Bibliomanie

Di biblioteche multimediali, romanzi-mondo e teorie sociologiche
di , numero 52, dicembre 2021, Note e Riflessioni, DOI

Di biblioteche multimediali, romanzi-mondo e teorie sociologiche
Come citare questo articolo:
Andrea Pitasi, Di biblioteche multimediali, romanzi-mondo e teorie sociologiche, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 52, no. 20, dicembre 2021, doi:10.48276/issn.2280-8833.9720

I. Prologo
Questo saggio tratta all’apparenza alcuni argomenti tra loro distanti avvicinandoli sempre più fino a intrecciarli in una trama epistemologica ed euristica al centro della quale vi è il romanzo come viatico per costruire solide e potenti teorie sociologiche e vi è la biblioteca, privata e oggi inevitabilmente multimediale, dello studioso di scienze politiche e sociali, che costituisce per così dire il DNA di quella teoria sociologica. Se è intuibile che grandi romanzieri e grandi sociologi hanno spesso, più o meno consapevolmente o casualmente, portato avanti concetti, idee e tematiche comuni o almeno simili (Freud-Schnitzler, Kafka-Luhmann, Svevo e Pirandello-Goffman, ecc.)1, la posta in gioco di questo saggio non è porre in luce questa piuttosto evidente intuizione quanto fare un passo avanti su ciò che accomuna la costruzione di un romanzo (ma non di ogni tipo di romanzo, segnatamente il tipo di romanzo che meglio offre questa opportunità è il romanzo-mondo) e la costruzione di (quasi) ogni teoria sociologica. Come si vedrà, il contributo di Umberto Eco al riguardo è stato enorme anche se Eco e la sociologia non sempre si sono trovati, probabilmente perché a volte questa diventa agorafobica e si rinchiude da sé negli angusti spazi del dato statistico in merito al quale Eco non lesinava argute e icastiche barzellette. Si proceda per gradi con un passaggio molto sottile di un raffinato sociologo

«[…] il romanzo non è un genere agile, alato. Tutti i grandi romanzi che attualmente godono della nostra stima sono libri un po’ pesanti da un certo punto di vista e ciò costituisce un segnale indicativo, da non sottovalutare […] il romanziere deve mobilitarsi per trascinare un enorme equipaggiamento come fanno i circhi viaggianti e i popoli nomadi. Egli si porta con sé tutta l’attrezzatura di un mondo.»2

José Ortega y Gasset muore quando Eco è appena ventitreenne eppure in questa citazione ammicca, sorridendo, Il nome della rosa3, senza timore di sovrainterpretazione4.

