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Le riviste LGBT. Storie ed evoluzione
di , numero 51, giugno 2021, Saggi e Studi, DOI

Le riviste LGBT. Storie ed evoluzione
Come citare questo articolo:
Rosaria Claudia Romano, Le riviste LGBT. Storie ed evoluzione, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 51, no. 5, giugno 2021, doi:10.48276/issn.2280-8833.5946

Le riviste LGBT Storie ed evoluzione 1. Le origini del movimento omosessuale

L’immagine del Sessantotto è notoriamente quella di una comunità alternativa, in contrasto con la società esistente e con la società dei “padri”. In tutto il movimento si riscontrano nuovi legami, la tradizionale forma familiare viene rovesciata e la comunanza di sangue cede il posto ad un’unità di tipo politico, in cui liberazione individuale e collettiva coincidono.1
Con il Sessantotto mutano i linguaggi, lo spazio politico è destinato ad essere riscritto attraverso un linguaggio che possa essere al contempo espressione intellettuale e corporea, in una comunicazione intersoggettiva.
Negli anni a cavallo tra il 1968 e il 1970, le riviste divengono punto di incontro e di scambio critico con la cultura ufficiale. Soprattutto nell’area di intervento della New Left, queste documentano e testimoniano la presenza di un nuovo movimento di massa.2 In assenza di tali organizzazioni e giornali, la Nuova Sinistra – a sua volta – non avrebbe potuto far circolare le sue notizie, idee, tendenze, opinioni e strategie.3 Sono i nuovi attori sociali – donne, giovani, operai, omosessuali – da poco entrati in scena, a ridefinire i luoghi e a modellarli per l’ottenimento dei diritti civili e della parità. I quotidiani e i settimanali che traggono spunto dall’esperienza dei movimenti sopracitati danno vita a quella che viene comunemente definita: stampa alternativa.4
È in questi anni che fioriscono le prime proposte editoriali omosessuali e femministe, una primavera di riviste adatte a tutti i gusti, ma con l’arduo compito di narrare storie e politiche dei movimenti di liberazione.
Gli Stonewall Riots del 28 giugno 1969, nonostante la portata rivoluzionaria di cui sono pregni, si collocano in un clima sociale ormai già compromesso. Eventi come il fallimento delle leggi per l’integrazione dei neri e l’Offensiva del Tet, hanno come effetto quello di creare, all’interno della società statunitense, crepe difficili da sanare. Tuttavia, il 28 giugno è caratterizzato da una carica diversa. La stessa opinione pubblica – generalmente poco incline a mostrare compassione per gli invertiti5 – si rapporta a questi eventi in maniera del tutto nuova. Per la prima volta, il dissenso sociale è accompagnato dalle pubbliche manifestazioni gay e lesbiche che rendono gli eventi di Stonewall una sorta di big bang del movimento omosessuale6.
La rivolta di Stonewall diviene da quel momento in poi parte integrante dei discorsi politici e storici. La stessa carica narrativa di cui gli Stonewall Riots sono dotati, diviene così potente che gli studiosi leggono questi eventi come uno spartiacque, in grado di scindere i buoni anni Sessanta dai cattivi anni Sessanta.7
I gruppi politici, o pseudotali, che sorgono a posteriori degli eventi del 28 giugno, collocano per definizione la questione omosessuale all’interno delle lotte riguardanti studenti, lavoratori, donne, minoranze etniche e razziali. Tutti questi gruppi divengono alleati ideali per una coalizione. Per il neomovimento omosessuale, gli alleati più prossimi sono le donne e il movimento per i diritti civili degli afroamericani, con cui gli uomini gay condividono alcuni nemici: polizia, amministrazione cittadina, capitalismo. Vi sono poi i cobelligeranti radicali e ideologi bianchi, ma soprattutto il Movimento Omofilo8.
Tra il 1969 e il 1970 nascono negli Stati Uniti, il Gay Liberation Front (GLF), Women Liberation (WL) Gay Activist Alliance (GAA). In Europa: il Front homosexuelle d’action révolutionnaire (FHAR) in Francia, Mouvement homosexuelle d’action rèvolutionnaire (MHAR) in Belgio, Gay Liberation Front (GLF) in Inghilterra, il Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano (Fuori!) in Italia.

