Bibliomanie

Giocare con la letteratura: Le Chevalier Silence di Jacques Roubaud
di , numero 55, giugno 2023, Note e Riflessioni, DOI

Giocare con la letteratura: <em>Le Chevalier Silence</em> di Jacques Roubaud
Come citare questo articolo:
Monica Longobardi, Giocare con la letteratura: Le Chevalier Silence di Jacques Roubaud, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 55, no. 16, giugno 2023, doi:10.48276/issn.2280-8833.10441

«Qui les connaît encore aujourd’hui, sinon les enfants, dont se nourrissent les contes, et les médiévistes qui sont, nul ne l’ignore, de grands enfants?»
(J. Roubaud, Graal fiction)


Matematica e letteratura: «Une création oulipo-médiévale»
Straordinario e prolifico scrittore1, Jacques Roubaud è un matematico, poeta e romanziere che dal 1966 fa parte dell’OuLiPo2. Cultore della letteratura medievale3, dei romanzi graaliani pratica la riscrittura4, assicurandone in questa forma la trasmissione e la memoria5.
Le Chevalier Silence rimanda alle avventure narrate nel Roman de Silence di Heldris de Cornuälle (XIII sec.)6. Ma l’autore rivendica la paternità della versione originaria dell’opera; si presenta infatti come un conteur gallese di centonove anni7, la cui prima redazione, composta «en notre belle langue galloise», sarebbe stata plagiata e voltata in antico francese da un certo «Chr.» (CS, p. 9) 8. “Heldris”, d’altronde, non sarebbe che la storpiatura del suo vero nome, deformazione del medesimo impostore francese, come asserito in esordio: «Mon nom est Heldris de Cornouailles. Je ne suis pas de Cornouailles et mon vrai nom n’est pas Heldris»9, CS, p. 9. Insomma, il Chevalier Silence pare imporsi per correggere tante disavventure occorse all’opera e al suo autore, riaffermandone l’«histoire véridique» e la «version authentique». E il nostro Roubaud gioca a ritagliarsi il suo ruolo, scegliendosi i propri ancêtres: «Cette jeune fille est l’héroïne de ces aventures véridiques, Le Chevalier Silence, qu’Heldris de Cornouailles a écrites en gallois, que mon ancêtre le troubadour Rubaut10 traduisit autrefois en provençal et que j’ai, à mon tour, à l’approche du troisième millénaire, mises en langue française, en les adaptant légèrement» (quarta di copertina).
«Adattandole leggermente…». Réécriture entrelacée del Roman de Silence11, in quanto Roubaud vi intreccia un numero cospicuo di altre fonti letterarie, anche post-medievali, giocando con smaccati (e divertenti) anacronismi12. E l’amore per i numeri dell’oulipien – lo vedremo – entra pure nell’ideazione di questa sua opera di riscrittura à contrainte13, insieme a concetti e teoremi del mondo della matematica. È l’alchimia delle anime fondatrici dell’OuLiPo14.
Eppure, nonostante questa manipolazione radicale, secondo Suzy Chevallier, Roubaud medievista non farebbe altro che propiziare il risveglio dei testi medievali dormienti o sapientemente inumati in edizioni critiche, attraverso il riavvio di un processo di copia attivo, interpolatorio e intraprendente15. E questo processo, condito da un indomabile umorismo16, ne assicurerebbe la memoria. Metamorfosi testuale divertita e sperimentale che Chevallier definisce: «Une création oulipo-médiévale»17, pilotata, nell’opera in esame, da un principio estratto dal “romanzo della travestita”: l’ambivalenza insita nel Roman de Silence, dove gran parte dei personaggi manipola la sua identità18. Una riscrittura ludica e lucida che sviluppa oulipianamente le potenzialità del suo testo di partenza, finendo per salpare verso nuovi orizzonti19. In effetti, la parabola narrativa del Chevalier Silence subisce un’accelerazione vertiginosa e centrifuga, sguinzagliandosi dove il Roman de Silence non aveva neppure sognato di spingersi, ovvero nell’oceano degli Antipodi. E tutta questa additio di avventure in Oriente sarà una traversata in solitaria di Silence alla ricerca del perduto Walllwein. Senza lieto fine né ritorno20.

«L’amour du nombre»
L’amore per i numeri (per citare un libro dedicato a questo complesso argomento)21 è alla base della genesi e della pianificazione delle opere del nostro conteur / compteur, a partire dalla sestina22. Per fare solo pochi esempi, il numero totale dei capitoli del Chevalier Silence è 39 (36 + conclusione, epilogo della prima versione e postlogo), e la sestina si compone di 6 strofe di 6 versi, più un congedo di 3 versi.
La crucialità del capitolo 13, come di altri multipli di 6 (+1), e che riguardano tappe di un personaggio aggiunto (dunque +1) all’opera originaria quale Walllwein, la si esplicita nel Chevalier Silence quando, al capitolo 19 («Walllwein retrouve son père»), si riepiloga23: «le chapitre 6 fut d’une importance particulière, le chapitre 13 (juste après la complétion du 12) aussi. Donc celui-ci, qui vient juste après le chapitre 18, doit être le théâtre d’un événement […] structurellement important», CS, p. 74. D’altronde, ne La bella Ortensia del nostro romanziere, al capitolo 13 si osserva:

«I grandi alberghi newyorkesi, quelli che fanno buoni affari, non hanno il tredicesimo piano per non spaventare il 62,12% della clientela che è superstiziosa, di conseguenza sarebbe opportuno suggerire all’autore di evitare un tredicesimo capitolo […] e di passare direttamente dal capitolo 12 al capitolo 14. Ma noi siamo stati irremovibili […] risulta d’importanza capitale che l’evento cruciale in esso riportato, venga trattato proprio nel capitolo 13; conosciamo del resto perfettamente tutte le implicazioni anancheiste ed esistenziali attribuite a questa cifra»24.

Si veda, peraltro, il riscontro dei numeri 39 e 317 nell’opera in esame: «Walllwein mit pied à terre, […] escalada les trente-neuf marches du perron et se présenta devant la très grande porte. La porte s’ouvrit toute seule, silencieusement. Walllwein entra dans un grand hall, illuminé de trois cent dix-sept chandelles. Une table octogonale était dressée au centre exact de la salle rectangulaire», CS, p. 58.
Lo stesso Roubaud ritorna a più riprese sull’idea di contrainte numerica che governa la sua arte e quella dell’OuLiPo, 317 compreso:

«Il se compose de 15 sections de 317 remarques chacune. 317 est un nombre premier ainsi que son palindrome écrit 713. Pour des raisons numérologique liées au contenu, bien que non justifiées conceptuellement, 317 a été choisi pour trois raisons: 317 est le nombre de sonnets du Rerum Vulgarium Fragmenta de Pétrarque; c’est le nombre fétiche de Khlebnikov; enfin 317 est un des nombres de Perec»25.

La rottura con i codici stilistici del romanzo d’arme e d’amori dell’eroina Silence, a opera di concetti matematici, crea una contaminazione divertente. Nel capitolo in cui fratello e sorella si seducono (cap. 11), per esempio, si ha un locus amoenus propizio agli amori: «quand ils parvinrent dans une belle clairière en forme d’ovale de Cassini», CS, p. 46 (si veda la figura qua sotto). Saremo troppo maliziosi, se pensiamo che la sagoma dell’ovale di Cassini non possa che raffigurare questa vocazione galeotta del luogo nella scoperta dei «petits seins de Silence», CS, p. 47?


E come resistere al fascino degli occhi dell’amata? Sugli occhi, classico luogo poetico tra innamorati, nella Bella Ortensia già si praticava un distinguo spiazzante: «Ha dei begli occhi signorina, soprattutto quello destro», (p. 68) e, nel finale, «Ha dei begli occhi, signorina, soprattutto quello sinistro. Era vero» (p. 198). Così nel Chevalier Silence: «Les yeux de Silence étaient brillants; ses yeux verts, avec une tache bleue triangulaire dans le haut de l’œil gauche à droite (occupant, en le balayant dans le sens trigonométrique, le secteur pi/2-pi/6 à pi/2+pi/6)», CS, p. 47.
E del resto, suona non poco straniante la terminologia anatomica nell’accorata invocazione di una Silence in lacrime, al suo Walllwein che sventuratamente si è separato da lei: «Perché non l’aveva aspettata? Non erano, dalla volontà di Amore, ormai un solo cuore in quattro ventricoli, un solo cervello in otto, un solo corpo in due esemplari?», CS, p. 117.
Insomma, questi e tanti altri riscontri numerici e del linguaggio della scienza intessono la trama narrativa di questo matematico oulipien, regalando un divertente spaesamento che dona arguzia ai suoi romanzi.

Unicorni, cavallette giganti, sardinosauri. L’invasione degli animali
Fra le strategie di riscrittura, Le Chevalier Silence privilegia un prodigioso ripopolamento di una fauna copiosa, anacronistica e bizzarra nelle fibre del testo. Per giustificare questa presenza nel Chevalier Silence, dobbiamo chiamare in causa un’ulteriore sfaccettatura di questo eclettico e immenso scrittore: la letteratura per ragazzi, in cui l’animale, reale o fantastico, asseconda una vocazione pedagogica alla poesia26. Il nostro autore scrive infatti alcuni volumi di zoologia fantastica, eredità dei bestiari, ma ideati con spirito ludico, dove animali, infanzia e poesia parlano la stessa lingua27. È in questo universo che Le Chevalier Silence è stato attratto, e—com’è stato osservato— tale componente finisce per allargarne il pubblico a ogni tipo di lettore «du novice au médiéviste»28. E anche in questo campo, Roubaud gioca sulle nostre attese e gioca a eluderle. Per esempio, al castello della Guivre, possiamo parlare di animali fantastici («licornes, sauterelles géantes, sardinosaures», CS, p. 58)? Il conteur del Chevalier Silence, nel caso dell’unicorno, ci darebbe sulla voce: « (en fait, la licorne et le basilic ne sont nullement des inventions, mais les gens ne croient que ce qu’ils voient devant le bout de leur nez)», CS, p. 82)29. E che dire di un’invenzione di gusto oulipien e di Roubaud in specie: i sardinosauri «(incrocio sorprendente di un piccolo pesce e di un grande rettile»)? Tale creatura chimerica, figlia della colpa di un mot-valise, non sarebbe indegna di un bestiario medievale, ma è perfettamente congeniale all’immaginazione di Roubaud che ne genera legioni: «le tigrenouille, le baobabouin, la caïmandarine, l’escargotruche, le kiwistiti, le loup-phoque, le pursandre, le taurossignol, la truître ou encore le limastodonte»30.
Altri animali letterari? Al cap. 5 («Naissance de Silence»), cogliamo Gortensja, preoccupata per l’incerto avvenire della nascitura, piangere su guanciali imbottiti di piume di pihi: «(ces oiseaux fabuleux qui n’ont qu’une aile et qui volent par couples; ils nichent sur les Monts Noirs, changent de nid tous les ans; les enfants de Brycheiniog grimpent sur les rochers escarpés de la montagne pour recueillir des moissons de leurs plumes soyeuses», CS, p. 24. E con questi poetici uccelli a una sola ala che volano in coppia migrando dalla Cina, noti da Apollinaire, non ci stupirà sentir rammentare, verso il confine con i Pitti, il grande rapace Roc (CS, p. 106) 31, che nel testo di Apollinaire planava a pochi versi dai pihi32. Sarà presso un saumon de sagesse33 che i futuri genitori della nuova Silence andranno a consulto, preoccupati di sogni regali e sequestri reali di fanciulle, salvo poi — e qui s’insinua l’umorismo di Roubaud — non poterne interpretare il responso criptato nelle bolle affioranti in superficie34.
E poi, su certi animali regna comunque un mistero che talvolta solo l’immaginazione degli scrittori riesce a schiudere per gli uomini. È il caso dell’Ostruxxe d’or (fr. autruche), emblema della regalità di Brycheiniog, creatura mitica simile a una grande oca: «Certains disent que de tels oiseaux existent ailleurs, très loin sur la terre, d’autres que c’est un animal mythique. D’autres enfin que c’est une invention des poètes» (CS, p. 82). E questo vale per altre creature (aepyornis, koala, otarie, ornitorinchi…) che popolano il Chevalier Silence, e che un’obiezione impertinente ci farebbe eccepire che vengano da terre ancora inesplorate nel medievo…
E che dire degli animali parlanti?
Quindi, occorre percorrere questa complessa riscrittura del Roman de Silence con un occhio attento anche a questo fenomeno visto dalla parte degli animali, in un gioco di rimandi tra un medioevo parodiato e le fables di ogni tempo.
Ma per addentrarci nei meandri di questa vertiginosa riscrittura, proviamo a seguire il racconto per filo e per segno.