II. DARE ORDINE E SENSO AL MONDO
«[…] i romanzi bruciano i fatti come i motori carburante e i fatti possono derivare solo dall’esperienza personale del romanziere o dalle sue conoscenze acquisite»5. Che si tratti di romanzi o teorie sociologiche, la soggettività dell’osservatore è ineliminabile6, ma stream of consciousness/Bewegungsrömungen ce li si può concedere esclusivamente se si è Joyce, Schnitzler o Werfel, se no si rischia solo di annoiare il lettore. La soggettività del romanziere o del teorico è dunque ineliminabile ma ciò non significa dovervi cedere. Forme di oggettivazione intersoggettiva di tipo fenomenologico e addirittura forme processuali di organizzazione della conoscenza dalla più piccola sfera psico-sociale fino a quella macro, attraverso micro e meso7 sono un ottimo viatico per lasciare alla soggettività spazio adeguato senza che dilaghi e approdando a una unitas multiplex multilivellare che restituisce la cifra di quanta complessità il romanzo o la teoria riescano a gestire, echianamente sapendo che ogni studio fondato su conoscenza consapevole è una sfida per dare ordine e senso al mondo8. La sfida non è più, ormai da tempo, tra cultura alta e cultura bassa, categorie che Eco aveva già saggiamente sfumato quasi sessanta anni fa9, piuttosto sui livelli di complessità10 che una teoria sociologica o un romanzo mondo riescono a gestire con la propria sintassi e semantica al proprio interno in modo quasi simultaneo, un quasi squisitamente heisenberghiano. Ad esempio, i romanzi di Francis Scott Fitzgerald per il loro tempo erano narrativa di consumo, non certo alta letteratura, tuttavia Francis Scott Fitzgerald offre nei suoi romanzi la sfera psico-sociale, variamente trasfigurata, del suo rapporto sentimentale con Zelda, la sfera micro della Jazz Age con le sue feste e le sue angosce, la sfera meso di un capitalismo americano molto materialisticamente marxista11; egli non riesce invece a tracciare lo scenario macro e nessuno dei suoi protagonisti sembra anche lontanamente intuire il Wall Street Crash che avrebbe costituito l’epilogo dei Roaring Twenties. Tuttavia, cogliere tre livelli processuali di complessità su quattro non è poco per uno scrittore dalle tematiche all’apparenza così frivole ed effimere. Se Scott Fitzgerald avesse colto anche lo scenario macro, forse oggi lo si potrebbe annoverare tra i romanzieri-mondo tra i quali si possono collocare, oltre allo stesso Il nome della rosa di Eco, Jan Potocki con il suo Manoscritto trovato a Saragozza, Harry Mulisch con il suo La scoperta del cielo o Roberto Bolano con il suo 2666 e, soprattutto, Hermann Broch con la trilogia I Sonnambuli. Tutto questo mentre, in pieno Illuminismo, Alfonso van Worden si avventura entro una trama globale con una cospirazione islamica.

III. IL ROMANZO COME ORDINE DEL MONDO
Della stessa cittadinanza di Scott Fitzgerald e nato a Chicago due anni dopo la scomparsa dell’autore de Il Grande Gatsby, Michael Crichton è un romanziere-mondo affatto particolare. I suoi romanzi, infatti, non solo riescono spesso a gestire trame di pura fiction sui quattro livelli processuali della complessità, essi bensì riescono a veicolare contenuti di alta divulgazione scientifica con riferimento a teorie, dati, schemi e modelli quasi sempre riguardanti sfide epocali, argomentate attraverso apparati di note e bibliografia e da un breve saggio ad apertura o a chiusura del romanzo12. Questo tipo di romanzo-mondo è anche high concept ovvero – come anzidetto – abbina una trama di fiction di solito molto appealing, un respiro da impatto globale di sfide epocali e contenuti scientifici formalizzati dalle tipiche procedure di notazione bibliografica di un saggio. Crichton spiega questo suo modo di essere romanziere in alcuni suoi godibilissimi libri non fictional, in primo luogo Viaggi13. La convergenza tra romanzo mondo e high concept risulta particolarmente strategica per inserire un passaggio importante: l’orientamento autentico del romanziere è quello di un ricercatore, in senso ampio con il suo spirito nomade e il suo enorme equipaggiamento. Crichton, più o meno consapevolmente, è in tal senso più echiano di Eco nel (cercare di) dare ordine e senso al mondo.

IV. LA TEORIA SOCIOLOGICA COME ORDINE DEL MONDO Quattro grandi categorie sono alla base delle teorizzazioni sociologiche di più ampio respiro: astrazione, empatia, senso e simbolo14 ai quali si aggiunge il segno/segnale15 che per i semiotici è concetto ancor più decisivo che per i sociologi. Queste quattro categorie s’intersecano con i quattro livelli di complessità anzidetti grosso modo come segue nei due schemi qui sotto:

Non ci si addentrerà nelle discussioni analitiche delle singole caselle, discussioni che sarebbero da introduzione alla teoria sociologica ma in questa sede ciò che sembra più rilevante è che senso, simbolo (e segno), astrazione ed empatia accomunano il sociologo e il romanziere-mondo in quel processo operativo di costruzione dell’osservazione di cui la fotografia ha da sempre offerto la miglior metafora.
Un sociologo o un romanziere-mondo che non sapessero fotografare farebbero molta più fatica a costruire concettualmente il senso attraverso segnali e simboli, infatti “la fotografia è il processo attraverso cui l’osservazione diventa consapevole di sé […] in ogni atto di osservazione c’è un’aspettativa di senso”16. Riproponendo il medesimo concetto in chiave più tecnico-operativa:

«La natura non crea immagini e nemmeno le crea lo svolgersi degli avvenimenti: nessuna scena o avvenimento può perciò considerare un’immagine stabile duratura, sino a quando non sia stata imposta una dimensione temporale e fisica al naturale svolgimento della vita. Questo è proprio quanto realizza un fotografo quando inquadra un soggetto con la sua macchina fotografica [… ] una scena naturale diventa fotografia solo quando viene inserita all’interno d una inquadratura, che può imporre un ordine visivo al consueto , disordinato svolgersi degli avvenimenti. L’introduzione di un‘inquadratura è ciò che trasforma una scena o un avvenimento in una fotografia, ma solo nel momento in cui tutto l’insieme all’interno della fotografia stessa si riferisce all’inquadratura.»17

Anche per questo, tanto la biblioteca del sociologo quanto quella del romanziere-mondo sono del tutto multimediali. Il già citato Ardigò lo aveva ben argomentato anche se qui è bene ricordare che un‘immagine fotografica di successo sia per il sociologo sia per il romanziere-mondo sistematizza i quattro livelli della complessità conciliando empatia e astrazione artificiale così dunque:

«Con l’empatia, che ha bisogno, per entrare nella sociologia anche con riscontri empirici, di nuove metodiche (la visual sociology? Nuovi sviluppi etnometodologici?) e non solo di appropriate analogie sociologiche, entra nell’orizzonte concettuale la possibilità di un cominciamento di vita di relazione né eterodiretto per via socio-sistemica né eterodiretto per via di tradizione reinterpretata […]. Per buona sorte dei sociologi aperti alla sperimentazione, l’uso di metodiche e di nuovi strumenti di coglimento anche computazionale di immagini e suoni (che registrano nel loro svolgersi i singoli momenti dialogico-comunicativi, con tutta la loro ricchezza e complessità di vissuti interattivi) rende accessibili, al sociologo che si aggiorna, nuove metodiche e nuovi controlli empirici. Non a caso, questo cammino metodologico pionieristico, detto di visual sociology, si affianca alle metodiche dei gruppi di discussione. È il riconoscimento che la nuova epistemologia (volta a comprendere il processo creativo-adattivo, se e quando si determina, di una data oggettivazione intersoggettiva) sta trovando i suoi innovatori anche a livello operativo […]. Anche il richiamo che faccio agli studi empirici di Erving Goffman va in tale direzione: in particolare è rivolto a utilizzare e ad approfondire, con l’indagine sul campo, la ricchezza di tipologie introdotte dal nostro Autore, concernenti “gesti del corpo”, “glosse del corpo”, “segni-di-legame” e altre “esternazioni” empiricamente accertabili. Nel guidare un’auto o nel camminare in città, nello stare insieme con altri in luogo pubblico o nel rivendicare i propri spazi territoriali di privacy, o in altri rituali interpersonali, sempre in spazi e situazioni sociali considerate etologicamente, ciascuno di noi «usa intenzionalmente tutte le espressioni gestuali per rendere comprensibili elementi della sua situazione». È anche dell’accertamento di tali espressioni gestuali che il sociologo può e deve servirsi per corroborare le sue comprensioni. Di qui l’interesse alla diffusione e alla perfezione metodologica in particolare della visual sociology. […] Occorre però essere in grado di rendere l’autonomo linguaggio e i criteri della validazione metodologico-tecnica (su dati di osservazione e di spiegazione causale) interfacciabili e compatibili con il linguaggio e i criteri dei costrutti teorici. Ad esempio, il processo empatico di A verso B, in un dato tempo e luogo, se traducibile in descrizione veridica attraverso intervista più o meno in profondità all’empatizzante, può esse-re validato come fenomeno non meramente analogico (ma acquisitivo di novità esterne) col ricorso a varie metodiche e tecniche. Poniamo che chi conduce la ricerca abbia dovizia di tecniche applicabili, alcune socio-psicologiche, altre di etnometodologia, o di visual sociology. altre ancora neurologiche col ricorso a controlli fisici cerebrali. In tal caso, si può ritenere che le metodologie e tecniche più autonome e in-dipendenti dalla teoria (steiniana) siano le ultime, quelle neurobiologi-che. Ma le stesse saranno, poi, davvero interfacciabili e omologabili sul versante della teoria?»18

