Bibliomanie

Aria di Genova (G8 2001)
di , numero 51, giugno 2021, Note e Riflessioni, DOI

Aria di Genova (G8 2001)
Come citare questo articolo:
Ilaria Bracaglia, Aria di Genova (G8 2001), «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 51, no. 14, giugno 2021, doi:10.48276/issn.2280-8833.5971

Capita di imbattersi in quei vasetti con su scritto aria di Napoli o di un’altra città che si voglia: un’impalpabile attrazione turistica, ma anche un’astuzia tattica1 attraverso cui l’invisibilità entra nella storia2. L’aria di Genova è un insieme di voci, rumori, canzoni che continuano a raccontare ininterrottamente il G8 del luglio 2001: le contestazioni e i percorsi di creatività politica tramite cui sono stati immaginati altri mondi possibili, ma anche le violenze e i lutti del movimento dei movimenti.
Per ascoltare questi suoni è necessaria una cornice di riferimento, nonostante la difficoltà di restituire adeguatamente la complessità degli eventi3 in uno spazio ristretto.

1 Cenni storici

Nel corso degli anni ’90 prende corpo il movimento altermondialista, indicato anche come movimento dei movimenti perché costituito da molte anime diverse unite dall’obiettivo comune di reclamare e proporre un “altro mondo possibile” in alternativa a quello lanciato verso il processo di globalizzazione neoliberista. Tra il 1999 e il 2001 i cosiddetti “no global” attraversano molte tappe: manifestazioni, festival e controvertici internazionali; redazione di propri manifesti politico-economici su scala locale e globale; elaborazione di reti di contro-informazione telematica come l’Indipendent Media Center più noto come Indymedia.
Nel luglio 2001 la protesta altermondialista confluisce a Genova per contestare il summit G8, il vertice dei capi di Stato degli otto paesi più industrializzati al mondo. Si ergono grate metalliche e container a blindare un’invalicabile zona rossa, viene sospesa l’area Schengen di libera circolazione attraverso le frontiere dei paesi membri della Comunità Europea. Le forze di ordine pubblico ricevono in dotazione manganelli tonfa, gas CS (vietato in guerra dalla Convenzione di Ginevra) e documenti informativi relativi ad una esasperata pericolosità sociale dei manifestanti.
Il 19 luglio 2001 le proteste nei confronti del summit ligure si aprono con un corteo dedicato al diritto allo spostamento e ai fenomeni migratori: «people before profits» lo slogan che ben riassume la denuncia della discrepanza tra profitti e diritti, tra merci e esseri umani.
Ore 8:00 di venerdì 20 luglio: un piccolo gruppo di persone viene portato nella caserma Nino Bixio di Genova Bolzaneto per il solo motivo di trovarsi in prossimità di un centro sociale.

«Quando noi arriviamo a Genova […] alle sei e mezza di mattina col treno, ehm… stazione Brignole mi pare… scendiamo dal treno e prendiamo un autobus, un autobus che ci porta davanti a un centro sociale dove avevamo appuntamento con degli amici del gruppo di mio fratello. Questo centro sociale si chiama Immensa mi pare […] La polizia ci ha visto da lontano […] c’hanno fatto dei cenni di… di avvicinarci a loro e noi non capivamo […] «Salite sul blindato che vi portiamo da ‘na parte» […] c’hanno insultato e c’hanno fatto salire a forza su quei blindati […] è stata veramente una sorpresa, ma anche un modo di fare che c’ha atterrito, nel senso che non potevamo pensare […] che insomma potessimo trovarci in una dimensione così. E poi ci hanno portato a Bolzaneto. […] ci hanno trattenuto quattro ore […] quindi noi dalle otto di mattina a mezzogiorno siamo stati a Bolzaneto in una cella.» (Intervista a Valerio Bevacqua, 17 marzo 2017).