Infanzia ed educazione di Silence e Walllwein: tra Nature e Nourreture
Nel primo capitolo, dopo il prologo in cui l’autore prende le distanze dalle malefatte del suo impostore, si tratteggia il paesaggio, non la Cornovaglia, bensì un Galles quasi edenico35, tra una fauna copiosa e santi eremiti, dove vive anche un Myrddin sciamano, che, manifestandosi di tanto in tanto, predice l’avvenire… e più spesso il passato36.
La prima impresa leggendaria che si presenta al lettore è un drago da debellare (cap. 2)37. Il futuro padre di Silence, Morgannww (novello Cador) avrà la meglio su di lui, ma sarà infettato dal veleno del dente del drago38; sarà guarito da Gortensja, la bella figlia del re di Poldevia Gormansjoï, grazie al portentoso unguento ai cinque funghi ammuffiti, contagiandosi però del mal d’amore. Questo tributo al Roman de Silence39, di tradizione tristaniana, lo è insieme – i nomi dei nuovi protagonisti e della Poldevia lo dichiarano—40 alla Trilogie d’Hortense, dello stesso Roubaud41. Il nostro Myrddin, dal canto suo, lo vediamo alle prese con un sogno premonitore del re Glendwr, sogno dove il re si vede ucciso per mano di una sedicenne sconosciuta (capitolo 3: «Un rêve de Glendwr:» «E questo sogno non gli piacque, ma proprio per niente»). La circostanza onirica della caccia a un grande cervo bianco42 e l’apparizione della bella creatura nuda presso una fontana rimandano a incontri melusiniani43, ma con una spassosa contaminazione con le avances da pastorella medievale: «“Damigella, sono il re Glendwr; vorreste sdraiarvi un momento su questa bella erba, in modo da essere comoda sotto di me e io sopra di voi?”», CS, p. 18. Ma la ragazza (Silence), invece di soccombere alle brame del sovrano, insultandolo, lo sfida e lo ferisce a morte, lasciandolo, lui solo sull’erba, a vomitare l’anima44. Myrddin, consultato circa il sogno, conferma solennemente la predestinazione:

«– C’est bien simple, dit le devin, il te dit qu’une fille de parents nobles va naître dans ton royaume avant un an; cette fille à l’âge de seize ans ne sera plus pucelle et te tuera auprès d’une fontaine quand tu tenteras de la violer, pour l’avoir vue nue de face, de pile et de côté, et en avoir été saisi d’un désir virulent de prendre en elle ton plaisir. – Et que puis-je faire ? – À mon avis, rien du tout. Ce qui a dû arriver arrivera, je veux dire est arrivé. Ce qui doit arriver est arrivé, je veux dire arrivera. Au revoir.” Et il s’en alla», CS, p.19.

Il re prende comunque le sue misure: manterrà a corte, sotto la sua protezione-sorveglianza, tutte le ragazze nate in quell’anno sino al compimento dei diciassette anni, scongiurando un duplice pericolo: «Elles ne risqueraient pas dans ces conditions a) de perdre le nom de pucelle à un âge trop tendre b) d’aller se baigner nues dans une fontaine avec une épée pour induire en tentation mortelle un pauvre roi.», CS, p. 20. Ma Silence, occultata dai genitori, sfuggirà alla retata di fanciulle in fiore (potenziali regicide) ordita da Glendwr, e finirà, come previsto in sogno, da brava spadaccina, per passare a fil di spada il sovrano (cap. 20) (e addio sposalizio regale). Del resto, verso qualsiasi finale consolatorio si dimostra irremovibile l’autore del Chevalier Silence, versione veridica e non edulcorata dal suo «faussaire médiocre»45.
Nel capitolo 4 si tratta del rapporto tra Natura e Cultura nella formazione dell’individuo. Noteremo in proposito che la collana in cui il romanzo di Roubaud è uscito si chiama «Haute Enfance», ovvero «Récits et mémoires d’écrivains sur l’enfance», dove il caso di Silence, bambina educata come un maschio, può rappresentare un paradigma pedagogico. E tale aspetto rivoluzionario si avvia da un preciso esperimento di Nature, che prevede, sin dal concepimento della creatura, di votare un bébé (maschio o femmina che sia) all’avventura, risolvendosi poi per dar forma a una femmina «perché aveva sempre considerato le femmine un materiale più interessante, vario e raffinato dei maschi»:

«Nature, notre bonne déesse, au moment de prendre en main la fabrication du bébé, n’a pas hésité une seconde à le (la) vouer aux Aventures. Pétrir une telle matière humaine comme un grand et pur porridge, lui donner les qualités physiques, intellectuelles et morales indispensables afin de faciliter les efforts subséquents de sa collègue et rivale Nourreture (que vous appelez, vous, Culture) pour faire de leur ouvrage commun le sujet d’un conte aussi exceptionnel que le mien fut pour elle une joie, et elle apporta à cette tâche tous ses soins. […] Elle fabriqua46 donc, contrairement à ses instructions, une fille; et elle fut assez contente de sa décision, ayant toujours considéré les filles comme un matériau plus intéressant, varié et subtil que les garçons», CS, pp. 22-23.

Nella versione del Chevalier Silence troviamo un alter ego della protagonista: Walllwein, dono del fiume Ombra, nel giorno stesso della nascita di Silence (cap. 6). Il modo in cui approda nella vicenda merita attenzione: «S’avançant jusque sur le bord de l’eau le duc aperçut une nacelle couverte d’une grande tenture de velours rouge, de cette espèce spécialement riche qu’on appelle cysemus; laquelle écartant il découvrit à l’intérieur de l’embarcation un somptueux berceau. Dans le berceau se trouvait un bébé endormi. Il dormait», CS, p. 27.
Ai piedi del neonato si trova una borsa piena di monete d’oro e una lettera chiusa da un sigillo di cera rossa: «Je suis le fils d’un noble, très noble chevalier du roi Arthur», così inizia la lettera che parla dei suoi genitori e del frutto del loro amore clandestino. In questo provvidenziale arrivo del fratello di Silence, si distingue in silhouette una vecchia conoscenza tratta dalle opere di Roubaud romanziere. Infatti, un altro borsellino «pieno di monete d’oro dalmate e poldeve», una lettera con un sigillo di cera arancione e il raro, purpureo cysemus accompagnavano il ritrovamento … di un gattino poldevo, svelando il cordone ombelicale che lega il neonato nella nacelle a un frutto della colpa della trilogia di Hortense:

«Quando il suo sguardo scorse davanti alla porta un grazioso cestino di vimini, una sorta di culla, avvolta in un ricco cysemus color porpora (cysemus: sorta di velluto poldevo. Nota dell’autore) […] la lettera diceva così: – Io, Alexandre Vladimirovitch, che sto in questa culla, sono frutto di un amore colpevole, appassionato e principesco. Mia madre, che fa parte del seguito dei Principi Poldevi in visita a questa città, non ha saputo dire di no a un irresistibile nobile autoctono […]. Nella culla si trovava in effetti un gattino piccolo piccolo».47

L’arrivo di Walllwein articola la natura duplice di Silence in due individui di sesso opposto («un solo corpo in due esemplari», appunto), ma culturalmente intercambiabili48. Silence e Walllwein, infatti, saranno educati dal loro precettore (Heldris, amico d’infanzia di Morgannww), uno dei pochi a conoscere il segreto della loro nascita, senza distinzione «comme frère et sœur, comme sœur et frère, comme frère et frère, comme sœur et sœur». L’educazione “naturale” (Cap. 7, «Une éducation naturelle») dei due ragazzi presenta subito aspetti alquanto disinibiti:

«En fait, ils employaient indifféremment ces deux termes; et pourquoi? c’est qu’ils ne se voyaient entre eux deux aucune différence, sinon que Silence était Silence, et Walllwein Walllwein. Les variations anatomiques qui les distinguaient quand ils étaient nus au bain ou aux jeux […] étaient pour eux simplement la marque de leurs individualités séparées et dissemblables, source inépuisable d’amusement et de jeux enfantins», CS, p. 30.

Da questa promiscuità, si innesca l’antagonismo che conoscevamo tra Nature e Noreture, le due “dee dell’Olimpo” in conflitto nel Roman de Silence, ma a ruoli invertiti. Nel Chevalier Silence, infatti, è Nourreture garante della norma sociale, scandalizzandosi (e facendo le sue rimostranze al supremo Lassù-Lassù) per la mancata distinzione sessuale e comportamentale tra i due:

«Il y eut bien de la friction entre Nature et Nourreture sur ce point, Nourreture estimant quelque peu scandaleux que ces deux enfants ne soient pas informés de la différence des sexes, et des oppositions de pensée, de comportements, d’habitudes et de mœurs qui en découlent dans nos régions civilisées. Mais Nature se montra ferme; elle prit la responsabilité entière de l’expérience, qui n’empiétait sur le territoire de Nourreture que sur ce seul point. Nourreture fit état auprès de Là-Haut-Là- Haut de ses réserves; mais ce fut tout», CS, pp. 30-31.

Secondo l’esperimento, il protocollo degli studi dei discepoli prevede, indistintamente, un rigorosissimo piano giornaliero, ispirato a Séraphin Calobarsy49, che tocca anche le teorie sulla conformazione della terra («È chiaro che la Terra è piatta. Il senso comune e l’autorità degli Antichi concordano su questo punto», cap. 8). Riflessioni che concerneranno il loro avventuroso viaggio agli Antipodi.

L’arme e gli amori di Silence e Walllwein
A tredici anni (cap. 9), inizia il loro anno di prova cavalleresca, compiuto il quale, potranno ambire al titolo di “cavalieri gallesi” (o forse più, chissà? «Per avere un titolo universale di cavaliere, bisogna essere, lo si sa, ammesso alla Tavola Rotonda, ed essere armato da re Artù», CS, p. 41). Del resto: «(sappiate che Kamaalot è il castello del re Artù dove fu costituita la Tavola Rotonda; i migliori cavalieri del mondo ci si ritrovano; è il centro mondiale delle Avventure»)50. Partono così, “vestiti da avventura” e affrontano prove comuni (ricordano un po’ Erec ed Enide, con Enide cui s’impone il silenzio, va da sé)51. Superate con onore queste prove cavalleresche, nei capp. 11 e 12 («Succede quello che doveva succedere») si vedono i due fratelli scoprire il sesso, e le due dame, Nature e Nourreture, riprendere la loro baruffa proprio per le conseguenze dell’esperimento “naturale”, dove «Silence perdit le nom de pucelle; ce qui ne lui fit ni chaud ni froid, puisqu’elle ne savait pas qu’elle y avait eu droit.», CS, p. 48. E quale il preludio?

«Le chemin était long, montant, sablonneux et malaisé. Il faisait chaud. Leurs épées leur pesaient salement. Ils avaient soif. “Ah, que je voudrais un grand bol de lait de Powys, disait Silence. — Et moi donc, répondait Walllwein. Á la rigueur du lait de ces régions”. Et voilà qu’au détour du chemin ils aperçurent une jeune fermière qui venait vers eux, ayant sur sa tête un pot à lait, bien posé, bien posé sur un coussinet, comme c’est la coutume dans les régions borroméennes. Légère et court vêtue elle allait à grands pas, ayant mis ce jour-là pour être plus à l’aise, une robe simple et des souliers plats. “Bien le bonjour, belle fermière, dit Walllwein, d’une voix rendue rauque par la soif, et où allez-vous de ce pas? – Bien le bonjour à vous-mêmes, jeunes seigneurs. Je vais vendre mon lait à la ville voisine. – Et nous en vendriez-vous quelque bolée? – Avec plaisir”, dit-elle. Mais comme ils n’avaient point de bol pour prendre une bolée, ils achetèrent le contenu entier du pot; et comme ils devaient rendre le pot à la demoiselle ils burent tout le lait jusqu’à la dernière goutte. Nichant la pièce d’or dans sa jarretière la laitière les remercia avec effusion. “Et qu’allez-vous faire de votre or? dit Walllwein. – Je vais acheter une vache, un cochon et une couvée de poussins; adieu, enfants, et merci. Que Dieu vous bénisse, et la Vierge Marie. – Que le grand Dagda vous apporte la prospérité, dit Walllwein, Adieu”», CS, pp. 45-46.

A proposito di anacronismi, avrete notato, questa volta, la convergenza dei sentieri narrativi della vicenda medievale con la fable della laitière di La Fontaine ( La laitière et le pot au lait, Livre VII, fable 9)52. Questo episodio della contadinella (con la sua giarrettiera…) prelude dunque alla scoperta del sesso tra i due fratelli (torneremo su questo punto), fatto immorale che (lo sapremo poi), sin dai suoi preliminari, aveva fatto infuriare Nourreture, imputandone subito a Nature le conseguenze:

«Nourreture n’y put plus tenir et interpella sa sœur Nature avec indignation: “Et voilà! tu es contente? tu sais ce qui va se passer maintenant? – Oui, répondit Nature. – Et tu trouves ça normal? – Oui, dit Nature. – Mais pense un peu, espèce de buse! indépendamment du caractère immoral des activités auxquelles, tu le sais comme moi, ils vont se livrer dans cette clairière, tu sais ce qui arrive dans ces conditions? tu sais ce qui va arriver sans aucun doute à Silence, si elle est une digne fille de sa mère Gortensja, et lui un digne fils de ‘tu sais qui’?», CS, 49-50.