Gli incipit di grandi romanzi sono sovente simbolizzazioni fotografiche e le fotografie sono altrettanto spesso stargates per teorie sociologiche. Simboli di un romanzo possono essere anche semplicemente cosce, natiche e seni:

«Se un uomo (o un’epoca) vede il centro della seduzione femminile nelle cosce, come descrivere e definire le peculiarità di tale orientamento erotico? […] La lunghezza delle cosce è l’immagine metaforica del cammino lungo e affascinante (per questo le cosce debbono essere lunghe) che conduce alla realizzazione erotica. Se un uomo (o un’epoca) vede il centro della seduzione femminile nelle natiche, come descrivere e definire le peculiarità di tale orientamento erotico? […] Il cammino più breve verso il traguardo; traguardo tanto più eccitante perché duplice […] Se un uomo (o un’epoca) vede il centro della seduzione femminile nel seno, come descrivere e definire le peculiarità di tale orientamento erotico? […] Santificazione della donna […] ma come definire l’erotismo di un uomo (o di un‘epoca ) che vede la seduzione femminile concentrata al centro del corpo, nell’ombelico?»19

Di converso, da una fotografia può avviarsi una teoria sociologica della globalizzazione, della homeless mind, anche solo attraverso la sintassi e la semantica iconica di una testa di manichino dentro una valigia o una teoria sociologica di connessione tra eventi micro abitudinari come un pasto conviviali e lo scenario globale di cambiamenti planetari dominati dal tempo in fuga2020. Quando si vuol fare ricerca sul serio e avviare studi che permettano alla conoscenza di dare senso e ordine al mondo semiotica e sociologia sono due facce della stessa medaglia.