A partire dalle ore 12:00 cominciano le attività delle piazze tematiche e dei cortei. Tra i più noti  si annovera quello dell’area disobbediente che si snoda lungo via Tolemaide, la cui aggressione da parte di un contingente di forze dell’ordine intorno alle ore 15:00 precede l’uccisione di Carlo Giuliani in piazza Gaetano Alimonda.
Sabato 21 luglio lungo Corso Italia si snoda un affollatissimo corteo spezzato a metà dall’intervento delle forze dell’ordine: le immagini dei manifestanti rincorsi sul lungomare e dell’adolescente con il volto tumefatto fanno il giro del mondo della controinformazione. Nel pomeriggio il Gruppo degli Otto conclude il summit; alcuni manifestanti si allontanano dalla città, altri rimangono nei luoghi messi a disposizione dal Comune di Genova, come il complesso scolastico Diaz Pertini Pascoli. Intorno alle 23:00 la Polizia effettua una perquisizione sulla base dell’articolo 41 del Tulps (Testo Unico per la Sicurezza) che svincola dall’autorizzazione della magistratura nel caso in cui ci sia il fondato sospetto di trovare armi.
L’operazione si risolve in un massacro e nella produzione di prove false come le due bottiglie molotov e l’accoltellamento dell’agente Nucera. Mark Covell e Melanie Jonasch arrivano in ospedale in coma e, come molte altre persone, riportarono danni fisici e psichici permanenti: “torture” è la parola che usano i giudici della Corte Europea per indicare i maltrattamenti, un termine recepito con un apposito reato dal codice penale italiano nel 2016 con una formula che di fatto mantiene l’Italia inadempiente.
Torture vengono perpetrate anche tra il 20 e il 23 luglio nella caserma Nino Bixio di Genova Bolzaneto adibita a carcere provvisorio, e presso altre caserme minori e carceri genovesi, come testimoniato da Paolo Fornaciari e da Enrica Bartesaghi rispettivamente nei volumi: Tre giorni di qualche anno fa e Genova: il posto sbagliato4.
I processi relativi a quanto accaduto nella caserma di Genova Bolzaneto e nella scuola Diaz Pertini hanno avuto esito, seppure parziale. Per le violenze avvenute nel corso delle manifestazioni (i cosiddetti fatti di strada) non è stato aperto alcun processo giudiziario, eccezion fatta per il procedimento nei confronti di Perugini responsabile del pestaggio subito dal manifestante tredicenne. Le torture verificatesi in caserme meno note di Bolzaneto non sono state oggetto di alcun fascicolo legale. Il processo ai venticinque manifestanti accusati di devastazione e saccheggio, o compartecipazione psichica nel medesimo reato, si è concluso con la conferma dei capi di imputazione per dieci di essi. Il processo relativo all’uccisione di Carlo Giuliani in piazza Alimonda è stato archiviato nel 2003 con la motivazione di legittimità dell’uso delle armi in ordine pubblico. La percezione diffusa tra le vittime è che, come ha detto Enrica Bartesaghi presidente del Comitato Verità e Giustizia per Genova: «Giustizia non sia stata fatta».

2 Voci

«La calunnia è un venticello, | Un’auretta assai gentile | Che insensibile, sottile, | Leggermente, dolcemente | Incomincia a sussurrar. | Piano piano, terra terra, | Sottovoce, sibilando, | Va scorrendo, va ronzando; | Nelle orecchie della gente | S’introduce destramente | E le teste ed i cervelli | Fa stordire e fa gonfiar. | Dalla bocca fuori uscendo | Lo schiamazzo va crescendo | Prende forza a poco a poco, | Vola già di loco in loco; | Sembra il tuono, la tempesta | Che nel sen della foresta | Va fischiando, brontolando | E ti fa d’orror gelar. | Alla fin trabocca e scoppia, | Si propaga, si raddoppia | E produce un’esplosione | Come un colpo di cannone, | Un tremuoto, un temporale, | Un tumulto generale, | Che fa l’aria rimbombar. | E il meschino calunniato, | Avvilito, calpestato, | Sotto il pubblico flagello | Per gran sorte ha crepar»5.

