Bibliomanie

Cecilia Sala, “L’incendio. Reportage su una generazione tra Iran, Ucraina e Afghanistan”, Milano, Mondadori 2023
di , numero 56, dicembre 2023, Letture e Recensioni, DOI

Cecilia Sala, “L’incendio. Reportage su una generazione tra Iran, Ucraina e Afghanistan”, Milano, Mondadori 2023
Come citare questo articolo:
Valentina Ricci, Cecilia Sala, “L’incendio. Reportage su una generazione tra Iran, Ucraina e Afghanistan”, Milano, Mondadori 2023, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 56, no. 19, dicembre 2023, doi:10.48276/issn.2280-8833.11024

L’incendio è il secondo libro di Cecilia Sala, giovane giornalista di esteri attualmente impiegata per “Il Foglio”. Oltre a scrivere per il cartaceo, Sala è autrice e voce di un podcast di successo, Stories, la cui conoscenza può guidare la comprensione del libro: quest’ultimo, infatti, contiene le stesse storie ascoltabili nel podcast, ma le raccoglie in modo più ordinato, con lo scopo di restituire una visione meno frammentaria rispetto al suo corrispettivo in versione audio. Il titolo del libro rimanda a tre incendi, appunto, che hanno infuocato l’ordine sociale e politico di tre diversi Paesi del mondo negli ultimi tre anni; in ordine di esposizione: le rivolte in Iran dopo l’uccisione di Mahsa Amini (settembre 2022), la resistenza ucraina dopo l’invasione totale della Russia (febbraio 2022) e la vita delle ragazze e dei ragazzi afghani in seguito al ritiro delle truppe Nato e il ritorno al potere dei talebani (agosto 2021).