V. LA BIBLIOTECA COME ORDINE DEL MONDO
Scriveva argutamente il compianto Ezio Raimondi: «solenne e domestica, la biblioteca sta a metà tra un tempio e una cucina.»21
Lo si è premesso si dall’apertura di questo saggio. Qui s’intende una biblioteca privata – e dunque non soggetta alle normative e agli standard del pubblico – e una biblioteca multimediale che possa certamente avere anche profondità temporale senza tuttavia diventare un anacronistico monumento all’obsolescenza, sia in termini contenutistici, sia in termini tecnologico-organizzativi là dove tutto ciò che vi è di prezioso è presente sul più ampio numero di supporti possibili. Si può a questo punto aggiungere un terzo tassello: è la biblioteca di un romanziere mondo e di uno studioso di fenomeni sociali (poco importa qui se un sociologo, un politologo, un semiologo, un economista, uno storico, ecc.) ciò che conta è che la biblioteca ospita le opere di quel romanziere-studioso che sono scaturite anche dalle letture fatte da quel romanziere-studioso nella propria biblioteca e tali letture sono a loro volta scaturite da come il romanziere-studioso ha costruito e organizzato la propria biblioteca che si rivela in tal senso un’apoteosi dell’autopoiesis.
Tale biblioteca prima che, oltre che una custode della memoria è un luogo ove quotidianamente si riorganizza il presente e si inventa il futuro, per dirla con il compianto Ezio Raimondi «la memoria non è solo rivolta al passato ma è anche orientata, tra le nebbie le complicanze del possibile, a un decoroso futuro»22.
Si tratta di una biblioteca multimediale, privata di un romanziere-mondo che è anche studioso di fenomeni sociali per il quale la biblioteca è anche una cucina dove creare nuove prelibatezze. In biblioteca egli è tanto bibliofilo quanto lettore, collezionista ma anche selettivo nel mandare al macero quei volumetti economici/tascabili spesso oramai a pezzi dopo essere stati più volte letti e annotati ormai del tutto obsoleti a livello editoriale. Se ancora interessanti per il contenuto lo studioso se ne procurerà una versione digitale, se no li consegnerà all’oblio. La biblioteca è organizzata per progetti del romanziere-studioso pertanto i suoi scaffali sono piuttosto mobili, le opere acquisite come lettore si ricombinano con una certa rapidità e grosso modo ogni due anni tutti gli scaffali hanno cambiato configurazione tematica e visiva ad eccezione di quelli da bibliofilo-collezionista, ovvero lo scaffale delle prime edizioni, quello delle edizioni rare a tiratura limitata certificata, quello dei volumi ricevuti in omaggio con dedica e autografo e ovviamente gli scaffali delle opere realizzate dal romanziere-studioso stesso. Questi scaffali possono, per così dire, allungarsi ma si sviluppano con relativa linearità logica mentre gli scaffali dei progetti sono soggetti a ben più turbolente, caotiche e non lineari dinamiche creative. Una biblioteca organizzata per progetti, inoltre, possiede una radicale potenza epistemologica ed euristica: rende evidente l’intrinseca connessione della conoscenza globale.
Certo, non vi è essere umano che possa possederla e dominarla tutta e anche l’organizzazione sociale del lavoro intellettuale richiede divisione di carattere operativo o a volte meramente burocratico ma guai a ritenere che i limiti del cervello e del tempo umano e le sue forme organizzative operative siano il segno di una conoscenza divisa, frammentata che abbisogna di trans/inter/multidisciplinarietà per essere unificata: essa invece è già unificata e la si può valorizzare come tale tanto più ci si rende conto della mera operatività di certe suddivisioni organizzative. Anche la biblioteca privata del più geloso proprietario probabilmente non solo bibliofilo ma pure bibliomane, non cessa mai di essere goccia dell’oceano immenso della biblioteca universale23.
Con buona pace del pragmatismo classificatorio di Dewey, ogni settorializzazione disciplinare in una biblioteca privata di uno studioso è un nonsense, infatti, ciò che Eco scriveva qualche anno fa sulla semiotica vale egualmente per la storia, la sociologia, l’antropologia, l’economia, la scienza politica, la psicologia ormai fusasi nelle neuroscienze, la matematica, la fisica quando vogliono spiegare fenomeni sociali come ad esempio i contagi. Saltata ogni autoreferenzialità tematico-oggettuale, le discipline formalizzate burocraticamente faticano sempre più a descrivere la propria autoreferenzialità epistemologica, teoretica o paradigmatica, come scriveva saggiamente Eco; «molta della semiotica odierna sembra essersi prefissa il compito di sancire la fine del proprio oggetto»24. S‘immagini un volume dal titolo Studio su simboli e comportamenti organizzativi in uno scenario pandemico e dal titolo si evinca se trattasi di antropologia, criminologia, economia, epidemiologia, politologia, semiotica, sociologia etc.