Ma Nature già sapeva come scongiurare il peggio:

«Et ajustant dextrement les aiguilles sur le cadran de sa montre, Nature les envoya toutes deux quelques heures dans le passé et sur le chemin montant où avançaient, assoiffés, les deux enfants. S’approchant, invisible, de la laitière, elle souleva le couvercle du pot à lait et versa dans le liquide une poudre incolore, inodore et sans saveur, qui était tout simplement une concoction de simples à vertus décisivement contraceptives. “Et voilà le travail” dit-elle, en revenant au temps présent», CS, pp. 50-51.

Un’aggiustatina alle lancette del suo orologio e una polverina contraccettiva miscelata al buon latte di campagna: «Et les deux dames supraterrestres s’envolèrent dans la nuit vaquer à d’autres occupations» (CS, p. 52).
Il cap. 13—come dicevamo a proposito dei numeri– è cruciale: Walllwein, ormai quindicenne, conosciuta la vera identità del padre, Galvano, parte per rivendicare la sua eredità (« Walllwein prend son armure, son arc et ses flèches, un beau vêtement de laine que lui donne Gortensja pour les heures froides», CS, p. 55, passo che ricorda Perceval, “bardato” per l’avventura dalla madre)53; padre che ritroverà alla corte di re Artù (cap. 19). E parte in sella ad Houyymn, che è il primo a presentarsi tra gli animali parlanti che, nel Chevalier Silence, consigliano gli eroi della vicenda54, dialogando da pari con gli umani, anzi con i gallesi, prerogativa di questa lingua del reame di Brycheiniog. Infatti, i gallesi padroneggiano, tra gli altri, «le dialecte chevalin des îles Orkneys» (CS, p. 56), idioma proprio del saggio cavallo, originario dell’isola di Hoy55. Si tratta di un omaggio palese alla comunità dei cavalli intelligenti dei Viaggi di Gulliver56, ma pure a un’altra coppia di destrieri, i cavalli parlanti Démosthène (facondo pour cause) e Stéphane (taciturno, in onore di Mallarmé) che accompagnano il viaggio nella Storia del Duca d’Auge, nel romanzo I fiori blu di Raymond Queneau, maestro di Roubaud57.
Tra le prime prove che Walllwein dovrà affrontare c’è l’incontro con la Guivre. Il cavallo Houyymn aveva preavvisato Walllwein: «cet endroit ne me dit rien qui vaille. Je le sens dans mes sabots. Il y a des miasmes de mauvais enchantement dans l’air. Je propose qu’on campe dans la forêt et qu’on laisse ce parc de côté», CS, pp. 56-57. Presentimenti equini ignorati da Walllwein, su cui il cavallo (che ha la funzione di Grillo parlante — mi si conceda di ʺgiocare agli animaliʺ) conclude: « — Bon, bon, dit le cheval, mais tu ne me diras pas après que je ne t’avais pas prévenu».
L’incontro è preannunciato da un contesto di animali ibridi e bizzarri, conformi alla meraviglia della donna-serpente: «Après quelques centaines de pas l’allée laissa apparaître un imposant château dans le style du Deheubarth, orné d’un grand perron aux boiseries, sculptées d’animaux étranges: licornes, sauterelles géantes, sardinosaures (jonction surprenante de petit poisson et de grand reptile), koalas», CS, pp. 57-58. Quella che Walllwein dovrà affrontare, la prova del Fier baiser o l’avventura della Guivre (capitoli 14-16 e 18), rimanda a un’altra opera medievale, che confluisce così nel calderone del Chevalier Silence: Le Bel Inconnu di Renaut de Beaujeu58. La mostruosa creatura assume la funzione di iniziare Walllwein, e poi Silence, ai piaceri della carne (è la fata Morgana déguisée)59, ma tutto l’episodio è riscritto e dilatato in maniera caricaturale, a partire dal ritratto di una “laida pulzella” strabica e baffuta60:

«Impressionnante était la Guivre, il faut bien l’avouer. Sa laideur était hallucinante. De taille humaine, de membres plus ou moins humains, avec quelque appendice baveux çà et là et de peu ragoûtantes radicelles lui grimpant sur les “bras”, si j’ose nommer ainsi d’espèces de rhizomes couleur de navet, elle avait des yeux qui louchaient (et le gauche louchait tellement qu’il en regardait droit), une tignasse de cresson mal lavé, des jambes en arceau de croquet et autres singularités anatomiques qu’il serait fastidieux d’énumérer et qui risqueraient d’avoir sur vous un effet émétique. Et sa bouche! une bouche mince, serrée, peinte en rouge framboise sous la moustache, et parfaitement dessinée sauf un rictus à peine visible, répugnant, aux commissures, exprimant à la fois le dédain, la malévolence et une propension pathétique à la luxure», CS, p. 60.

La nuova Guivre ha modi rivoltanti di stare a tavola, ingordigia e lussuria smodate quali preliminari di un Fiero bacio davvero stomachevole, «un bon poutou qui pue»:

«“Prenez place, bel ami, et partakons (“partageons”, en dialecte de Guivre) de cet humble repas.” […] Dire que la Guivre mangeait salement serait peu dire. Elle mettait ses griffes partout, s’essuyait la gueule avec sa manche, aspirait les huîtres avec un bruit glougloutant, et ainsi de suite jusqu’au dessert, pétant et rotant en contrepoint de sa déglutition […]. Avec une concupiscence avinée (elle avait descendu de nombreuses bouteilles de vin du Kent). “E maintenant, beau chevalier, c’est l’heure d’un bon poutou qui pue”», CS, p. 61.

La natura bestiale della Guivre si può osservare sprigionarsi pure dal suo ancheggiare goffamente verso il concupito Walllwein a guisa di ornitorinco («qui s’était levée et s’approchait de lui en se déhanchant comme un ornithorynque», CS, p. 61). E si confermerà a Silence, sopraggiunta presso il castello della Guivre per liberare il fratello Walllwein dalle sue grinfie, cui toccherà a sua volta assistere a uno striptease da burlesque («se dévêtant avec lenteur et sensualité») che culmina nel maliardo sfilarsi di «un long gant de peau d’otarie à fourrure», cap. 18, p. 72).
La meraviglia del Fiero Bacio si ripete61, restituendo a una germanica Guivre-Ilsetraut (da cui la strana pronuncia «partakons» che potremmo rendere con un “condifidiamo”), «figlia del burgravio di Hoch-HochHoch e nipote del margravio di NiederHoch-Schüle»62, una sua facies femminile sicuramente provocante per il giovane cavaliere63, ma dall’avvenenza ancora piuttosto animalesca64.
Nella continua alternanza tra arme e amori, all’episodio della Guivre, seguirà, per “destini incrociati” e “sentieri che si biforcano”65, la confluenza alla corte di re Artù (cap. 24) di Walllwein (che doveva ritrovarvi il padre), Silence (dopo, come da sogno, aver ucciso il re Glendwr, ricordate?), Houyymn e Houyymnie (sua compagna amatissima) e Renart presso la Tavola Rotonda. Renart? Sì, tra gli animali parlanti (e aiutanti) del Chevalier Silence, un posto d’onore è riservato a Renart ap Renart (capp. 22 e 23) 66. Silence, infatti, avendo liberato Renart ap Renart, reduce dal furto della Gallina dalle uova d’oro, da una trappola che gli aveva quasi tranciato una zampa67, se ne era guadagnata eterna riconoscenza (cap. 22). Insomma, nel crogiolo del Chevalier Silence finisce ancora una fable di La Fontaine. Renart ap Renart le si accompagna sorprendentemente da leale aiutante («Roubaud donne au renard ses lettres de noblesse»)68, portavoce di Silence, che tace in pubblico per non rivelare dal timbro la sua natura femminile. Nobile animale, la cui lunga (risibilmente lunga) linea genealogica esprime il suo alto lignaggio celtico: «Mon nom à moi est Renart ap Renart ap Renart ap Renart ap Renart ap Renart des Mont Noirs, lui-même fils de Renart ap Renart ap Renart ap Renart des Mont Noirs, qui était fil de Renart ap Renart ap Renart des Monts Noirs, fils de Renart ap Renart des Mont Noirs, fils de Renart, fondateur de la lignée des Renarts»69, CS, pp. 92–93.
Come in un vero concorso cavalleresco: «Tutte le loro avventure furono annoverate da Girflet nel Grande Libro delle Avventure e fu deciso dal re che Silence e Renart ap Renart sarebbero entrati subito alla Tavola Rotonda insieme con Walllwein, Houyymn e Houyymnie, senza aver bisogno di adempiere alle prove abituali» (cap. 24, p. 93).
Tornando agli amori, dopo il capitolo sulla scoperta del sesso tra Silence e Walllwein, e lo stage erotico dei due presso la Guivre-Morgana, nel cap. 25, sulla scorta dei trovatori e delle classiche letture cortesi galeotte, si assiste allo sbocciare tra loro di Amore70:

«“Lorsque les jours sont longs en mai/ j’aime le chant d’oiseaux de loin”. Dans les allées du parc royal à Kamaalot le poème mélancolique du troubadour Jaufre Rudel, chanté par un jongleur de passage à la cour, résonnait sous les fenêtres de la chambre que partagaient Silence et Walllwein, comme frère-et-sœur et sœur-et-frère (de lait). Dans un beau manuscrit, de larmes de couleur tout enluminé, ils lisaient comment Galehaut, fils de la Belle Géante, qui aima Lancelot et en mourut du mal de la mort, fit le sacrifice de son amour en faveur des droits plus anciens de la reine Guenièvre. C’était là, sous ces fenêtres mêmes, dans la prairie au bord de la rivière que, sur la demande de Galehaut, la reine avait donné à Lancelot le premier baiser de leur amour. Une image montrait ce moment, sur lequel Silence referma le livre. Ce soir-là, ils ne lurent pas plus avant», CS, 94.

Ma la loro felicità sarà di breve durata…

Inseguendo Escoufle 1 ed Escoufle 2: la separazione degli amanti
Sui due novelli amanti (saltando da Renart a Jean Renart71) incombe purtroppo la minaccia di nibbi malfattori «due spilungoni, due grossi uccelli furfanti, mezzo-corvi mezzo-avvoltoi, enormi, dal piumaggio color merda», CS, p. 98, ministri della rottura dell’idillio (capp. 26 e 27), che separano i due fratelli-amanti, rubando loro il pegno d’amore proprio come nell’Escoufle72.
Da questo momento in poi, le avventure ravvicinate dei due fratelli si divaricheranno senza rimedio all’inseguimento degli spregevoli missi della fata Morgana, sino ad Avalon, in un raggio di azione che il Roman de Silence non arrivava a contemplare. L’impetuoso Walllwein, infatti, giunto al Mongibello, in Sicilia, non darà ascolto al consiglio presago di Houyymnie, novella Cassandra equina, di attendere i compagni di avventura Silence, Renart e Houyymn73. E perché ritardavano? Per colpa di una di quelle prove classiche cui Fortuna sottopone gli eroi, mettendo sul loro cammino un ostacolo, in questo caso, un riccio (altrove protetto addirittura dall’«hérissonicide»)74:

«C’est la Fortune, lecteurs, mes pauvres amis, c’est elle, j’en suis persuadé, qui fit perdre à Silence, Renart et Houyymn la minute précieuse qui leur manqua au moment décisif. Elle, qui les obligea, dans les Abruzzes à maintenir en équilibre l’énorme roue d’une énorme charrette de foin dans un chemin en pente raide, qui allait écraser un hérisson, assez longtemps pour permettre à ce gentil animal, surmontant sa peur, de rentrer ses piquants, de se dérouler et de se mettre à l’abri (il s’était roulé en boule en sentant l’ombre immense de la roue se précipiter sur lui). Et encore, ce délai n’aurait pas été suffisant pour Morgane, si le hérisson n’avait pas tenu à les présenter à sa famille éperdue de reconnaissance», CS, p. 115.

E così, nel cratere del minaccioso vulcano, covo della perfida fata75, in una coltre di vapore, Walllwein e la sua «femelle cheval» Houyymnie saranno sopiti e rapiti dai cavalieri di Morgana sin dentro «les entrailles de la terre» (CS, cap. 30, p.116).

