche e per i modi di classificazione delle specie naturali ancor oggi sovente adottati.
Egli mantiene le distanze dal classicismo anche se, a ben vedere, e specialmente nelle Affinità elettive, è classicista nel senso più profondo del termine. Ma i suoi personaggi sono davvero liberi, e cosa ci rivelano del rapporto fra natura e cultura, fra mito e storia?
Tanto nel Werther quanto nelle Affinità elettive, i personaggi paiono agire sotto il dominio della necessità, e in una temperie quasi mitica. La morte stessa assurge a mito, e la natura si esprime come estremo simbolo della morte, senza la quale non ci sarebbe vita, analogamente a quanto accade nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo, per quanto quest’ultimo riveli una sorta di incapacità alla ribellione spirituale, e assai diversa appaia la sua visione politica complessiva: d’altra parte, Goethe è un massone mistico, mentre Foscolo è un massone liberale, fortemente influenzato dalla filosofia degli Idéologues francesi.
La Natura è concepita da Goethe in maniera prevalentemente esoterica e il poeta la vede come un grande rituale metafisico del Cosmo, nel quale la morte è la via mistica alla vita. La visione globale della natura, che gli deriva dalle concezioni ermetiche apprese in gioventù, lo porta a criticare la teoria della luce di Newton e ad elaborarne una assai diversa, intesa come teoria oggettiva dell’esperienza visiva. La Natura, come universo o creato, è un grande essere animato, a cui solo l’occhio della mente può dare senso.
In una lettera del 1770 confessa di avere quale amante segreta la chimica, la scienza che tanto influenzò la sua mente e la sua ricerca in ogni ambito. Questo forte interesse alchemico è espresso con notevole sapienza nella Fiaba del 1795, ove Goethe utilizza appunto il linguaggio simbolico dell’alchimia. Più tardi, nelle già evocate Affinità elettive, sempre richiamandosi all’alchimia, analizza gli esseri umani in rapporto al concetto chimico di affinità.
Ma l’esoterismo, l’ermetismo e l’alchimia di Goethe non sembrano mai oltrepassare i confini della ragione sensibile, e si mantengono, dunque, ben lontani dalle mode della magia e dell’occultismo, così diffuse nel Settecento. Egli ritrova perciò nella Massoneria quel sincretismo fra scienza ed ermetismo che andava ansiosamente cercando.
In verità, secondo Goethe, l’iniziazione si prefigura come rito esoterico della rinascita, in evidente opposizione all’ideale illuministico di una “educazione del genere umano” proposto da Lessing.
E conviene aggiungere qualche riflessione su quest’ultimo. Se come autore di teatro conquistò un posto preminente nella letteratura drammatica europea, se si può definire senza troppe riserve l’iniziatore della moderna letteratura tedesca, non meno cospicua appare la produzione filosofica di Lessing, che ne fa la più ricca e, presumibilmente, la più originale figura dell’Illuminismo tedesco.
Nell’ultimo decennio della sua vita, egli si dedica alla stesura del trattatello sull’Educazione del genere umano, che ben si integra con lo scritto da lui dedicato alla filosofia della Massoneria, ossia i Dialoghi per Massoni (1778-80). In essi e nei suoi scritti filosofici in genere, Lessing esprime più volte posizioni caratteristiche di chi abbia meditato a fondo la propria appartenenza a un’istituzione iniziatica. Il significato della Libera Muratorìa si inserisce nella visione della storia come progresso, mentre l’analisi della situazione religiosa dell’umanità divisa fra opposti dogmatismi, che dimostra la necessità di una “chiesa invisibile”, chiarisce quali risultati debba elargire l’illuminazione (Erleuchtung) a cui tende l’educazione del genere umano, da lui indicata come vera meta dell’umanità, la quale però non può attuarsi laddove non venga perseguito di pari passo il fine della costruzione dell’uomo.