Così nell’opera Il barbiere di Siviglia è descritta la calunnia. Quando si tratta di maldicenze collettive e pubbliche si parla di fake news, mentre se ci si riferisce all’insieme di giudizi che gettano discredito sulla vittima di una violenza si ricorre all’espressione victim blaming. Le vittime del G8 di Genova si sono confrontate con tutte le sfumature di questa dinamica: calunnie relative alla propria vita privata, false verità diffuse da chi aveva la responsabilità istituzionale e ufficiale di mantenere un atteggiamento rigoroso, giudizi e accuse morali tese a legittimare la violenza come giusta punizione o ineluttabile conseguenza del proprio comportamento6. In quest’atmosfera si sono svolti fondamentali processi giuridici che abbracciano un contesto ampio europeo e globale.
Nel linguaggio comune si ricorre all’espressione “voci” per indicare, tra gli altri, questo tipo di maldicenze. Eppure Michel De Certeau ne L’invenzione del quotidiano sostiene che proprio ai «rumors»7 spetterebbe il ruolo tattico di diffondere altre storie capaci di contrapporsi alle versioni egemoni e ufficiali.
I suoni hanno delineato gran parte della storia del summit di Genova, più di quanto non sembri. Se il G8 2001 è considerato come una battaglia di immagini, non è meno presente l’elemento acustico. Persino uno degli attimi più fotografati di quei giorni, l’uccisione di Carlo Giuliani in piazza Alimonda, è divulgato da segnali sonori: le esplosioni dei colpi di pistola e le urla dei manifestanti. Solo dopo l’occhio si accosta8.
Come le onde sonore, la violenza si propaga attorno e dopo di sé9. Eppure la reiterazione si può interrompere anche attraverso la riappropriazione acustica di uno spazio e di un tempo. Ritualizzare la violazione di un ritmo, di un ciclo vitale, rievocandone i rumori assordanti come nel caso del Supervideo Diaz di Mark Covell. O ancora restituire armonia al lutto10 come avviene ogni anno il 20 luglio in piazza Alimonda, «pardon in piazza Carlo Giuliani»11.
La ridefinizione anche acustica dei luoghi e delle memorie di traumi collettivi si inserisce in un processo di patrimonializzazione che si fa garante di una giustizia politica12 nel senso aristotelico: la condivisione della sofferenza e del lutto permettono di attribuire ad essi significato e dignità, seppure terribile, di esperienza13 con la garanzia che a prendersi cura di essa vi sia una collettività diffusa nel globo e nel tempo.

3 Genova in piazza: paesaggio sonoro di una memoria collettiva

«Tieni ben presente tutto quello che è stato fatto a livello di musica, che secondo me poi quello è narrazione popolare… cioè… sono cose che dovresti sempre avere ben… ehm… ben presente. Anche capire quante ne sono state scritte, con quale cadenza, in quanti anni, cioè… continuano ad essere scritte le canzoni su… Genova. Il che dovrebbe essere abbastanza chiaro, esattamente quanto poi può essere chiaro il fatto che siano presenti dei graffiti in Sud America…» (Intervista a V. Roma, 24 marzo 2016).

Ad accompagnare questo intreccio c’è un suono che condivide un milieux culturale, un’estetica artivista e underground che ha dato origine tanto alla cultura rap che alla street art. È un canto composto da tanti canti, come il compact disc Canzoni per Carlo realizzato dal Comitato Piazza Carlo Giuliani nel 2002 o l’omonima sezione del sito Piazza Carlo Giuliani intitolata Canzoni per Carlo.
Il canto marca acusticamente piazza Alimonda, ma contemporaneamente è diffuso ovunque fuori Genova tramite dischi musicali, e soprattutto attraverso il web.
Un primo elemento sonoro, a metà del continuum tra parlato e cantato individuato da Francesco Giannattasio14, è lo slogan «Carlo è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai» scandito ogni 20 luglio alle 17:25, ora dello sparo che ha colpito Giuliani.
La ripetuta declamazione dello slogan sfocia in un lungo battito di mani, qualche abbraccio, un’intonazione comune di Bella ciao fino al 2013 coordinata da don Andrea Gallo e, dopo la sua scomparsa, da Adelmo Cervi. A volte si aggiungono altri slogan, a ribadire che quella che si sta costruendo e tramandando è una memoria esemplare15 capace di restituire altre storie oltre alla propria: a Carlo sono affiancati i nomi di Edoardo “Edo” Parodi, Davide “Dax” Cesare, Renato Biagetti, Vittorio Arrigoni, Federico Aldrovandi, ma anche il più antico slogan «ora e sempre Resistenza». Al termine di queste esplosioni vocali, Luca Lanzi dal palco intona una delle canzoni emblematiche della giornata e della memoria: La canzone di Carlo è una ballata che racconta Giuliani immaginando la sua personalità e enfatizzando alcuni tratti comuni a quelli degli altri manifestanti e ragazzi16. Nel corso degli anni si è andata definendo una sorta di danza tradizionale che accompagna questa canzone: un piccolo gruppo di persone si unisce a Elena Giuliani e ad alcuni amici e amiche di Carlo a formare una fila orizzontale di fronte al palco; ognuno abbraccia i propri vicini in modo da stabilire una catena, e poi la fila di corpi comincia a dondolare ritmicamente verso destra e verso sinistra per l’intera durata della canzone17.