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La narrazione di ognuno di questi tre incendi si trova in una sezione del libro ben segnalata e divisa dalle altre e le prime due parti sono a loro volta divise in due sezioni: nella prima viene descritta la vita dei protagonisti e nella seconda il loro rapporto con gli oppressori. Tutte e tre le parti sono collegate da alcune caratteristiche strutturali. Innanzitutto, come dice Sala stessa nell’introduzione, i protagonisti di questi incendi sono i giovani che in Iran vengono definiti «generazione perduta, con i quali la Repubblica islamica non sa più comunicare» 1 e che si sono ribellati alle forti restrizioni delle leggi morali; sono i ventenni afghani che sono nati o cresciuti senza dover sottostare al regime dei talebani e che, dal 2021, li hanno visti riprendere il potere dopo essere cresciuti con regole totalmente incompatibili con quelle di regime; sono, infine, i ragazzi e le ragazze ucraini che, dopo il successo di Euromaidan del 2014, stanno combattendo per difendere un avvicinamento all’Unione Europea ottenuto con determinazione. Non è un caso che ciascuna delle tre parti in cui si divide il libro abbia inizio dall’incontro dell’autrice con una ragazza e con il racconto della sua storia.
Un altro aspetto costante per tutto il libro è l’assenza di attenzione per l’esposizione dei fatti in ordine cronologico. Le coordinate temporali sono molto generiche, si sa che l’eccezionalità della vita attuale dei protagonisti delle storie ha inizio con un evento ben preciso (la morte di Mahsa Amini, l’invasione dell’Ucraina e l’abbandono dell’Afghanistan da parte delle truppe Nato), ma spesso non si capisce quando, tra il 2021 e il 2023, l’autrice abbia incontrato le persone con cui parla, né quando le cose raccontate si siano svolte. Le poche informazioni di contesto, che si trovano sparse qua e là nel testo, sono funzionali all’esposizione della singola storia che seguirà, e spesso sembrano input per un’ulteriore approfondimento lasciato alla volontà del lettore. Persino le tre parti di divisione e organizzazione del materiale non sono disposte in ordine cronologico, ma la meno recente – quella riguardante l’Afghanistan – si trova per ultima. Lo scopo dell’autrice non è di comporre un libro di storia e di rendere una spiegazione didascalica, anche se inevitabilmente i fatti della grande storia compaiono nel testo per spiegare le cause prime dello stravolgimento della quotidianità dei protagonisti delle singole vicende. Per esempio, è necessario parlare dell’accordo di Doha, stilato tra l’amministrazione Trump e i talebani nel febbraio 2020, per capire come siano cambiate centinaia di vite comuni, da quella di Zarifa Ghafari, sindaca di Maidan Shar, una piccola cittadina vicino a Kabul, a quella di tutte le bambine e le ragazze che non possono più andare a scuola e dei loro padri e fratelli che, adoperandosi con stratagemmi, si sforzano di far proseguire loro gli studi, a casa, in segreto.
Alla mancanza di un ordine cronologico ben preciso corrisponde una quasi totale mancanza di ordine espositivo che, a una lettura veloce, può sembrare incuria, ma che in realtà rivela il vero scopo dell’autrice: raccontare il mondo attraverso le storie che lo compongono. Tale scopo, che è analogo a quello alla base di Stories, viene attuato parlando di persone più o meno famose, prediligendo le testimonianze orali e i racconti appresi in prima persona, in modo tale da riportare la descrizione completa dei dettagli appartenenti a un quadro più ampio e complesso. Sala non parla mai del quadro in generale, non ha l’ambizione di riportare l’intera situazione attuale dell’Iran, dell’Ucraina e dell’Afghanistan insieme al loro contesto storico, ma restituisce piccoli dettagli, facendo sì che sia il lettore, aiutato dal suo bagaglio culturale, a ricomporre un quadro quanto più esatto possibile. Tale approccio non è finalizzato tanto a una comprensione storica e didascalica degli eventi, quanto a una comprensione a livello sociale – quasi intimo – di fatti che sono in tutto e per tutto storici. Inoltre, capire alcune dinamiche e apprendere lo svolgimento della quotidianità in Paesi molto distanti dal nostro aiuta a farsi un’idea della realtà svincolata dai luoghi comuni delle narrazioni di ampio respiro, a cui siamo abituati e sottoposti solitamente. Sala stessa dimostra di essere consapevole del limite dei suoi lettori quando afferma «l’idea che le leggi che vigono oggi nel paese siano la versione formale di prassi culturali largamente condivise è un abbaglio occidentale smentito dalle storie personali di molte famiglie afghane»2.
Il tentativo dell’autrice è quello di avvicinare il cittadino comune italiano al cittadino comune iraniano/ucraino/afghano, come se partisse per uno dei suoi viaggi, e renderlo cosciente della diversità, delle difficoltà e dell’eroicità di chi lotta per una vita migliore. Un espediente spesso usato per concretizzare tutto ciò è descrivere lo svolgimento di un’azione banale, come accendersi e fumarsi una sigaretta in Iran: mentre per noi è un gesto che si compie quasi sovrappensiero, un momento di puro svago, a Teheran prima di cercare l’accendino nella borsa, una donna deve guardarsi intorno per evitare la polizia morale e le telecamere presenti per strada3.
Anche se i tre quadri sono fisicamente separati uno dall’altro, grazie all’occhio interpretativo dell’autrice vengono legati tramite la costruzione di analogie e collegamenti tra le diverse situazioni. Per esempio, nella terza parte, quella sull’Afghanistan, è facile imbattersi in discorsi ricorrenti sull’Ucraina, soprattutto perché Sala sostiene l’ipotesi – assai diffusa – che l’abbandono dell’Afghanistan da parte delle truppe Nato sia stato per Putin un segnale di debolezza dell’Occidente e un motore propulsivo dell’invasione totale dell’Ucraina.
Infine – ultimo trait d’union tra le tre sezioni, già citato lungo l’analisi – tutti i racconti riportati sono pregni dell’opinione di Sala. L’autrice, che ha affermato altre volte di prediligere l’inserimento della lettura personale dei fatti anche nella cronaca giornalistica, è molto presente nel testo, sia a livello contenutistico, poiché parla in prima persona degli incontri fatti e delle storie ascoltate, sia a livello strutturale nella scelta dell’ordine di narrazione e nel far trapelare sempre il suo punto di vista che distingue nettamente i buoni (coloro che combattono per difendere le proprie libertà e il potere di autodeterminarsi, i popoli) dai cattivi (coloro che cercano di sottrarre tali libertà, i regimi). È bene specificare che, nonostante la forte presenza dell’autrice nel testo, il valore oggettivo dei fatti riportati non viene intaccato, il suo commento si inserisce sempre in seguito alla visione e all’esposizione fedele dei fatti.
Il carattere di reportage giornalistico è innegabile e costituisce la cifra prevalente nel tentativo di classificazione di questo testo. Tuttavia, la poliedricità della natura di questo libro si mostra proprio alla fine della lettura, quando compare una figura retorica, la struttura ad anello. Il reportage, infatti, si apre e si chiude con la citazione delle proteste iraniane e del motto che le rappresenta: «Jin, Jiyan, Azadi», «Donna, Vita, Libertà». In queste proteste e nel loro motto si può individuare la sintesi contenutistica dell’intero libro: giovani (donne e uomini, ma soprattutto donne) che combattono per salvare e costruire la propria vita in libertà.

Note

  1. Cecilia Sala, L’incendio. Reportage su una generazione tra Iran, Ucraina e Afghanistan, Milano, Mondadori, 2023, p. 5.
  2. Ibidem, pp. 151-152.
  3. Ibidem, p. 9.

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