Grande fu poi l’influsso dello Spinoza dell’Ethica ordine geometrico demonstrata (1677, postumo) sui maggiori esponenti della Massoneria tedesca del secondo Settecento: Lessing, Goethe, Herder condivisero, sia pure in modi alquanto diversi, una visione panteistica della divinità. Successivamente, Johann Gottlieb Fichte (1762-1814), considerato con giusta ragione il fondatore dell’Idealismo moderno, farà coincidere Dio con l’ordine morale: l’uomo cerca di adeguarsi a Dio sforzandosi di assicurare la vittoria dell’Io (il quale è, anzitutto, ragion pratica che tende, sempre e comunque, alla libertà) sul non-Io, sull’ostacolo che deve necessariamente trascendere. L’essere aspira così al “dover essere”, raggiungendolo e superandolo. Ma il “dover essere” in senso assoluto – che si ponga cioè al di là di tale contrasto dialettico – non è oggetto di ragione, bensì di fede.
Con Fichte la filosofia europea entra oramai pienamente nella sua fase romantica. La sua Filosofia della Massoneria raccoglie il testo delle “lezioni” tenute, nella primavera del 1800, presso la Loggia “Royal York dell’Amicizia” di Berlino, pubblicate poi fra il 1802 e il 1803 dal confratello J.C. Fischer sotto forma di lettere dirette a un profano, sulla rivista “Eleusinen des XIX Jahrhunderts”.
Per quanto riguarda la specificità e le finalità della Massoneria, Fichte riprende, nel complesso, il pensiero di Lessing: in una società oramai dominata dalla divisione del lavoro, essa ha il compito di operare per una cultura umana universale. Analogamente, d’altronde, esigenze simili erano state da lui sviluppate nel celebre corso di lezioni del 1794 sulla Missione del dotto. Ma, a differenza di quanto accade per Lessing, la specificità dell’Istituzione è vista da Fichte per lo più attraverso il problema della costruzione dell’uomo. E la via per intendere l’essenza dell’Ordine passa attraverso l’indagine dell’uomo che ne fa parte, per capire “che cosa possa proporsi come scopo l’uomo saggio e buono in tal colleganza”.
Scopo dell’uomo saggio e buono è lo scopo finale dell’umanità, che quaggiù portiamo in noi, e la sua massima perfezione possibile. Ma in qual modo tale alto ideale può essere effettivamente perseguito dalla società umana? Essa deve lottare contro la natura e il tempo che la condizionano; ha perciò diviso in parti l’insieme dell’evoluzione umana, e a ciascuna condizione sociale ha assegnato il suo specifico campo di collaborazione. D’altronde, ciascun individuo si forma in grado rilevante solo per la condizione che ha scelto, il che fa sorgere in tutti una certa incompiutezza e unilateralità. La Massoneria non può arrogarsi le finalità di una classe sociale, e neppure quelle dello Stato: suo fine può essere soltanto quello di risollevare a cultura umana universale l’unilateralità della formazione delle classi sociali, contro la logica delle specializzazioni.
Non si tratta, secondo Fichte, di un’educazione alla libertà etica, ma piuttosto alla sensibilità morale, che si realizza attraverso il continuo scambio delle qualità individuali. E la Massoneria contribuisce potentemente ad avvicinarlo alla maturità, ossia alla pienezza di una cultura universalmente umana, al modello dell’uomo perfetto ideale del massone; la cultura massonica, dal canto suo, diventa parte costitutiva dell’uomo nuovo, capace di operare per il mutuo influsso dei diversi ambiti della società e per promuoverne il progresso. Il filosofo sassone procede quindi all’analisi dei caratteri che acquistano il problema religioso, quello politico e quello del lavoro: tutti valori che devono essere approfonditi ed elevati da una corretta, infaticabile istruzione massonica.