4 Pinelli

A questa occasione pubblica se ne affianca un’altra caratterizzata da una maggiore, per quanto sfumata, intimità: i cori declamati durante il torneo di calcetto dedicato a Carlo Giuliani organizzato ogni anno dal CSOA Pinelli mostrano una simile sonorità.
Il torneo viene realizzato nella zona di Genova Molassana, una delle estreme periferie della città, e si dirama lungo l’arco dei due giorni che concludono il ciclo di iniziative dedicate alla diffusione e all’aggiornamento18 della memoria del G8 2001. Anche qui lo spazio e il tempo sono bagnati di suoni: le casse del sound sistem diffondono musica a getto continuo, i pochi bambini presenti giocano urlanti e festosi tra gli adulti, le letture di comunicati e messaggi di solidarietà sono veicolate tramite microfono, le grida dei calciatori impegnati nella partita solcano l’aria. Fino allo scoccare delle 17:25, quando la musica viene abbassata e gli stridori tacciono per trasformarsi in un’unica voce proveniente da corpi abbracciati che declama all’unisono: «Carlo è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai», per poi intonare Bella ciao a volte sotto la guida di uno speciale direttore d’orchestra: Adelmo Cervi. Attorno tutto si fa silenzio: il traffico è lontano, chi prima parlava tace e ascolta; a differenza del 20 luglio, non tutti fanno parte di questo coro, ma in entrambe le occasioni ci si trova immersi in un vero e proprio bagno di suoni che si fa danza. Qui gli elementi coreutici sono rappresentati dai piccoli balli infantili di bambini che si muovono al ritmo della musica, ma anche dalla fisicità delle persone impegnate a giocare la partita: il ritmo del gioco, del riposo, degli abbracci.

5 Pedagogia

La canzone di Carlo non è certo l’unico brano composto sul tema: il sito antiwarsongs.organtiwarsongs.org ne conta 144.
Nel saggio Proverbes, contes, et chansons Daniel Fabre ribadisce che la dimensione orale del canto non implica necessariamente fragilità: non a caso nel 1805 l’Accademia celtica definisce “monumenti” le opere orali19.
In cosa risiede la forza delle onde sonore? Fabre invita a considerare la dimensione pedagogica del canto, il suo ruolo di formazione oltre che di trasmissione generazionale.

«E questa è la lezione
da insegnare nelle scuole,
nei racconti che disegnano le sere
cosa sparava in faccia quel carabiniere»20

Questi i versi di Rotta indipendente del gruppo Assalti Frontali che sin dal suo incipit esplicita la didattica del proprio canto.