VI. BIBLIOTECA, ROMANZO E TEORIA
Si avvicina la chiusura del saggio e dunque sistematizzarne per quanto possibile alcuni passaggi strategici sembra opportuno:
1. I romanzi-mondo, sovente high concept, sono la forma evolutiva più sofisticata attraverso la quale la letteratura può – per ampiezza e profondità, densità e varietà – gestire livelli processuali di complessità inimmaginabili attraverso alte forme letterarie.
2. Tali romanzi-mondo-high-concept sono echianamente modelli di costruzione di osservazioni che mettono ordine e senso nel mondo come prolegomeni di ancor più sofisticati modelli teoretici (semiotici sociologici, politologici, ecc.).
3. Teorie formalizzate della conoscenza della società umana e romanzi-mondo s‘incontrano sui banconi e sui tavoli della medesima cucina: la biblioteca del romanziere-mondo che è studioso di fenomeni sociali globali ed epocali, attento cioè alle differenze che fanno la differenza.
4. Tale biblioteca è:
4.1 Privata, nondimeno goccia dell’oceanica biblioteca universale planetaria.
4.2 Multimediale, analogica digitale, in cui le immagini costituiscono un patrimonio simbolico, segnico e memetico, potenzialmente ricombinantesi all’infinito.
4.3 Tempio e cucina al tempo stesso.
4.4 Autopoietica con scaffali strutturali di tipo lineare e scaffali funzionali, caotici e turbolenti.
4.5 Autopoietica e generativa perché crea anche volumi che prima non esistevano.
Se l’orientamento, la vocazione, di questo romanziere-studioso-bibliotecario è autentico, la sua vita quotidiana sarà un entusiasmante gioco di ruoli in cui l’empatia risulterà strategica. Egli, infatti, sarà:
1. Lettore che dovrà valutare se un autore vale il proprio tempo, il proprio denaro e la propria energia.
2. Lettore che dovrà valutare i cataloghi degli editori per comprendere se quel catalogo ha un senso armonico, un progetto intellettuale o se è solo uno specchietto per allodole commerciali.
3. Come lettore dovrà egualmente soppesare gli scaffali – poca importa se fisici o virtuali – delle librerie e il relativo personale – anche qui poco importa se in presenza virtuale o fisica – per valutare e le sue richieste sono seguite da un libraio o da un commesso che, indifferentemente, oggi vende libri domani potrebbe vendere qualsiasi altra cosa.
4. Come autore dovrà confrontarsi con propri possibili ed effettivi editori e valutare se cercare un editore con il quale avviare un rapporto, diciamo, per la vita o se di progetto in progetto scegliere ad hoc l’editore che sembra più consono.
5. Come autore dovrà co-gestire quelle reti fisiche e virtuali di websites, webzines, magazines, associazioni clubs, radio, tv, ecc., che contribuiscono o perlomeno potrebbero contribuire alla diffusione delle sue opere.
6. Come autore dovrà gestire rapporti astratti e concreti con il lettore, prima ancora che con i lettori. Da quando si comincia a scrivere un libro, il lettore astratto si aggirerà per la casa dello scrittore sussurrandogli ripetutamente all’orecchio “a chi ti stai rivolgendo?”.
7. Come bibliomane, bibliotecario e collezionista, tre ruoli che si sovrappongono solo in minima parte ma una parte decisiva per chi crea e gestisce la propria biblioteca privata, avrà appreso un’importante lezione dagli editori: «l’editore sbircia con un occhio lo scrittore e con l’altro il pubblico. Ma il terzo occhio, quello della saggezza, è costantemente fisso al portafoglio»25 che egli trasforma e adatta a sé guardando con un occhio alle proprietà intrinseche del volume27.
Se si scavasse ancora, probabilmente il gioco di ruoli si amplierebbe ancora di più ma ben si conosce dove conduce la vertigine della lista. Anche per questo il romanziere-mondo e bibliotecario è anche sociologo oppure politologo o comunque esperto di scienze sociali. Esse possiedono le competenze per gestire un siffatto, incessante, gioco di ruoli. In cui «oggi non diventiamo solo viaggiatori cosmopoliti del pianeta, ma anche viaggiatori del tempo»28 come ben sa chiunque crei e gestisca una biblioteca privata e infatti «chiederci che cosa ci possiamo aspettare dal futuro è una domanda importante perché i nostri atteggiamenti contribuiscono sempre più a modellare il mondo»29. Per fare questo, tuttavia, ci sono inganni e autoinganni da smascherare. Testi di ogni tipo da decifrare, trappole ermeneutiche da evitare, trompe-l’oeil da prendere come tali senza darvi importanza perché «la verità prima che faccia a faccia, si manifesta a tratti (ahi, quanto illeggibili) nell’errore del mondo, così che dobbiamo compitarne i fedeli segnacoli anche là dove ci appaiono oscuri e quasi intessuti di una volontà del tutto intesa al male»30. Anche biblioteche e cataloghi, come bene mostra Guglielmo di Baskerville sulle orme di un assassino il cui volto si sarebbe rivelato quello di Jorge da Burgos il cui movente era l’occultamento di un libro, possono creare inganni e trucchi deformanti infatti «se una biblioteca è lo specchio dell’universo, allora un catalogo è lo specchio di quello specchio»31. Il romanziere-studioso la cui biblioteca è costruita per progetti, ha ben chiari i propri obiettivi e predilige per così dire, fare voli transoceanici anziché percorrere oscuri e soffocanti cunicoli dopotutto: «importa soltanto sapere quello che si vuole, saper farlo e farlo»32.