Meraviglie d’Oriente: verso gli Antipodi!
La squadra di Silence, sopraggiunta in ritardo, si avventura all’inseguimento di Walllwein e Houyymnie (cap. 31), alla volta di Avalon, ma andando di necessità via terra (la galleria ipogea viene chiusa da Morgana), per una strada suggerita dall’eremita Accalon. Ex-cavaliere infatuato di Morgana76, pronto ad uccidere per lei Artù, qui si presenta come un vecchio e saggio eremita, che ha maturato il punteggio di saggezza della “carriera eremitica” di cui si approfitta per dare il regolamento: «La sagesse des ermites est proportionnelle à leur âge et à leur ancienneté dans l’ermicité. Une année d’érémitisme, tant de points de sagesse. C’est automatique», CS, p. 118. Tra precipizi, mostri, oceani, deserti e bestie favolose, il « voyage au bout de la Terre »77 (cap. 32) offre il destro per un affresco da Libro delle meraviglie d’Oriente78. Vi s’incontrano, per esempio, uomini verdi79, tra vecchi-querce bianche che esercitano la giustizia (come San Luigi), poeti-pini da cui cola resina di versi, fornai come alberi del pane, ragazze cariche di ciliegie e ragazze-canne80, in una pagina di grande poesia81. E l’altro paese bizzaro e illusorio ricorda da vicino il libro delle Metamorfosi di Apuleio, l’atmosfera trasognata che avvolge Lucio in Tessaglia82, terra di malefici e allucinazioni:

«C’était comme une qualité de l’air, des formes, des paysages. Les narines de Renart palpitaient, il se sentait vaguement mal à l’aise, croyant humer des odeurs de poulaillers qui n’étaient pas. Houyymn bronchait sur d’absents cailloux. Silence croyait voir des maisons, des moulins à vent, des croix, toutes visions qui se révélaient insubstantielles à l’usage. On chuchotait autour d’eux», CS, p. 123.

L’autore introduce, tra le prove terribili da superare, una figura pagana che rimanda al mito di Edipo, la Sfinge: «una grossa bestia metà umana metà gatta dal sesso indistinto», CS, p. 130, baffi e artigli insanguinati, a guardia di un valico obbligato, che pone ai viaggiatori il suo terribile enigma83 (cap. 34). Silence, non solo ignora l’enigma, ma, in modo flemmatico e insieme fulmineo, trapassa la Sfinge con la spada: «Silence asciugò accuratamente la sua spada con un ciuffo di edelweiss e tornò a ritrovare i suoi compagni. “Fatto”, disse.», CS, p. 131.
Si susseguono le avventure. Dopo una partita a scacchi giocata con Cosroe, re di Persia (che perse…), cavalcando «enormi elefanti baffuti, che si chiamavano Mammut in quelle regioni», scorta sontuosa del re fino a Cipango, Silence e i suoi si avvicinano all’Oceano della Fine del Mondo (cap. 35: Il Passaggio). Tra l’orlo della Terra e l’Oceano, incontrano un cane a tre teste e un traghettatore che si spartiscono l’obolo («Non conosco i loro nomi. Il cane forse è quello che gli antichi chiamavano Cerbero; e il traghettatore, forse, quello che chiamavano Caronte», CS, p. 133)84. Si affidano così al fiume del Tempo85, che li porterà all’Oceano degli Antipodi. Gli Antipodi vengono descritti come un continente acquatico, le cui isole sono abitate dal Piccolo Popolo, una sorta di Altro Mondo86 il cui re è Pwyll87: « roi de la Basse Gent (petites fées, petits gnomes, petits lutins, petits trolls…)», CS, p. 136. Solo l’isola di Avalon appartiene a Morgana (cap. 36 «Avalon»), ricca di fiori e frutta, e dove le garighe forniscono in abbondanza cicale, grilli, cavallette ed erbe aromatiche, secondo l’autorità di Girardus Cambrensis88. Ricorrendo a rapimenti89, Morgana l’ha popolata a guisa di mondo arturiano90:

«Elle enlève des chevaliers (jeunes et beaux de préférence), des demoiselles, des troubadours, des savants (pas trop); et toutes sortes d’animaux. Elle avait fait kidnapper la famille de Renart ap Renart parce que c’était la plus belle famille de renards que ses espions avaient trouvée. Et elle avait attiré Walllwein dans le volcan parce qu’elle avait envie de faire (de refaire; souvenez-vous de la Guivre) avec lui toutes ces choses que la morale réprouve mais qui lui sont bien agréables. Et ma foi, Silence ne lui paraissait pas répugnante non plus», CS, p. 137.

Ed eccoci alla conclusione (Cap. 37): Morgana, annoiata di Walllwein, ancora innamorato di Silence91, decide di liquidarlo («Non rimaneva che un’unica soluzione: sbarazzarsi di Walllwein al più presto; restituirlo a Silence, e che non le si parli mai più di questo cretino», CS, p. 140), con il codazzo di Houyymnie e la famiglia Renart. Ma una volta ricongiunti, i nostri eroi si domandano per quale via tornare indietro (non si risale il fiume del Tempo). Si vocifera dello Strommaël, un Imbuto, un Vortice, una sorta di buco nell’oceano… (il nome, invertito, rimanda al racconto di Poe, A Descent into the Maelström)92. Ma questo passaggio decreterà la definitiva separazione dei due amanti: «quand brusquement, le Tourbillon eut comme un hoquet et simultanément avala la chaloupe en recrachant le navire hors de sa gorge profonde. «WaaaaLLLLLwwweeeeiiiinnnn! cria Silence en disparaissant, je t’aime. — Siiillleeeennncccee, cria Walllwein en retour, je t’aime.» Et ce fut tout», CS, p. 143.
Dopo la discesa nel gorgo di Silence, della famiglia Renard e di Houyymnie ( prima le donne e i bambini), nel capitolo-epilogo 38 («Est-ce la fin?»), Walllwein, con il resto della compagnia, riesce avventurosamente a rimpatriare “a bordo” di albatri giganti (chiara ripresa di Baudelaire)93, insomma “par avion”, diremmo giocando con le etimologie. Ma come scrivere la parola fine sul manoscritto, senza il ritorno di Silence?
Nel cap. 39 (o Postlogo «Conservare la speranza»), passati ormai moltissimi anni, tutto è tristemente finito, compresi il reame di Logres, la Tavola Rotonda, con la morte di Artù94. Silence non li ha più raggiunti, ma Heldris conserva la segreta speranza che abbia onorato, in qualche modo, il suo destino cavalleresco95. Il finale sospeso del Chevalier Silence, con un’eroina data per dispersa, sarà da intendersi quale condizione ideale dei testi inachevés per consentire la pratica, comune nel Medioevo, delle suites, delle continuazioni dei romanzi. Insomma, un invito a che un ennesimo copista ci restituisca la storia spezzata del Ritorno del Chevalier Silence.

«Nous n’inventons pas. Nous faisons comme les conteurs médiévaux. Nous copions et recombinons». E questo processo avviene in Roubaud con spirito ludico («un hommage humoristique à la mémoire de la littérature»)96, invitando il lettore al piacere della lettura infinita. E quale sarebbe il senso ultimo della nuova vicenda di Silence riscritta «comme un amusement» da Roubaud? «Pour lui, comme pour les “auteurs” médiévaux, écrire c’est conserver, c’est échapper à l’oubli, mais c’est aussi transmettre. Sauver Silence de l’oubli»97.