«Nessuna canzone è neutra rispetto al tempo in cui ci piace ascoltarla, a ciò che ci dice, a ciò che le chiediamo di rappresentare. Per questo argomento poi ancora di più…. Rotta indipendente per me è stato ed è ancora una ‘carta di identità’, un modo per vedere se si condividono certi valori, talvolta di farmi desiderare di spiegarli, altre di allontanarmi o chiudermi, o di discutere… un concentrato di rabbia e dolore, la ‘canzone prima della partita’ di un sacco di cortei, una poesia da ripetersi, frammenti di spiegazioni politiche e pratiche… […] Era e resta un pezzo di identità doloroso e conflittuale. Poi ho scoperto Attrice Contro e il suo pezzo che parte da queste parole e ancora più sono diventate parte di me, diventando però, con il passare del tempo, modo per raccontare. Quel monologo l’ho fatto sentire, anche condividendolo su facebook, e le risposte sono sempre state un modo per identificarmi per differenziazione a partire dalle banalità che erano usate per commentare e per scrivermi. Credo che ‘mi ha insegnato a vedere cos’è un essere umano’ mi consegni, oggi come allora, un significato più intimo e nascosto, legato a farsi un esame di coscienza, laico certo, ma forse con un più autentico senso di colpa, rispetto a mancanze e piccolezza, compromessi e disimpegno.. Grazie per l’opportunità di raccontare…» (C, messaggio telefonico, 11 dicembre 2017).

Il brano di Assalti Frontali riassume con grande precisione le caratteristiche del canto storico: «un racconto completo, ma breve»21 dell’intero G8 2001 che ottempera a un bisogno di sapere che raramente è stato colmato.
La struttura ritmica binaria scandisce il testo della canzone come se l’alternarsi dei beat seguisse la cadenza precisa dello sfogliare le pagine di un libro, magari un libro di storia da «insegnare nelle scuole». Rotta indipendente ripercorre, beat dopo beat, lo svolgimento della cosiddetta “battaglia di via Tolemaide”, contesto imprescindibile per l’intelligibilità di quanto accaduto in piazza Alimonda il 20 luglio 2001.
Così la musica ricuce quel che la giurisprudenza separa.

«Attaccano col gas combinato col cianuro
poi le pistole sparano per stare più al sicuro
[…]
e noi in combinazione difendiamo i nostri blocchi
[…]
mentre i mezzi militari vanno a palla sui viali
addosso alle persone, ma siamo persone speciali
avanziamo e indietreggiamo come una molla,
mentre ambulanze prendono feriti tra la folla
un blindato è lì, rimane in panne,
è svuotato e dato in cibo alle fiamme
[…]
siamo in tanti, siamo da tutte le parti
e Carlo fino all’ultimo è rimasto davanti
fino a alzarsi con un estintore in primo piano
ci ha insegnato a vedere cos’è un essere umano.»

Il brano inoltre contiene molti elementi caratteristici delle memorie del G8 2001: un posizionamento esemplare22evidenziato dalla possibilità di diffondersi ovunque nel tempo e nello spazio, una connotazione genealogica e familiare23, un ruolo catalizzatore e metonimico di Carlo Giuliani24. Tutti elementi che ricorrono ampiamente anche tra i graffiti, scritture oblique che condividono con il canto le sorti effimere dell’oralità e probabilmente anche per questo citano di frequente il brano di Assalti Frontali, persino traducendolo oltre confine.