4. Cenni sulla Massoneria d’Austria

Una prima Loggia, denominata “Ai tre cannoni”venne fondata a Vienna nel 1742. Il numero delle logge poi gradualmente aumentò durante la co-reggenza (1765-80) e il regno di Giuseppe II (1780-90).
Nel 1784 nacque la Gran Loggia d’Austria, comprendente 61 officine, di cui sei a Vienna, presso una delle quali, “La beneficenza”, il 14 dicembre 1784 fu iniziato anche Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), autore fra l’altro di alcune fra le più suggestive e intense composizioni musicali d’ispirazione massonica. Tutti i suoi lavori di respiro latomistico manifestano valori simbolici insieme chiari e profondi, nonché puntuali conoscenze e competenze latamente culturali. Basti qui pensare al Flauto magico, lo straordinario Singspiel di cui Goethe scrisse: “Il suo grande successo mi ha spinto a interrompere la stesura del Faust per scriverne un proseguimento, tutto dedicato all’amicizia e all’amore. Adesso il manoscritto è pronto, ma il caro Mozart è morto”. Oggi più che mai, peraltro, appare evidente, in ogni passaggio dell’opera, un’ispirazione liberomuratoria tutt’altro che improvvisata.
Dieci giorni dopo l’iniziazione, Mozart visitò la loggia austriaca più famosa, “Alla vera armonia”, della quale era allora Maestro Venerabile un illustre mineralogista, Ignaz von Born, già animatore della Stretta Osservanza in area asburgica. Probabilmente fu lo stesso Mozart a persuadere l’amico e, in qualche misura, maestro Haydn a divenire massone: in effetti, quest’ultimo fu iniziato proprio in quella loggia, che godeva, oramai, di fama internazionale.
D’altra parte, tutta la feconda, decisiva stagione musicale – ed essenzialmente, dunque, operistica, sinfonica e “da camera” – dell’ultimo Settecento e del primo Ottocento appare contrassegnata dall’attività di artisti insigni che si riconoscevano toto corde nei valori fondanti della Libera Muratorìa: oltre a Mozart e Haydn, giova rammentare almeno i nomi di Gluck, Salieri, Viotti, Cherubini, Beethoven e Spontini. Come ha osservato Trampus, “Le attività concertistiche a Berlino e a Vienna negli anni Ottanta, la nascita di una nuova drammaturgia musicale, opere come Il flauto magico di Mozart rappresentano il momento più alto di una stagione che avrebbe consacrato definitivamente l’importanza della musica e del teatro nella trasmissione del messaggio e dei valori massonici”6.
Ma in Austria, nel 1785, Giuseppe II aveva posto tutte le logge sotto il diretto controllo del governo, determinando così l’allontanamento “di coloro che avevano lavorato per realizzare il progetto illuminista e favorendo invece elementi conservatori e reazionari”7.
Durante la Rivoluzione francese e tutta l’età napoleonica, le attività massoniche furono proibite nell’impero asburgico, con la parziale eccezione dell’Ungheria, mentre in Germania la Dieta di Ratisbona (1794) respinse i divieti dell’imperatore Francesco II. Anzi, in Prussia, le tre Grandi Logge assunsero via via un carattere sempre più patriottico e ufficiale, pure in virtù dell’appartenenza liberomuratoria dei membri della casa regnante, nonché di illustri personaggi quali Blücher, il vincitore, assieme al massone inglese Wellington, di Waterloo.
Nel corso del XIX secolo, si accentuarono le differenze fra le tre Grandi Logge prussiane, di orientamento lealista e cristiano, e le Grandi Logge dell’Europa occidentale, più aperte a suggestioni democratiche e cosmopolite di derivazione francese e svizzera.
Dopo la conclusione della prima guerra mondiale e la proclamazione della Repubblica, la Massoneria austriaca conobbe una breve stagione di tranquillità e progresso, ben presto però interrotta dall’Anschluss del 1938, a cui fecero seguito, di fatto, le medesime persecuzioni poste in essere contro i massoni tedeschi. Le cose procedettero – come intuibile – fra penose difficoltà, sino a quando, dopo il 1945, venne ricostituita la Gran Loggia d’Austria, che mantenne – e tuttora mantiene – stretti rapporti con le altre obbedienze regolari.

Bibliografia essenziale

A. Basso, L’invenzione della gioia. Musica e massoneria nell’età dei lumi, Milano, Garzanti, 1994.
L. Bramani, Mozart massone e rivoluzionario, Milano, Bruno Mondadori, 2005.
Z. Ciuffolotti e S. Moravia (a cura di), La Massoneria. La storia, gli uomini, le idee, Miilano, A. Mondadori, 2004.
C. Francovich, Storia della Massoneria in Italia. Dalle origini alla Rivoluzione francese (1974), Firenze, La Nuova Italia, 1989.
R. Gervaso, I fratelli maledetti. Storia della Massoneria (1996), Milano, Bompiani, 2002.
G. Giarrizzo, Massoneria e illuminismo nell’Europa del Settecento, Venezia, Marsilio, 1994.
G. Greco e D. Monda (a cura di), Sarastro e il serpente verde. Sogni e bisogni di una Massoneria ritrovata, Bologna, Pendragon, 2003.
R. Le Forestier, La massoneria templare e occultista (1915), Roma, Atanor, 1991-97, 2 voll.
K. W. MacNulty, Massoneria. Simboli, segreti, significato, Milano, A. Mondadori, 2010 (Propone, fra l’altro, un’eccellente sitografia sull’universo massonico moderno e contemporaneo).
A. Trampus, La massoneria nell’età moderna, Roma-Bari, Laterza, 2001.

Note

  1. Cfr. R. Le Forestier, Les Illuminés de Bavière et la Franc-maçonnerie allemande.
  2. Cfr. G. Giarrizzo, Massoneria e illuminismo, Venezia, Marsilio, 1994, p. 241.
  3. Cfr. A. Trampus, La massoneria nell’età moderna, Roma-Bari, Laterza, p. 47.
  4. Ivi, p. 66.
  5. G. Giarrizzo, Massoneria e illuminismo, cit., p. 420.
  6. A. Trampus, La massoneria nell’età moderna, cit., p. 61.
  7. Ivi, p. 105.

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