Note

  1. Cfr. Jacques Roubaud – Toutes ses œuvres.
  2. Cfr. scheda sull’autore e antologia. Marcel Bénabou, Jacques Roubaud,Qu’est-ce que l’Oulipo?. Per la storia dell’OuLiPo, i principi della letteratura potenziale, basati su vincoli di scrittura (contraintes), e un’antologia di testi, si legga Paolo Albani, La letteratura potenziale. Alcune note sparse.
  3. Nathalie Koble, Mireille Séguy (a cura di), Jacques Roubaud médiéviste, Paris, Champion, 2018.
  4. Jacques Roubaud, Graal fiction, Paris, Gallimard, 1978. Florence Delay, Jacques Roubaud, Graal théâtre, Paris, Gallimard, 1977-1981. Christophe Imperiali, Quand la tradition se mêle à la fiction: l’érudition ludique de Graal Théâtre, in Valérie Cangemi, Alain Corbellari, Ursula Bähler (a cura di), Le savant dans les lettres, Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2014, pp. 183-191.
  5. «Reposant sur le respect de l’héritage médiéval allié à une audacieuse créativité […] cette réécriture favorise par ailleurs la pérennité de la matière du Graal […]. En métamorphosant les grands textes du Graal, la parodie n’est-elle pas finalement l’un des garants de leur survie?», Laurence Mathey-Maille, Peut-on parler de parodie dans Graal Théâtre de Florence Delay et Jacques Roubaud?, in Margarida Madureira, Carlos Clamote Carreto, Ana Paiva Morais (a cura di), Parodies courtoises, parodies de la courtoisie, Paris, Garnier, 2016, pp. 309-318, citato da p. 318.
  6. Cfr. scheda e bibliografia aggiornata. Heldris di Cornovaglia, Il romanzo di Silence, a cura di Anna Airò, Roma, Carocci, 2005 ( per le citazioni letterali, ci si riferirà sempre a questa edizione). Jacques Roubaud, Le Chevalier Silence. Une aventure des Temps Aventureux, Paris, Gallimard, 1997 (qui citato sempre CS). Ho dedicato a questa riscrittura due corsi universitari, nel 2017 e nel 2021, all’interno dei miei insegnamenti sulla posterità del medioevo, inaugurati a Ferrara dal 2011 in avanti.
  7. «Au moment où s’inaugurent les événements qui vont vous être rapportés (j’avais quinze ans (j’en ai aujourd’hui cent neuf)), Glendwr était notre roi. Je venais d’atteindre ma majorité et je m’apprêtais à suivre les traces de mon père en exerçant la profession (comme vous dites) de cyfarwydd, c’est-à- dire de trouvère ou troubadour», CS, p. 13.
  8. «dépossédé de son texte par un auteur autrement plus célèbre que lui, un certain Chr., en qui il n’est pas difficile de reconnaître Chrétien de Troyes, qui aurait copié et traduit en langue romane la première version de son mémoire écrite en gallois. C’est pour remédier à cette traduction trompeuse […] que ce vaincu de l’histoire a pris la plume et décidé de proposer sa propre traduction en français, mais aussi bien, pour déjouer les infidélités et traîtrises des traducteurs, en picard, provençal, florentin, castillan et gennanique, etc. de son récit gallois», Sandrine Hériché Pradeau, Christophe Pradeau, Le Chevalier du bord du monde. Silence, d’Heldris de Cornouailles à Jacques Roubaud, in N. Koble, M. Séguy, Jacques Roubaud médiéviste, cit., pp. 97-113, citato da p. 103.
  9. «Ce faussaire médiocre a déformé mon nom en “Heldris” (sous prétexte qu’en raison de la présence de nombreuses consonnes il serait imprononçable par des gosiers francs ou germains), m’a attribué la Cornouaille pour patrie […]. Mais que faire ? si je veux que la vérité se fasse entendre je suis bien obligé, hélas, de conserver ce nom et ce titre. Sinon, comment mes honorables lecteurs pourraient-ils savoir qu’il s’agit de la véritable version de cette relation?, CS, pp. 9-10.
  10. Jacques Roubaud, studioso dell’arte dei trovatori, compone una «Vida du troubadour Rubaut», tra le 12 (+1) “autobiografie” fantastiche che raccoglie in Jacques Roubaud, Nous, les moins-que-rien, fils aînés de personne, Paris, Fayard, 2006 (pp. 135-138). «J’ai recueilli et adapté dans ce livre douze (plus une) des nombreuses vies de Jacques Roubaud, un peu partout dans le monde, à des époques différentes. Stylite, il est monté à vingt-trois ans prier sur une colonne. Troubadour, il s’est retiré dans une cabane en attendant le pardon de sa dame. Devenu Sir James Roubaud, il a rendu ses lettres de noblesse à Robert Hooke, dont Newton a volé honteusement les travaux sur la gravité. Compagnon de Sébastien Châteillon, il a, sous le nom de Jacobus Robaldus, défendu, en plein seizième siècle, l’idée de tolérance religieuse. Il a été Pierre Corneille Roubaud, abrégeant les pièces classiques pour redonner un plaisir nouveau au public et faciliter le travail des comédiens. Et Orson Roubaud, auteur du fameux chef-d’oeuvre cinématographique La Nuit des lapins géants», (quarta di copertina).
  11. «Roubaud propose une histoire, introduite par un protocole d’écriture complexe, qui s’étire dans le temps, puisqu’elle est censément écrite par un conteur gallois, un cyfarwydd, alors âgé de cent neuf ans, “aux approches de l’an mil” au sujet d’une aventure qui commence près d’un siècle auparavant, quatre-vingt-quatorze ans exactement, soit au début du Xe siècle. Dans le dernier chapitre enfin ou postlogue, écrit soixante-treize ans plus tard – donc à la fin du XIe siècle -, notre conteur, qui s’est retiré dans le manoir ancestral de sa famille, fait mention, d’après les informations que lui a apportées Myrddin / Merlin, de la survenue dans cet intervalle de ʺl’horrible tragédie que fut la fin du royaume de Logres, [du] triomphe du roi Marc, [de] la mort de Gauvain, de Lancelot, […] [de] la fin de la Table Ronde, [de] la mort enfin du roi Arthur”», S. Hériché Pradeau, C. Pradeau, Le Chevalier du bord du monde, cit., p. 102.
  12. «Chez J. Roubaud, le montage narratif opère un assemblage d’hypotextes disparates, conforme au mariage des motifs et des traditions pratiqué par les conteurs médiévaux […]. Le Roman de Silence s’enchevêtre ainsi aux épisodes du Bel Inconnu, du Roman de Renart, de l’Escoufle et du Lancelot en prose. Mais lorsqu’il est question de l’éducation de Silence, c’est le chapitre XXIII de Gargantua qui réapparaît, presque mot pour mot. Au fil de la lecture, on reconnaît quelques références plus discrètes à un Mabinogi celte, aux mythes d’Œdipe, d’Héraclès, mais également aux fables de La Fontaine, ou encore à Jules Verne, Alfred Hitchcock… et même Italo Calvino», Séverine Abiker, Un autre Moyen Âge est possible. Plaisirs et enjeux de l’anachronisme chez les auteurs de l’Oulipo, in Élodie Burle-Errecade, Valérie Naudet (a cura di), Fantasmagorie du Moyen-Age. Entre médiéval et moyenâgeux, Aix-en-Provence, Presses Universitaires de Provence, 2010, pp. 119-126, citato da p. 123.
  13. Peter Kuon, Nicole Pelletier, Pierre Sauvanet (a cura di), Contrainte et création, Pessac, Presses Universitaires de Bordeaux, 2015.
  14. Oulipo, La letteratura potenziale. Creazioni, ri-creazioni, ricreazioni, edizione italiana di Ruggero Campagnoli e Yves Hersant, Bologna, CLUEB, 1985 (insieme agli Esercizi di stile di Raymond Queneau, nella traduzione di Umberto Eco, goduti per la prima volta nella riduzione teatrale di Paolo Poli, le esperienze fondative della mia passione per la letteratura potenziale ). L’Oulipo: la creazione letteraria tra gioco e matematica. Raymond Queneau, Segni, cifre e lettere e altri saggi, introduzione di Italo Calvino, traduzione di Giovanni Bogliolo, Torino, Einaudi, 1981.
  15. «Jacques Roubaud est l’un des pionniers de la réactivation contemporaine des récits médiévaux. En 1977, accompagné de Florence Delay, il met en oeuvre, avec Graal théâtre, une entreprise singulière: mener sur scène Perceval, Gauvain, Merlin, Lancelot […] afin de “contribuer à ramener et ranimer leur souvenir”», Suzy Chevallier, Le Chevalier Silence. Une aventure des temps aventureux de Jacques Roubaud. Une création oulipo-médiévale, in Nathalie Koble, Mireille Séguy (a cura di), Passé présent. Le moyen âge dans les fictions contemporaines, Paris, Éditions Rue d’Ulm, 2009, pp. 141-152, citato da p. 141.
  16. «Le Chevalier Silence […] se lit d’abord comme un amusement, un divertissement. Ainsi, pour Roubaud, la trasmission de la mémoire littéraire […] se fait, par excellence, à travers le prisme de l’humour», S. Chevallier, Le Chevalier Silence, cit., p. 152.
  17. Così nel titolo e inoltre ivi, p. 143: «Aussi Le Chevalier Silence répond-t-il à un double project: réécrire un texte à la maniere d’un “auteur” du Moyen âge tout en produisant un récit oulipien».
  18. Cador ed Eufemie, conti di Cornovaglia, nascondono la nascita della loro bambina, poiché nel paese vige un editto del re Ebain che vieta la trasmissione dell’eredità a discendenti femmine. Silence (questo è il nome allusivo che le viene dato), isolata in un maniero lontano, riceve un’educazione (Noreture) normalmente destinata ai maschi. A dodici anni, con la pubertà, la ragazza si trova a un bivio: rientrare nei panni femminili (in senso reale e traslato), più consoni alla sua identità biologica, opportunità che le offre Nature, o proseguire una vita da maschio. Nature e Noreture, dunque, confliggono, ognuna accampando i propri diritti su di lei. Ma, con l’aiuto di Raison, Silence valuta il vantaggio della condizione di libertà che si è trovata a vivere, rispetto alle attività limitate concesse alle femmine. E così rifiuta. Figura non solo ambigua, ma eversiva per la società, perché vacilla (o si riduce a convenzione sociale) la distinzione tra sesso (biologico) e genere (culturale). Così educata, Silence si scopre nel tempo eccellere in tutte le prove del cursus honorum virile, sino a diventare cavaliere. Il/la vallés/mescine, per la sua condizione ambigua, provoca una sorta di commedia degli equivoci (attrae per la sua bellezza androgina uomini e donne) che proliferano dalle sue mentite spoglie e di altre molteplici false sembianze presenti nel romanzo. A proposito di ambiguità e apparenze, lo stesso Merlino si presenta nella storia nelle vesti ibride di hom pelus (wild man of the woods), in una foresta dove Silence lo catturerà per portarlo a corte. Qui, l’indovino smaschera vari camuffamenti, scoprendo pure la Silenzia che latitava sotto le vesti di Silence. Silenzia che sposa il re: assicurato il lieto fine.
  19. «Le Chevalier Silence est à bien des égards à considérer comme un fruit anoulipique du roman médiéval. Ainsi Roubaud a bien extrait l’algorithme de la structure même du texte original avant de réécrire le roman; cet algorithme, c’est d’abord l’ambivalence des personnages de Silence et de Merlin, qui métamorphosent leur identité, mais c’est aussi l’ambivalence du roman dans sa totalité, qui joue sur l’exibition et la dissimulation, sur la verité et le mensonge», S. Chevallier, Le Chevalier Silence, cit., p. 147.
  20. «J’écris ceci à la fin de la seconde version de mon mémoire. J’ai achevé la première il y a maintenant soixante-treize ans. Après dix ans d’attente et d’innombrables exploits, Walllwein a perdu espoir de revoir jamais Silence», CS, p. 146.
  21. Véronique Montémont, Jacques Roubaud. L’amour du nombre, coll. Perspectives, Villeneuve d’Ascq, Presses Universitaires du Septentrion, 2004.
  22. Jacques Roubaud, La fleur inverse. Essai sur l’art formel des troubadours, Paris, Ramsay, 1986.
  23. «Or, le chapitre 6 introduit la figure de Walllwein, le chapitre 13 raconte le départ de celui-ci à la recherche de son père, et le chapitre 19 les retrouvailles à la cour d’Arthur. Suzy Chevallier a noté que cette succession de chapitres est construite selon la structure de la sextine, quoique déstabilisée, parce que fondée non sur la répétition du 6 mais du 6+1, à cause de l’ajout de Walllwein», Luisa Palazzo, Mythe chevaleresque et prouesses du langage: Italo Calvino et Jacques Roubaud à la quête du roman, in Marie-Hélène Boblet (a cura di), Chances du roman, charmes du mythe, Paris, Presses Sorbonne Nouvelle, 2013, pp. 135-144, citato da p. 143, https://books.openedition.org/psn/2135.
  24. Jacques Roubaud, La bella Ortensia, traduzione di Eliana Vicari, Milano, Feltrinelli, 1989, pp. 92-93.
  25. Jacques Roubaud, Poétique. Remarques. Poésie, mémoire, nombre, temps, rythme, contrainte, forme, etc., Paris, Seuil, 2016 (quarta di copertina).
  26. «Il faut dire que la place capitale tenue par l’animal dans l’univers médiéval ne pouvait que trouver un écho dans cette pensée roubaldienne qui accorde toute sa sympathie à la faune. Non content de se décrire lui-même en labrador et d’être l’un de ces “rats” membres de l’Oulipo, Jacques Roubaud accueille en effet de façon massive l’animal dans ses écrits […] À la suite de son maître Raymond Queneau qui faisait, lui aussi, une large place aux bêtes dans ses romans, Jacques Roubaud exploite à l’envi le bestiaire, comme en témoignent encore deux recueils de poésies aux titres éloquents: Les Animaux de tout le monde, paru en 1983, et Les Animaux de personne, en 2004. […] On ne s’étonnera donc guère que le roman médiéval, peuplé de créatures extraordinaires, ait constitué un vivier particulièrement prisé par l’oulipien», Baptiste Franceschini, L’oulipien translateur. La bibliothèque médiévale de Jacques Roubaud, (Thèse de doctorat), Université Bordeaux 3, Université de Montréal, 2013, p. 250.