6 Un film per voci

Dei filmati e delle fotografie che registrano l’assalto alle scuole Diaz non c’è traccia: distrutte dalla Polizia nel corso dell’irruzione o requisite e mai consegnate agli atti del processo. Unica possibilità di accedere all’interno delle aule è il fumetto di Christian Mirra Quella notte alla Diaz.
Eppure non tutto è andato perduto.
Tra le vittime di quella notte, infatti, ce n’è una che si è autodefinita «a very resourceful victim»: Mark Covell, giornalista inglese ecologista e attivista di Indymedia UK. È la prima persona aggredita: sulle strisce pedonali antistanti il cancello dell’istituto Pertini un gruppo di poliziotti picchia Covell a tre riprese, come se il suo corpo «fosse un pallone da calcio» secondo le parole usate da lui stesso nella deposizione in tribunale.
L’idea di realizzare un filmato emerge nel mese di Gennaio 2006 quando Covell e altre vittime inglesi testimoni nel Tribunale di Genova si scontrano con la difficoltà di spiegare ciò che hanno vissuto senza poter contare su un adeguato supporto visivo e sonoro: «Sapevo che se non avessi fatto questo lavoro i miei incubi non avrebbero mai avuto fine» spiega Covell nell’articolo in cui presenta il Supervideo Diaz25, un filmato organizzato in più schermi sincronizzati che contiene la totalità delle registrazioni audio e video (esclusivamente esterni) relative a quanto accaduto in via Cesare Battisti la notte tra il 21 e il 22 luglio 2001. Lo spunto per il titolo è stato offerto dalla maschera Supervideo, un carnevalesco e ironico supereroe mediatico presente alla contestazione del luglio 2001.
Di questa operazione esistono due versioni. Parallelamente a quella con quattro schermi e la selezione di un unico audio realizzata dalla consulenza legale, Mark Covell elabora una versione che prevede la compresenza in simultanea di sei schermi e di tutte le registrazioni audio che si sovrappongono. È il Supervideo Diaz che, con la sua polivocalità, è stato considerato non sufficientemente chiaro per essere funzionale in sede legale. Tuttavia, proprio la caratteristica confusione acustica permette al filmato di assumere la veste di documento etnografico che ripete e rende accessibile il caos di una notte di cui non esistono testimonianze eccetto i racconti delle vittime.
Attraverso un lavoro durato tre anni, Covell si è accanito «a riascoltare queste voci, a creare così uno spazio di audizione»26 capace di traghettare dalla legge alla giustizia. Da prova legale, il Supervideo Diaz si è fatto documento di antropologia audiovisuale autoprodotto, secondo la logica di Indymedia «don’t hate the media, be the media», realizzando un «film per voci»27.

7 Conclusioni

L’aria di Genova dunque è da ascoltare, oltre che da osservare all’interno del vasetto che la contiene. La si può annusare e se ne può essere ispirati.
L’aria ha una caratteristica non indifferente: è esterna e interna agli individui e, perciò, li connette implicitamente. Tale compenetrazione di singolarità e collettività richiama da vicino le considerazioni di Maurice Halbwachs sulla dimensione collettiva e comunitaria della memoria28. Non è possibile ricordare da soli, e il fare ricerca non è escluso. Ogni respiro, ogni parola si riverberano in un circuito costante tra singoli e gruppi: integrare questa consapevolezza per affrontare un tema complesso come il G8 di Genova può costituire una risorsa da non sottovalutare. Proprio a partire da una simile prospettiva, nel 2020 si è costituita la rete NarrAzioni – Studi sul G829 che si propone l’obiettivo di incentivare il dialogo e la condivisione tra le persone che abbiano svolto una ricerca sul G8 2001 o siano intenzionate ad avvicinarsi al tema.
Una tessitura di parole scritte e parlate che si offre come esperimento in divenire per un fare ricerca capace di respirare insieme: «Siamo convinti/e che i frutti migliori nascano dalla condivisione e dal dialogo, e che una gelosa e individualista conservazione non giovi a nessuno/a. Ci auguriamo dunque che anche questa iniziativa di rete possa essere un modo per ribadire che la cultura è un bene comune.»30