VII. EPILOGO: LA GRANDE NARRAZIONE
In conclusione di questo saggio, non sarebbe opportuno aprire un altro tema e non lo si farà, si farà rapidamente riferimento al dibattito sul postmoderno che ha avuto varianti sia letterarie, sia sociologiche33 con l’esclusiva finalità di chiarire l’importanza strategica di questo romanziere-mondo, teorico delle scienze politiche e sociali, bibliotecario, bibliofilo e collezionista. Il ricchissimo e vastissimo dibattito sul postmoderno non è di questa sede34, di quello Zeitgeist sembra interessante un errore prospettico alimentato forse dalla caduta del muro di Berlino nel 1989, in piena postmodernità: era convinzione diffusa al tempo che sarebbero finite le grandi narrazioni, tra cui la storia. Così non è stato. Il romanziere mondo, teorico e bibliotecario costruendo trame mondo magari pure high concept in cui psicosociale, micro, meso e macro s’intrecciano indissolubilmente e in cui anche ogni minimo gesto soggettivo è un tassello di un mosaico planetario fatto di sfide globali ed epocali, l’idea della fine delle grandi narrazioni può solo portare il riso sulle labbra delle menti più brillanti, quello stesso riso che Jorge da Burgos aborriva così come lo aborrono oggi i signorotti neofeudali della political correctness e dalla doppia morale, sempre più dispotici e impotenti, sepolti vivi nei loro microcosmi mente il romanzo-mondo dell’intera umanità incede incurante senza chieder loro né permesso né perdono e il romanziere-mondo costruisce quell’operazione di osservazione che permette a chi abbia curiosità e ambizione intellettuale e sociale di vedere il tutto interconnesso con tutta la neutralità morale di chi sa unire astrazione ed empatia.