  27. «En 1983, Jacques Roubaud publie Les Animaux de tout le monde qu’il complète en 1991 avec Les Animaux de personne. Et à ces deux recueils s’en sont ajoutés d’autres: M. Goodman rêve de chats (1994) ou Menu menu (2000) ainsi qu’une anthologie: 128 poèmes composés en langue française, de Guillaume Apollinaire à 1968 (2001) inscrite depuis 2007, comme Les Animaux de tout le monde, dans la liste des ressources en littérature pour les élèves du cycle 3 de l’école primaire. Ces deux ouvrages sont à ce titre, dans toutes les écoles françaises et se retrouvent chargés d’éveiller des enfants à la poésie tout en leur faisant découvrir un auteur: Jacques Roubaud. […] “j’aime bien raconter des histoires ou composer des poèmes sur et pour les animaux” (Roubaud, 1994, 48) dit-il dans l’entretien inséré à la fin de M. Goodman rêve de chats. On trouve d’ailleurs régulièrement des histoires d’animaux dans ses livres. […]. Mais plus sérieusement, l’animal est selon lui un moyen naturel de parler de poésie à des enfants parce que les enfants “s’intéressent aux histoires et aux animaux” (Roubaud, 1994, 48) et parce que les animaux – notamment les chats, comme celui qui se promène dans la cervelle de Baudelaire (1972, 49) – inspirent les poètes. En fait, écrire de la poésie – et à plus forte raison de la poésie pour enfant – semble nécessiter, d’après lui, un passage par les animaux parce que les animaux parlent le langage de l’enfance et que la poésie est “l’enfance dans la langue, l’enfance qui reste dans la langue pendant que tout le reste vieillit”.», Geneviève Guétemme, Les poèmes pour enfants de Jacques Roubaud, «NVL la revue», Centre de Ressources Aquitain pour le Livre d’Enfance et de Jeunesse, 2013, AU PRINTEMPS, DES POÈTES, 195, pp. 1-2.
  28. «Cette relation entre les protagonistes et le monde animal donne au récit des allures de conte de fées, de sorte qu’il se rattache pour ainsi dire à la littérature de jeunesse. […] Si Roubaud écrit pour les enfants, c’est aussi pour faire découvrir les œuvres médiévales à un jeune public. Seulement, l’auteur ne se limite pas à un seul type de lectorat. Le texte recèle de nombreuses richesses, des références empruntées et retravaillées qui demandent des connaissances de la littérature médiévale pour être comprises et reconnues. Ainsi Roubaud s’adresse à tout lecteur, du novice au médiéviste», Leticia Ding, Renart et les escoufles, l’intertextualité de l’univers animal médiéval dans le Chevalier Silence de Jacques Roubaud, «Reinardus. Yearbook of the International Reynard Society», 28 (2016), pp. 50-64, citato da p. 52.
  29. All’unicorno, Roubaud dedica una bella poesia: «La licorne ne peut être capturée / qu’entre les genoux d’une demoiselle / son œil est une pierre précieuse / qu’on nomme escarboucle et qui est tendre // L’escarboucle est une pierre précieuse tendre et rare / dans l’œil de la licorne d’où tombe une larme / qui mouille la robe de la demoiselle / qui vient de l’emprisonner // Cela se passe dans un pré / au milieu du Moyen Age / les nuages sont des coussins // d’où descendent des épées d’or / ce sont les regards du soleil qui regarde / la capture de la licorne», Jacques Roubaud, Les  animaux de tout le monde, postface de Dominique Moncond’huy, Paris, Seghers Jeunesse, 2004, p. 23.
  30. «Recueil poético-naturaliste présentant 70 animaux imaginaires dont les noms sont des mot-valises: [testo citato]. Avec des notices naturalistes sur les véritables animaux ayant inspiré les auteurs et quelques recettes imaginaires en fin d’ouvrage», Jacques Roubaud, Olivier Salon, Philippe Géric, Sardinosaures & compagnie, Bourges, édition Les mille univers, 2008. Si veda anche Magalie Pibouleau Pigareff, La chimère dans la littérature de jeunesse: combinatoire et créativité, Education, 2018 ⟨dumas-02104444⟩. Analoghe crasi in Stranalandia: il leometra (leone geometra), il prontosauro (Megasaurus interurbanus), il pesce pizza (Pomarolus origanatus), il cantango (Fido danceador), il cockeruth, la gallina intelligente (Coccodesia proffia), il gattacielo (Micius panoramicus), il wakkasaki (Mukkamoto lattiferus) e il simmukkenthal (Manzus lattinatus), il Rockolo (Avis Presley), si veda Stefano Benni, I meravigliosi animali di Stranalandia, testi di Stefano Benni; disegni di Pirro Cuniberti, Milano, Feltrinelli, 1984.
  31. J. L. Borges, Manuale di zoologia fantastica, Torino, Einaudi, 1979, p. 129.
  32. «L’oiseau Roc célébré par les conteurs et les poètes / Plane tenant dans les serres le crâne d’Adam la première tête […] De Chine sont venus les pihis longs et souples / Qui n’ont qu’une seule aile et qui volent par couples», Guillaume Apollinaire, Alcools, suivi de Le Bestiaire illustré par Raoul Dufy; et de Vitam impendere amori, Paris, Gallimard, 2018, dal poema Zone, p. 9.
  33. Secondo la mitologia celtica, il salmone condivide con lo scoiattolo il dono della saggezza, nutriti entrambi dai frutti di un albero della conoscenza quale il nocciolo: «Le saumon appartient, en effet, au bestiaire sacré des Celtes et, notamment dans le folklore irlandais, est considéré comme animal de sagesse, nourri des fruits d’un arbre de connaissance, un coudrier planté sur le bord de la rivière Boyne. L’association de la noisette et du savoir confirme non seulement le statut singulier de l’écureil (sic) évoqué plus haut mais invite aussi à inscrire le saumon dans ce même bestiaire de créatures douées de sapience», B. Franceschini, L’oulipien translateur, cit., pp. 294-295. Scoiattolo che, a sua volta, rimanda ai canti e ai poemi degli Indiani d’America: «Cette place de l’écureuil dans la cosmogonie poétique de Jacques Roubaud trouve peut-être son origine dans la fréquentation des chants d’Amérique du Nord qui font la part belle au rongeur, chants que l’oulipien, en collaboration avec Florence Delay, a pu traduire dans l’ouvrage Partition rouge, poèmes et chants des Indiens d’Amérique du nord, Paris, Seuil, 1988», ivi, p. 293, nota 22.
  34. «Ils consultèrent le plus sage saumon de la rivière Ombre. En vain; le saumon voulut bien répondre à leur demande (après paiement d’avance en noisettes), mais ils furent incapables de déchiffrer les messages en bulles codées qu’il leur envoya à la surface de l’eau», CS, p. 25.
  35. Ma nel contesto del paesaggio nordico («s’étendent les vallées gracieuses de l’Usk et de l’Uynfi, tantôt se contractant en étroites langues boisées tantôt s’élargissant en prairies luxuriantes. Là règnent la loutre, le blaireau, l’écureuil et le renard; sans oublier le sanglier, le cerf et l’épiornix.», CS, p.11), per puro gusto dell’esotico e del meraviglioso, Roubaud insinua l’aepyornis, gigantesco uccello estinto del Madagascar.
  36. «De temps à autre Myrddin, le grand chaman (que vous appelez Merlin) sort du bois pour nous communiquer quelque nouvelle, une prophétie portant sur le passé ou bien sur le futur», CS, p.11. Alla fine del romanzo, il narratore ultracentenario ribadisce l’attitudine di Myrddin che continua a non candidarsi a profeta del futuro: «Myrddin, qui me raconte ce qui se passe dans le monde, ce qui s’y est passé, et un peu, très peu, de ce qui arrivera», CS, p.147. Per la sua figura, si veda Carlos Alvar, Dizionario del ciclo di re Artù. 900 voci, bibliografie, elenco dei testi medievali di argomento arturiano, personaggi, situazioni, oggetti, luoghi, versione italiana a cura di Giuseppe Di Stefano, Milano, Rizzoli, 1998, pp. 219-222.
  37. Irene Palladini, Draghi, grifoni e altri animali fantastici, in Gian Mario Anselmi, Gino Ruozzi (a cura di), Animali della letteratura italiana, 2. Ed, Roma, Carocci, 2010, pp. 88-97.
  38. «À cette époque le duché de Morgannwn était vacant et le roi Glendwr fit savoir que celui qui ramènerait la dent du dragon de Poldévie qui terrorisait ce pays montagneux, allié de toujours de notre royaume, quoique fort distant, en recevrait le titre en récompense», CS, p. 14.
  39. Ripresa del lungo episodio della sfida al drago volante nel Roman (vv. 345 ss., A. Airò, Il romanzo di Silence, cit., p. 66 ss.), affrontata dal giovane Cador (vv. 391 ss. ), per amore di Eufemie, e vinta uccidendolo (vv. 497 ss.). Ne resta però contaminato dal veleno (vv. 581 ss.) da cui lo risana Eufemie, guarendolo in soli otto giorni (vv. 627-628, A. Airò, Il romanzo di Silence, cit., p. 76). I due giovani s’innamorano.
  40. «Le lecteur de Roubaud reconnaît aisément dans ces noms la transposition de ceux du couple central de la trilogie roubaldienne: Hortense et son amant puis époux le prince poldève Morgan alias Gormanskoï. De fait, la Poldévie informe la géographie des deux œuvres. La Poldévie est un pays imaginaire que Roubaud hérite de Raymond Queneau et plus précisément de Pierrot mon ami, le principal texte-source de La Belle Hortense. Ce petit pays lointain et montagneux, peuplé de bandits de grand chemin moustachus, dont tout indique qu’il faut le situer quelque part dans les Balkans, transposition de l’Albanie ou de l’Épire feuilletonesque d’Ali Pacha de Janina, n’est pas, à proprement parler, une invention de Queneau, qui l’emprunte, en se l’appropriant, aux polémistes de la presse de droite et d’extrême droite des années 1930», S. Hériché Pradeau, C. Pradeau, Le Chevalier du bord du monde, cit., p. 104.
  41. Jacques Roubaud, La Belle Hortense, Paris, Ramsay, 1985. Jacques Roubaud, L’Enlèvement d’Hortense, Paris, Ramsay, 1987. Jacques Roubaud, L’Exil d’Hortense, Paris, Seghers (coll. « Mots »), 1990. Christophe Reig, Mimer, Miner, Rimer. Le cycle romanesque de Jacques Roubaud, New York- Amsterdam, Rodopi-Brill, 2006.
  42. Guida dell’eletto verso un aldilà ferico, Carlo Donà, Per le vie dell’altro mondo. L’animale guida e il mito del viaggio, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003.
  43. Sulla permanenza di tale mito sino alla letteratura Novecentesca, si veda Monica Longobardi, Melusina nelle città, in Monica Longobardi, Filippo Conte (a cura di), Medievalismi, atti del Convegno Ferrara, 20-21 novembre 2019, Roma, Aracne, 2020, pp. 159-204.
  44. «Mais la jeune fille, se retournant brusquement, saisit l’épée qu’elle avait laissée sur la margelle et lui dit: “Essaye donc un peu de me toucher, gros porc indigne de Trwch Trwyth” (le sanglier fabuleux). À ces mots, furieux, encore moins peut-être de désir que de rage devant l’insulte à sa majesté royale, Glendwr se mit en garde, certain de venir à bout de cette insolente (il n’était pas un médiocre épéiste). Il ne désirait pas lui faire de mal; seulement la débarrasser de son épée et faire ensuite d’elle toute sa volonté. Mais la jeune fille se révéla un adversaire redoutable. Si redoutable qu’en moins d’une minute le roi se trouva atteint d’un coup imparable, résultant d’une feinte subtile qu’il ne connaissait pas. Etendu, lui tout seul dans l’herbe, et vomissant du sang par sa blessure il aurait voulu demander à la demoiselle qui lui avait appris cette botte extraordinaire mais il ne put parler et bientôt mourut», CS, p. 18.
  45. «Au moment de m’approcher du dénouement de cette histoire je dois te prévenir, ami lecteur, que je ne peux te garantir une fin heureuse. Si tu as eu connaissance de la version tronquée et déformée du scribe troyen Chr., celle qui est connue sous le nom de manuscrit A, tu t’attends sans doute à des retrouvailles générales, à la punition des méchants, au mariage des héros. Mais moi je dois dire ce qui est, non ce qu’on suppose que tu veux entendre. Si tu en es déçu, tant pis», CS, p. 139.
  46. L’episodio della creazione “artigianale” di una bambina votata all’avventura richiama, con spirito opposto, quello del Roman de Silence, dove Nature intendeva plasmare sì un’opera d’arte con la materia più fine a sua disposizione (parla di materia, argilla depurata e stampi), ma semplicemente perché fosse degna di essere, per bellezza e perfezione, la sua figlioccia (vv. 1805 ss.). Unica dote concessa alle figlie femmine.
  47. J. Roubaud, La bella Ortensia, cit., pp. 22-23.
  48. «La gémellité informe diversement les œuvres ainsi conjointes. Le personnage de Silence dans le roman médiéval est à lui-même son propre frère jumeau ou sa propre sœur jumelle: sa dualité sexuelle crée une oscillation identitaire qui dédouble le personnage. Roubaud, en outre, imagine de donner à Silence un frère, qui extériorise cette dualité: Walllwein, enfant trouvé au fil de l’eau dans une nacelle, le jour-même de la naissance de Silence, sera élevé à ses côtés dans l’ignorance de la distinction sexuelle», S. Hériché Pradeau, C. Pradeau, Le Chevalier du bord du monde, cit., pp. 106-107.
  49. (Cap. 8). Séraphin Calobarsy, anagramma di François Rabelais, programma di studio di Gargantua: «Mais lorsqu’il est question de l’éducation de Silence, c’est le chapitre XXIII de Gargantua qui réapparaît, presque mot pour mot», S. Abiker, Un autre Moyen Âge est possible, cit., p. 123.