Note

  1. Per la nozione di tattica si veda Michel De Certeau, L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, Roma, 2010 [1^ 1980].
  2. Sul concetto di “ingresso nella storia” cfr Ernesto De Martino, La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud, Il Saggiatore, Milano, 1976 [1^ 1961].
  3. A tale proposito si rimanda alla consultazione dei siti Processi G8e Piazza Carlo Giuliani, e dei volumi Vittorio Agnoletto, Lorenzo Guadagnucci, L’eclisse della democrazia. Le verità nascoste sul G8 di Genova, Feltrinelli, Milano, 2011; Francesco Barilli, Manuel De Carli, Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova, Becco Giallo, Verona, 2011.
  4. Enrica Bartesaghi, Genova: il posto sbagliato. La Diaz, Bolzaneto, il carcere. Diario di una madre, S. N. T. , 2003; Paolo Fornaciari, Tre giorni di qualche anno fa, Altraeconomia Terre di Mezzo, Milano, 2008. Entrambi i volumi sono reperibili sul sito del Comitato Verità e Giustizia per Genova.
  5. Il Barbiere di Siviglia: Atto I La calunnia e un venticello musica di Gioachino Rossini, libretto di Cesare Sterbini, 1816.
  6. Per una disamina di tali processi cfr Nancy Scheper – Hughes, Questioni di coscienza. Antropologia e genocidio, in Fabio Dei, Antropologia della violenza, Edizioni Meltemi, Roma, 2005 p. 247 – 302.
  7. Ivi, p. 232.
  8. La sollecitazione a evidenziare l’importanza dell’ascolto proviene da Antonello Ricci, Antropologia dell’ascolto, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2010.
  9. Sul «potere generativo della violenza» cfr Roberto Beneduce, Introduzione. Etnografie della violenza, in «Antropologia», anno 8¸ 2008, n. 9-10 , p. 3-46.
  10. Immaculata De Vivo, Daniel Lumera, Biologia della gentilezza. Le 6 scelte quotidiane per salute, benessere e longevità, Mondadori, Milano, 2020, p. 259-282. Steven Feld, Suono e sentimento. Uccelli, lamento, poetica e canzone nell’espressione kaluli, Il Saggiatore, Milano, 2009 [1^ 1990].
  11. Alessio Lega, Dall’ultima galleria, brano dell’album Resistenza e amore, 2004.
  12. Sull’efficacia terapeutica della patrimonializzazione e della giustizia cfr Roberto Beneduce, Etnopsichiatria: sofferenza mentale e alterità fra storia, dominio e cultura, Carocci, Roma, 2007.
  13. David Le Breton, Antropologia del dolore, Meltemi, Roma, 2007 [1^ 1995 ].
  14. Francesco Giannattasio, Dal parlato al cantato, 2005; in Jean Jacques Nattiez (a cura di), Enciclopedia della musica, vol. V, Torino, Einaudi, 2005.
  15. Per il concetto di «memoria esemplare» cfr Tzvetan Todorov, Gli abusi della memoria, Ipermedium Libri, Napoli, 1996 [1^ 1995].
  16. Per una disamina sull’epiteto “ragazzo” attribuito a Carlo Giuliani cfr il saggio di Marco Aime nel volume Fabio Caffarena, Carlo Stiaccini, Fragili resistenti. I messaggi di piazza Alimonda e la nascita di un luogo di identità collettiva, Terre di Mezzo, Milano, 2005, p. 143.
  17. Luca Lanzi – La Canzone di Carlo, visto il 10/12/2017.
  18. Per il concetto di “aggiornamento” della memoria cfr Matteo Aria, Anna Paini (a cura di), La densità delle cose. Oggetti ambasciatori tra Oceania e Europa, Pacini Editore, Pisa, 2015.
  19. Daniel Fabre, Proverbes, contes et chansons, in Pierre Nora, Les Lieux de mémoire, Éditions Gallimard, Paris, 1997, p. 3556.
  20. Assalti Frontali, Rotta indipendente, brano dell’album Hic sunt leones, 2004.
  21. «un récit complet mais bref» secondo la definizione di Fabre, Daniel Fabre, Proverbes, contes et chansons,cit., p. 3572.
  22. Todorov, Ibidem.
  23. Sul ruolo della genealogia nella memoria cfr Nora, Ibidem; Daniel Fabre, Il duro desiderio di durare, in «Parole Chiave», n 49, gennaio – giugno 2013, serie diretta da Mariuccia Salvati: “Problemi del socialismo”, pp. 31-52.
  24. A proposito del ruolo metonimico di Giuliani cfr Massimo Palma, Happy Diaz. La formazione musicale di una generazione che è stata ammazzata di botte, Arcana, Roma, 2015.
  25. Supervideo Diaz: the story of its making consegnato a mano da Covell all’autrice nel 2012; tradotto in italiano – da originale inglese – dall’autrice su richiesta di Covell nel 2016.
  26. De Certeau, ivi, p. 231.
  27. De Certeau, ivi, p. 224.
  28. Maurice Halbwachs, (a cura di Paolo Jedlowski e Teresa Grande) La memoria collettiva. Nuova edizione critica, Unicopli, Bologna, 2001 [1^ 1968].
  29. NarrAzioni – Studi sul G8, visto il 29 marzo 2020.
  30. https://www.carlogiuliani.it/archives/homepage/6804, visto il 29 marzo 2020.

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