Note

  1. Andrea Pitasi, Un seimiliardesimo di umanità, Milano, Guerini & Associati, 2008.
  2. José Ortega y Gasset, Sul romanzo, Milano, SugarCo, 1994, p. 79.
  3. Umberto Eco, Il nome della rosa, Milano, Bompiani, 1980.
  4. Umberto Eco, I limiti dell’interpretazione, Milano, Bompiani, 1990.
  5. David Lodge, Il mestiere di scrivere, Roma, Fazi Editore, 1998, p. 40.
  6. Cfr. Heinz von Foerster, Sistemi che osservano, Roma, Astrolabio, 1987; Achille Ardigò, Per una sociologia oltre il postmoderno, Milano, FrancoAngeli, 2020.
  7. Norbert Elias, Il processo di civilizzazione, Bologna, Il Mulino 1987; Norbert Elias, Teoria dei simboli, Bologna, Il Mulino, 1998.
  8. Anna Maria Lorusso (a cura), La filosofia di Umberto Eco, Milano, La nave di Teseo, 2021, pp. XII-XIII.
  9. Umberto Eco, Apocalittici e integrati, Milano, Bompiani, 1964.
  10. Niklas Luhmann, Sistemi sociali, Bologna, Il Mulino, 1990.
  11. Andrea Pitasi, Ivo Stefano Germano, Il ping pong come lotta di classe. La sociologia latente di Francis Scott Fitzgerald, in Emilia Ferone (a cura), Segni dei Tempi. La costruzione delle regole in un mondo globale ed intangibile, Bologna, Esculapio 2017, pp. 93-117.
  12. Un esempio per tutti: Michael Crichton, Stato di paura, Milano, Garzanti.
  13. Michael Crichton, Viaggi, Milano, TEA Libri, 2000.
  14. Achille Ardigò, op cit, 2020.
  15. Giuliano Piazzi, Teoria dell’azione complessità, FrancoAngeli, Milano, 1984.
  16. John Berger, Capire una fotografia, Milano, Contrasto Editore 2016, p. 35 e p. 114.
  17. Alfred A. Blaker, Fotografia, Arte e Tecnica, Bologna, Zanichelli, 1985, pp. 411-416.
  18. Achille Ardigò, op cit., 2020, pp. 49, 93-100.
  19. Milan Kundera, La festa dell’insignificanza, Milano, Adelphi, 2013, pp. 13-14. Ancorché uscito in italiano, tale edizione è la prima edizione originale. Un omaggio di un romanziere-mondo come Kundera ai suoi lettori italianofoni.
  20. Ezio Raimondi, Le voci dei libri, Bologna, Il Mulino, 2012, p. 19.
  21. Ivi, p. 98.
  22. Umberto Eco, La memoria vegetale e altri scritti di bibliofilia, Milano, Bompiani, 2011, pp. 31-41.
  23. Umberto Eco, Semiotica e filosofia del linguaggio, Torino, Einaudi, 1984, p. 4.
  24. Siegfried Unseld, L’autore e il suo editore, Milano, Adelphi, 1988, p. 6.
  25. [Cfr. ad esempio gli ottimi: Edoardo Barbieri, Guida al libro antico, Firenze, Le Monnier, 2006; Daniele Baroni, Un oggetto chiamato libro, Milano, Edizioni Sylveste Bonnard, 2009; Hans Tuzzi, Collezionare libri, Edizioni Sylveste Bonnard, 2007./efn_note], con l’altro se gli può essere utile come libro da lavoro e con il terzo occhio quale mercato potrebbe avere qualora un giorno volesse cederlo – dai club di collezionisti alle aste online. Egli inoltre avrà tra i propri collaboratori di fiducia tanto un ipertecnologico social media manager abile anche come webmarketer quanto un artigianalissimo legatore che sarà prezioso tanto nei restauri quanto nel creare edizioni limitate – di ottanta copie – numerate, certificate ed autografate dall’autore.
    8. Come studioso dovrà gestire tutte quelle procedure normative, protocolli ecco che permettano alle sue opere un adeguato status scientifico- accademico.
    Tutto ciò mentre il fantasma del lettore continua a sussurrargli il monito di Kundera «fra romanziere lettore i patti debbono essere chiari fin dall’inizio»26Milan Kundera, I testamenti traditi, Milano, Adelphi, 2000, p. 14.
  26. Alberto Melucci, Passaggio d’epoca, Milano Feltrinelli, 1995, p. 12
  27. Umberto Eco, Il nome della rosa, cit., 1980, p. 19.
  28. Umberto Eco, Il nome della rosa, cit., 1980, p. 19.
  29. Alberto Manguel, La biblioteca di notte, Milano, Archinto, 2007, pp. 49-50.
  30. Andreas Feininger, Fotografia totale, Milano, Garzanti, 1983, p. 40.
  31. Cfr. Fredric Jameson, Postmodernismo ovvero la logica culturale del tardo capitalismo, Roma, Fazi, 2007 (ed. orig. 1991) e il già citato Ardigò, 2020.
  32. Cfr. Andrea Pitasi, 2020: siamo usciti dal Postmoderno? in Achille Ardigò, cit, 2020.

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