  50. CS, p.29. Analogo umorismo, spesso basato su aggiornamenti situazionali, si ritrova per esempio presso Calvino e Queneau, come indicato da S. Abiker, Un autre Moyen Âge est possible, cit., p. 121: «La bataille décrite par I. Calvino comme un formidable “embouteillage” (CI, p. 51) évoque pour nous un ensemble de perceptions – carcasses métalliques à perte de vue, touffeur et puanteur, vrombissement ininterrompu – lesquelles restituent précisément les impressions que l’auteur veut nous faire partager […]. Parallèlement l’anachronisme verbal permet de représenter l’univers médiéval en se référant à des réalités modernes: la croisade est appelée la “guerre aux colonies” (FB, p. 27); Kamaalot est présenté comme “le centre mondial des Aventures” (CS, p. 29). De là à inventer quelques institutions supplémentaires, il n’y a qu’un pas: pour réparer le meurtre de son père, un chevalier doit se présenter au “quartier de la Surintendance des Duels, Vengeances et Atteintes à l’Honneur” où des fonctionnaires lui expliqueront que “pour venger un général, la procédure la plus simple est encore d’expédier trois majors” (CI, p. 30)».
  51. Li romans d’Erec et d’Enyde. Œuvre de Chrétien de Troyes. C. Alvar, Dizionario del ciclo di re Artù, cit., pp. 100-102.
  52. L’incipit di tale brano è chiaramente quello di un’altra fable dello stesso autore: «Alors que le début du paragraphe s’inspire des premiers vers de la fable “Le coche et la mouche”, l’écriture retrouve ensuite la fameuse Perrette de “La laitière et le pot au lait”», B. Franceschini, L’oulipien translateur, cit., p. 420.
  53. C. Alvar, Dizionario del ciclo di re Artù, cit., pp. 246-248.
  54. Andrea Severi, Cavalli, in G. M. Anselmi, G. Ruozzi (a cura di), Animali della letteratura italiana, cit., pp. 63-71 e in particolare «Cavalli in cattedra», pp. 65-66 e «Cavallo sapiens», pp. 67-68.
  55. L’autore denigra lo «scribe français», che aveva censurato questo passo poiché, a suo parere, insensato: «Ce qu’il voulait dire c’est que lui et les siens ne comprennent pas ce qu’ils disent. Mais en Brycheiniog, il en va tout autrement. D’ailleurs, la plupart des animaux du monde comprennent très bien le gallois. Quant à nous, nous les entendons bien aussi […]», CS, p. 57.
  56. Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver; traduzione di Lidia Storoni Mazzolani, Torino, G. Einaudi, 1989, sezione finale, Viaggio al paese degli Houyhnhnm, pp. 245 ss.
  57. Italo Calvino, nota del traduttore: «L’avevo interpellato sui nomi dei due cavalli parlanti del Duca D’Auge, che si chiamano Démosthène e Stéphane. Il perché del primo nome è chiaro, dato che è un cavallo parlante che tende all’eloquenza, ma l’altro, che solo bofonchia poche frasi, perché si chiama così? “Le Stéphane en question, — mi rispose Q., — c’est (pour moi) Stéphane Mallarmé. Il était peut-être ‘causant’ à ses mardis, mais son œuvre fait — semble-t-il — penser à la concision, sinon à la taciturnité”», Raymond Queneau, I fiori blu, traduzione di Italo Calvino, Torino, Einaudi, 1984, p. 270.
  58. «Au cours du récit, Walllwein se révélera être le fils de Gauvain et coïncider ainsi avec la figure de Guinglain dans le roman en vers de Renaut de Beaujeu, Le Bel Inconnu. Comme Guinglain, Walllwein est l’exact portrait de son père, et comme une manière de double de celui-ci. L’insertion de ce personnage permet à Roubaud d’annexer à son récit un roman dont il réécrit, avec une grivoiserie jubilatoire, l’une des scènes anthologiques, l’épreuve du Fier Baiser donné par la Guivre au Bel Inconnu», S. Hériché Pradeau, C. Pradeau, Le Chevalier du bord du monde, cit., p. 107.
  59. C. Alvar, Dizionario del ciclo di re Artù, cit., pp. 227-229. Si vedrà più avanti quale fosse lo scopo ultimo di Morgana.
  60. «La réécriture roubaldienne est aussi parodique, puisque la Guivre est tournée en dérision. Son aspect monstrueux et effrayant est effacé, elle est présentée comme une créature souffrant de strabisme, moustachue et luxurieuse […]. Ces éléments inattendus, qui suscitent le rire, reclassent ce passage dans un registre burlesque. L’univers courtois du Bel Inconnu est désamorcécar le passage de la Guivre dans le Chevalier Silence est dominé par l’emploi de termes familiers et vulgaires qui mobilisent le bas corporel. D’ailleurs, les épreuves imposées par cette créature sont essentiellement rattachées à ces composants. Le premier défi est de partager un repas avec elle, le second aboutit sur une nuit réservée aux plaisirs charnels […]. Enfin, la parodie se marque aussi par un lexique familier et enfantin, par l’emploi d’onomatopées qui parcourent le chapitre quinze, tel qu’ “un bruit glougloutant” ou “un bon poutou qui pue”», Leticia Ding, La réécriture entrelacée. Le Merveilleux dans le Chevalier Silencede Jacques Roubaud, «Cahiers de recherches médiévales et humanistes», 23 (2012), pp. 311-332.
  61. «Tout ce que le monstre féminin de Renaut de Beaujeu pouvait avoir de prestance et de majesté, malgré son apparence terrifiante, est donc singulièrement évacué ou détourné, comme en témoigne encore la comparaison originale des yeux à deux escarboucles: la Guivre est ici bigle. Même le détail de la bouche si fascinante de la demoiselle, qui relance la description sur le mode de la prétérition, n’y échappe pas. Le “vermeil” des lèvres n’appelle plus la merveille, mais bien l’humour: l’inquiétant érotisme de la Guivre est définitivement sapé par la mention de la “moustache” et par l’analyse axiologique, tout aussi comique, du rictus. C’est donc dans un esprit singulièrement parodique que Jacques Roubaud récupère le portrait de la Guivre et, dans sa lignée, l’aventure qui lui est associée: l’épreuve du Fier Baiser, à laquelle se soumettait le Bel Inconnu, devient celle du “bon poutou qui pue” que doit affronter le jeune chevalier Walllwein, amant de Silence! Plus dégoûté qu’effrayé, le jeune homme se laissera embrasser, délivrant ainsi la Guivre de l’enchantement dont elle était victime et lui redonnant, aussitôt, l’apparence d’une belle demoiselle. C’est alors l’occasion, pour Jacques Roubaud, de revenir à un portrait plus traditionnel de beauté», B. Franceschini, L’oulipien translateur, cit., pp. 245-246.
  62. « “Mon amour”, dit la nouvelle Guivre après le Frühstück (petit déjeuner) et une séance de révision, entre les draps de satin rose derrière les rideaux de chintz, des leçons brûlantes et ébattements de la nuit, “mon amour, dit donc l’ex- Guivre en regardant Walllwein avec une tendresse abondante, mon vrai nom est Ilsetraut; je suis une princesse de Germanie, fille du burgrave de Hoch-HochHoch et nièce du margrave de NiederHoch-Schüle”», CS, p. 63.
  63. «Sa langue chatouillait les dents de Walllwein qui sentit un trouble généreux et vigoureux l’envahir, ce dont la nouvelle version de la Guivre se montra fort satisfaite. Elle le prit par la main et l’amena dans sa chambre où elle lui fit découvrir toute une panoplie de jeux que Silence et lui, malgré leur grande inventivité, n’avaient point trouvés encore d’eux- mêmes», CS, p. 62.
  64. Si noti la terminologia animale che si sovrappone a quella umana: «Mais aussitôt, en lieu et place de l’horrible bestiasse, Walllwein eut dans les bras une délicieuse créature, construite un peu, jugea-t-il, à la manière de Silence, sa (son) frère-et-sœur, sauf qu’elle était blonde et nettement plus abondante des mamelles, plus ample et plus cambrée de l’arrière-train. Elle avait sous les bras et au bas du ventre un foisonnement bouclé et parfumé, ma foi, d’une manière plutôt agréable; et d’une blondeur, d’une blondeur véritablement blondissime», CS, p. 62. B. Franceschini, L’oulipien translateur, cit., p. 246: «D’autre part, l’évocation des parties du corps se fait exclusivement par le biais d’un lexique emprunté à l’anatomie animale: les “mamelles”, l’”arrière-train”, ou encore le “toisonnement” perturbent en effet quelque peu la réintégration de la Guivre à l’ordre complètement humain».
  65. Roubaud replica pure questo classico snodo romanzesco dell’entrelacement: «Ici le conte a un choix à faire. C’est toujours ainsi que cela se passe. Un carrefour dans la forêt; deux, trois voies, ou plus; autant de chevaliers. L’un va par ici, l’autre va par là. Qui suivre? le conte ne peut en suivre qu’un à la fois. Alors, lequel?», CS, p.74. Dopo la narrazione della vicenda («Walllwein retrouve son père»), infatti, uno snodo complementare risarcisce la deviazione con l’altrettanto classica formula: «Cependant notre conte cesse de parler de Walllwein qui vient de retrouver son père monseigneur Gauvain et retourne à Silence», cap. 20: «La mort du roi Glendwr»). Per il racconto a bivi oulipiano, si veda Un racconto a modo vostro in R. Queneau, Segni, cifre e lettere, cit., pp. 52-55.
  66. «Parmi tous les hypotextes repris par Roubaud, seules deux œuvres médiévales feront l’objet de notre analyse: le Roman de Renart et L’Escoufle de Jean Renart», L. Ding, Renart et les escoufles, cit., p. 51.
  67. La vicenda della zampa intrappolata rimanda alla sventura del lupo Isengrino (La Pêche à la queue o La Pêche au seau). Per questo episodio si veda Massimo Bonafin (a cura di), Il romanzo di Renart la volpe, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1999, Renart, Isengrino e i pesci, pp. 181-213 (per il lupo si tratta della perdita della coda). «En s’approchant, Silence et Houyymn s’aperçurent que debout sur le devant de cette grille, collé presque contre elle était immobilisé un grand renard (il avait bien cinq pieds huit pouces de longueur) qui ne parvenait pas à s’en libérer. Car la clôture contenait des pièges aux mâchoires d’acier dont l’un s’était refermé sur sa patte avant droite», CS, p. 85. « Dans la tradition renardienne, le rusé goupil est aussi bien trompeur que trompé, mais dans ce cas précis, la mésaventure de Renart renvoie à la posture d’Isengrin, ce qui peut surprendre le lecteur avisé et connaisseur de la matière renardienne. En effet, dans l’épisode de la pêche d’Isengrin (branche III, v. 377–510), le loup a sa queue prise au piège dans la glace et il doit la laisser en gage pour pouvoir s’enfuir et échapper aux coups d’épée de Sire Constant.», L. Ding, Renart et les escoufles, cit., p. 53.
  68. «Dans le Roman de Renart, il est rare que le goupil ait des compères ou compagnons qu’il ne cherche pas à tromper. Le Renart roubaldien, lui, s’avère être un ami loyal envers Silence et Walllwein et se situe donc assez ouvertement dans la veine du renard du Petit Prince. Contrairement au Roman de Renart qui détourne de manière parodique les caractéristiques du chevalier courtois, Roubaud donne au renard ses lettres de noblesse. Le goupil n’est plus le traître malfaisant qu’on rencontre dans la littérature du Moyen Âge; sous la plume de Roubaud, il devient le parfait allié de Silence. Il parle à sa place, mais surtout il met son engin, sa ruse et sa malice à son service.», ivi, p. 55.
  69. «La graphie médiévale du nom de Renart est respectée et le médiéviste reconnaît aussi la structure commune aux noms propres celtes présents dans le roman arthurien: X ap X, c’est-à-dire “X fils de X,” mais puissance dix. Le néophyte entend la séquence “ap,” “ap” et peut la trouver drôle. Cette avalanche de “Renart ap Renart” crée un comique de répétition […] Le comique de répétition est un procédé narratif bien présent et quasi fondamental dans le Roman de Renart. En outre, par cette mention généalogique de Renart fils de Renart, Roubaud rappelle la tradition de réécriture de ce roman fortement réécrit et diffusé au Moyen Âge. Ce renvoi aux aïeuls du goupil évoque peut-être aussi l’arbre généalogique et ses branches, ramifications qui font écho aux différentes branches qui composent l’ensemble littéraire renardien. À travers cet exemple, on voit combien Roubaud reste fidèle à la tradition médiévale et lui rend hommage tout en jouant. Le ludisme roubaldien passe aussi par l’entrelacement des références littéraires. En effet, Roubaud ne se limite pas à un seul registre: il mélange fables et fabliaux avec la littérature courtoise et arthurienne. C’est ainsi que Renart, dans le Chevalier Silence, devient chevalier de la Table ronde à Kamaalot et franchit littéralement la barrière des espèces», ivi, p. 58.
  70. CS, pp. 94-96 («Amour», titolo del cap. 25, reca sempre la lettera maiuscola). Lorenzo Renzi, Le conseguenze di un bacio. L’episodio di Francesca nella Commedia di Dante, Bologna, Il Mulino, 2007.
  71. «Le personnage de Renart ne se réfère pas uniquement au célèbre goupil. Par son nom, il rend également hommage à Jean Renart qui, à l’époque du Roman de Renart, développe une écriture ludique en faisant la part belle à l’ironie, à la complicité avec le lecteur/auditeur et aux jeux de mots. Jean Renart dans ce contexte serait un peu comme l’ancêtre du romancier Roubaud. Le renvoi à cet auteur est clair, puisqu’un de ses romans s’intitule précisément L’Escoufle. D’ailleurs, à y regarder de près, Le Chevalier Silence emprunte beaucoup plus, en terme de réécriture, à L’Escoufle de Jean Renart, qu’au Roman de Silence d’Heldris de Cornouailles», L. Ding, Renart et les escoufles, cit., p. 59. L’Escoufle.
  72. Per l’episodio dei nibbi dal modello di Jean Renart, cfr. B. Franceschini, L’oulipien translateur, cit., pp. 264-265: «dans ce récit, un milan vient dérober au jeune Guillaume l’aumônière dans laquelle son amie, Aélis, lui a remis un anneau en gage de son amour. Poursuivant l’oiseau, il laisse à son sommeil sa bien-aimée qui, se réveillant seule, décide de partir à sa recherche. De retour, Guillaume constate l’absence d’Aélis et se met, lui aussi, en quête de son amie. Le vol de l’anneau ménage ainsi un quiproquo, chaque amant croyant à l’enlèvement de l’autre, qui permet de ménager un scénario de séparation bien connu des idylles romanesques».
  73. «“Ce volcan ne me plaît guère; je le trouve sournois. Pourquoi ne pas attendre au moins l’arrivée de Silence et de Houyymn?” Rien n’y fit. Walllwein voulait aller de l’avant. Il brûlait d’en découdre. Hennissant un soupir, elle le suivit.», CS, p. 115.
  74. «Lettre de l’auteur au hérisson. Mon cher hérisson, tu me remercies d’avoir pris la défense de ton peuple menacé par les automobilistes […] Le hérissonicide […] est, en effet, un véritable scandale et une honte pour notre pays», J. Roubaud, Les animaux de tout le monde, cit., pp. 69-78, citato da p. 69.
  75. «Montgibel atteste avec quelle érudition la matière arthurienne est travaillée, car c’est déjà le lieu de l’Autre monde où se trouve le château de Morgane dans un roman du XIIIe siècle, Floriant et Florete, et il est aussi connu pour être l’ancien nom de l’Etna. Ce volcan est une des entrées qui mène au monde morganien, c’est-à-dire à Avalon situé aux Antipodes.», L. Ding, La réécriture entrelacée, cit., p. 323. Eliana Creazzo, «En Sesile est un mons mout grans». La Sicilia medievale fra storia e immaginario letterario (XI-XIII sec.), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006.
  76. «L’ho amata, l’ho amata, disse l’eremita. Ho voluto perfino uccidere per lei. Ahimé, povero, miserabile, peccatore Accalon! disse ancora, affranto. Com’era bella! Come si può essere così bella e così cattiva?», CS, p. 119. C. Alvar, Dizionario del ciclo di re Artù, cit., p. 1. Questo personaggio secondario della saga arturiana ritorna in un’altra opera di Roubaud, in un ritratto non proprio edificante di cicisbeo di Morgana: «un jeune chevalier très bête, très vaniteux et ambitieux qui se nommait Accalon. Ce jeune chevalier stupide était tombé amoureux de Morgane et Morgane l’avait persuadé qu’elle n’était pas insensible à ses charmes», Jacques Roubaud, Le roi Arthur au temps des chevaliers et des enchanteurs, Paris, Hachette, 1983, p. 103.
  77. Richiama Voyage au centre de la Terre di Jules Verne.
  78. Gioia Zaganelli, L’oriente incognito medievale. Enciclopedie, romanzi di Alessandro, teratologie, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1997. «Le périple aux Antipodes est l’occasion de composer un véritable “livre des merveilles”, à la manière de celui, bien connu, de Marco Polo, à la différence essentielle que les lieux ici recensés sont bien souvent des lieux littéraires, des espaces déjà investis par une parole. S’il y a donc une topographie à dresser, elle reste avant tout d’ordre poétique: le devisement du monde, chez Jacques Roubaud, est toujours un devisement sur la bibliothèque», B. Franceschini, L’oulipien translateur, cit., p. 419. «L’autre monde est le lieu dans lequel les aventures de Walllwein et Silence prennent fin. Il est représenté essentiellement par les Antipodes, cet univers qui se situe sur la face inverse du disque terrestre. Effectivement, Roubaud joue sur la croyance médiévale d’une vision européocentrique du monde et de la platitude de la Terre. Cette question est abordée au travers des enseignements donnés à Walllwein et Silence par le narrateur Heldris, lequel explique que « la Terre était un disque, qui contenait un grand aimant », que «les deux côtés de la Terre devaient être semblables, et que les Antipodiens des gens comme nous [avaient] eux aussi les pieds solidement amarrés au sol» (CS p. 37). […] Parallèlement à une vision savante de l’autre monde s’ajoute un univers folklorique, dominé essentiellement par des éléments de l’étrange et de la merveille, qui corrobore la perception médiévale de l’inconnu. Les terres inexplorées deviennent des espaces de légende totalement imaginaires», L. Ding, La réécriture entrelacée, cit., p. 323.
  79. «Roubaud joue avec les références modernes du lecteur, car avant d’expliquer l’origine de cette population mi-humaine, mi-végétale, il la présente en tant qu’ “hommes verts” (CS p. 123), ce qui renvoie à un imaginaire propre au XXe siècle: celui de la science-fiction et des croyances de vie extra-terrestre.», L. Ding, La réécriture entrelacée, cit., p. 325.
  80. Patrizia Caraffi, Alessandro in Oriente: le fanciulle fiore (Roman d’Alexandre, III, vv.3286-3550), in Carlo Saccone (a cura di), Alessandro/Dhû l-Qarnayn in viaggio tra i due mari, «Quaderni di Studi Indo-Mediterranei» I, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2008, pp. 77-90, e Patrizia Caraffi, Tra terra e cielo. Le donne albero, gli alberi delle donne, in Diana Del Mastro e Angela Giallongo (a cura di), Symbolum.Terra, Mater, Materia, Parigi – Alberobello (Bari), L’Harmattan e AGA, 2021, pp. 141-161.
  81. «ils virent des hommes verts, moitié hommes, moitié arbres; une humanité à branches qui était née du mariage d’une de leurs reines, autrefois, avec un peuplier […] il y avait des filles porteuses de cerises, des filles roseaux, des garçons ombrageux à moitié hêtres, des vieillards chênes chenus […] Des poètes pins coulaient une résine de paroles métrifiées. Les boulangers étaient des arbres à pain», CS, p. 123.
  82. «Insomma, non è per dire, ma mi trovavo in piena Tessaglia, lo si sa, la cuna del mondo della magia, scenario della vicenda di Aristomene, quel compagno di viaggio tanto prezioso. Quanta suspence in quell’attesa, quant’avidità di conoscere ogni cosa di quella realtà che andavo perlustrando pieno di curiosità! Nulla di quello che vedevo in quella città mi sembrava come appariva, tutto mi sembrava una metamorfosi, frutto di scongiuri infernali. I ciottoli che urtavo? Uomini pietrificati! E gli uccellini di cui percepivo il canto? Uomini in manto di penne. Le chiome degli alberi intorno alle mura? La chioma di quelli che furono umani e persino le acque fontane mi sembravano scaturire da corpi d’uomo. Ormai ero a un passo dal cogliere statue ed immagini mettersi a marciare, le pareti avere bocche per parlare; già sento buoi e altro bestiame vaticinare; pioggia di oracoli dal cielo e dal sole radioso», Apuleio, Le Metamorfosi (testo latino a fronte); saggio introduttivo, nuova traduzione e note a cura di Monica Longobardi con una presentazione di Gian Biagio Conte, Santarcangelo di Romagna, Rusconi Libri SPA, 2019, II.1, p. 41.
  83. «Pour parvenir à sauver Walllwein prisonnier de la fée Morgane, Silence et Renart – nouveau compagnon d’aventure des personnages – doivent se rendre sur la face inverse de la Terre et se confronter à l’épreuve imposée par la Sphinge qui marque la frontière entre le Bout du Monde et les Antipodes. Cette étape est obligatoire, car, comme l’indique le narrateur, “il faut en passer par là pour aller de l’autre côté” (CS p. 128). […] Ce mythe d’origine antique a été retranscrit vers 1150 par un clerc anonyme dans le Roman de Thèbes. Ce roman constitue un autre hypotexte possible […] la Sphinge se trouve dans l’Autre Monde, à la limite du Bout de la Terre et des Antipodes. […] un environnement diabolique, comparable à l’Enfer, rappelé par la puanteur du «sang frais et des cadavres pourris » (CS p. 129). Ou encore, par l’évocation du pont étroit entre deux parois escarpées, ce paysage sublime peut renvoyer à une des nombreuses représentations picturales du pont du diable.», L. Ding, La réécriture entrelacée, cit., pp. 319-320.
  84. «le passage à l’autre face terrestre prend des airs de catabase. Après le mouvement d’élévation qui s’est produit au Bout du Monde, les Antipodes sont marqués par une descente: «L’eau franchit la passe et tombe, verticale, vers l’autre côté de la Terre» (CS p. 133). Les personnages y sont conduits à l’aide d’une embarcation. Comme l’indique le narrateur, «ce n’est pas vers l’Enfer que se dirige la barque» (CS p. 134). Cette précision semble indispensable, car il faut rappeler que le statut des Antipodes était ambigu dans l’imaginaire populaire médiéval. Selon Gabriella Moretti, dans un certain nombre de textes le déplacement vers l’autre hémisphère se fait au travers de routes souterraines, de cavernes ou de volcans, ce qui rappelle les chemins empruntés pour se diriger vers le monde des morts. Ainsi, les Antipodes et les Enfers sont étroitement liés par ces ténébreux parcours souterrains. D’autre part, le passage, qui marque la transition entre le Bout du Monde et les Antipodes, mobilise diverses références du thème de la descente aux Enfers. Premièrement, l’«eau laiteuse » (CS p. 133) de l’Océan du Bout du Monde renvoie aux fleuves infernaux, car cette coloration de l’eau traduit une stagnation aqueuse qui les caractérise traditionnellement. Deuxièmement, les références à Cerbère et Charon (CS p. 133) sont évidemment liées au monde souterrain mythologique», L. Ding, La réécriture entrelacée, cit., p. 328.
  85. «Cette fenêtre, là, cette charrette dans cette rue, ce coquelicot au bord de ce chemin, devant lesquels nous sommes en ce moment, représentent le Présent. Le grand château que nous allons croiser tout à l’heure est le Futur. Tous, quand nous les aurons dépassés, appartiendront au Passé. Jamais, jamais de ma barque on ne les reverra. La rivière où nous sommes, messeigneurs, est la rivière du Temps.», CS, p. 135.
  86. C. Alvar, Dizionario del ciclo di re Artù, cit., p. 9: «ANTIPODI. Regno di Bilis, che fin dall’epoca classica si suole identificare con il dominio dei Nani e con l’Aldilà; e infatti Bilis è un nano»; «NANI», ivi, pp. 232-234.
  87. Per Pwyll, signore dell’Aldilà, si veda C. Alvar, Dizionario del ciclo di re Artù, cit., pp. 252-253.
  88. Figura gallese di spicco che visse alla corte di Enrico II Plantageneta, autore di opere storico-geografiche, frutto di esplorazioni condotte per ragioni diplomatiche, al servizio dei sovrani. Una descrizione di Avalon quasi identica si trova in J. Roubaud, Le roi Arthur, cit.: «Les garrigues fournissent des cigales, des grillons, des herbes parfumées. Et les fontaines!», p. 117.
  89. Le fate “morganiane” attirano l’eletto nel loro altrove, dove tentano di trattenerlo, per cui si veda Laurence Harf-Lancner, Morgana e Melusina. La nascita delle fate nel Medioevo, Torino, G. Einaudi, 1989.
  90. «Lewis propose la thèse de l’existence de mondes alternatifs qui seraient du même genre que le nôtre, peuplés éventuellement d’individus et d’objets ressemblant plus ou moins à notre monde. Cette théorie apparaît de manière constante dans l’œuvre de Roubaud, il y consacre même un recueil de poèmes intitulé La pluralité des mondes de Lewis. Dans Le Chevalier Silence, la pluralité des mondes est d’une part insérée dans la diégèse elle-même: les Antipodes sont de manière explicite un autre monde où, si l’on se réfère à l’hypothèse d’Isidore de Séville, “à chaque être humain […] correspond un Antipodien” (CS p. 36) qui serait ainsi un “worldmate”, pour citer Lewis.», L. Ding, La réécriture entrelacée, cit., pp. 330-331.
  91. «Là encore, en faisant de cette fée un être de luxure, Roubaud reprend l’image de Morgane qui se construit dans le Lancelot en prose. Dans ce roman, elle devient une sorcière maléfique et luxurieuse, ennemie de l’amour courtois; elle apparaît comme une tentatrice. Néanmoins, Amour finit par triompher, puisque Walllwein ne succombe pas. Il passe aisément l’épreuve de chasteté, à l’image de Lancelot», ivi, p. 330.
  92. «Kircher e altri immaginano invece che nel centro del canale del Maelström, ci sia un abisso che entra nel globo terrestre per uscire in qualche altra lontanissima regione», Edgar Allan Poe, Tutti i racconti del mistero, dell’incubo e del terrore, Roma, Newton Compton, 2014, pp. 435-450, citato da p. 439. Il mito di questo scrittore fu diffuso in Francia da Baudelaire, per cui si veda Edgar Poe, Histoires extraordinaires, traduction de Charles Baudelaire, Paris, Michel Lévy frères, 1856 (Une descente dans le Maelstrom, pp. 221-244).
  93. «Un jour enfin une troupe d’albatros géants vint se poser sur le pont du navire. Ils faisaient une dernière escale avant de s’envoler, comme chaque année à cette époque, rejoindre l’autre côté de la Terre par la voie des airs», CS, p. 144.
  94. « J’ai su par lui l’horrible tragédie que fut la fin du royaume de Logres, le triomphe du roi Marc, la mort de Gauvain, de Lancelot, de tant de bons chevaliers, la fin de la Table Ronde, la mort enfin du roi Arthur (si Morgane ne l’a pas emmené en Avalon)», CS, p. 147.
  95. «Je n’arrive pas à croire qu’elle est morte alors qu’elle s’est noyée dans le Tourbillon, ou qu’elle en a été rejetée et a été ainsi condamnée à demeurer dans les Antipodes. Je suis, au fond de moi-même, persuadé qu’elle a réussi, qu’elle a accompli avec honneur son destin chevaleresque, et que seules des circonstances indépendantes de sa volonté l’ont empêchée de nous rejoindre», CS, p. 147.
  96. S. Chevallier, Le Chevalier Silence, cit., p. 151.
  97. Ivi, p. 152.

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