2. La stampa di movimento crea le basi della stampa omosessuale

Quando parliamo di controcultura intendiamo le correnti di pensiero, artistiche e culturali che si manifestano in forma nuova e che si presentano come rottura rispetto alla tradizione. Un flusso poliedrico di idee, musica, letteratura che si propongono “alternative” alla cultura istituzionale, che si scagliano e reinterpretano i temi sociali e politici internazionali – l’antimilitarismo, l’obiezione di coscienza – convogliandosi in tutte le aree produttive: dalla musica alla letteratura, dall’arte allo spettacolo. Beat, hippy, culture psichedeliche, orientalismi, nel Sessantotto divengono retroterra di una generale filosofia della liberazione che opera attivamente nei rituali e nelle pratiche collettive9.
Le riviste di movimento sono un fenomeno editoriale autonomo decentrato e capillare, che viene sviluppandosi in alternativa, in controcultura, ai media commerciali, divenendo fonte imprescindibile per comprendere i movimenti sia sul continente europeo che statunitense. Per la radicalità dei contenuti, per il taglio sferzante, per la selezione di notizie indirizzata ad omosessuali, giovani, studenti e simpatizzanti di sinistra, Los Angeles Free Press, fondata nel 1964 da Arthur Kunkin, è il primo vero underground paper.10
È partire dagli anni ’60 che negli Stati Uniti in primis e in Europa poi, comincia ad essere forte la necessità di spazi di informazione che siano alternativi ai media mainstream, al fine di alimentare il cambiamento sociale. Il giornale diviene non solo un mezzo per riappropriarsi delle “decisioni”, attraverso un lavoro orizzontale in cui è forte il senso di collettività, ma anche catalizzatore di forze utili per ampliare il sostegno ai movimenti, offrendo al lettore una rappresentazione spogliata dalla prospettiva della classe dominante.
Nonostante tali riviste circolino principalmente in modalità clandestina, sono molto di più che semplici portavoce di segmenti di controcultura. A livello locale, agiscono come “centralini di comunità”, diffondendo e sensibilizzando le istanze dei movimenti interni ai Campus. Allo stesso tempo, i giornali, hanno avuto il merito di essere “unificatori culturali” in quanto progettano una cultura, rafforzano le identità “affermando stili sociali, plasmando un’avanguardia locale.”11
Dalle riviste prendono forma l’intellettuale-studente e l’intellettuale-tecnico, sono queste due figure a detenere il compito della democratizzazione del sapere e delle istituzioni, da adesso al servizio del movimento. Le nuove figure intellettuali lavorano alle riviste che non sempre sono la voce dei movimenti in senso stretto, ma si rapportano ad essi e a questi si richiamano per mezzo di una comunicazione che è a tutti gli effetti alternativa, come quella dei primi giornaletti di controcultura, costituiti per lo più da foglietti e volantini di varia forma e dimensione, che si moltiplicano e si differenziano per l’utilizzo di materiali più svariati.12
Se negli Stati Uniti tra il 1967 e il 1968 esistono strutture deputate alla produzione e alla fornitura di notizie per i giornali, come Underground Press Syndacate e Liberation News Service agenzie giornalistiche che contribuiscono a far nascere fogli “alternativi” in tutto il paese, in Italia le riviste accompagnano la comparsa dei movimenti.
Sulla Penisola, i giornali e le riviste delle nuove organizzazioni non solo sono organi di movimento a tutti gli effetti ma allo stesso tempo divengono fucina di teoria politica e di analisi. Un esempio ci è fornito dalla rivista “Servire il popolo”, il giornale de L’Unione dei Comunisti italiani che a partire dal ’69 sarà prima un quindicinale, poi nell’autunno un settimanale. “Servire il popolo”, cessa le pubblicazioni nel 1975 per lasciare il posto a “La Voce Operaia” con cui si sperimentò l’idea di un quotidiano che, tuttavia, fece capolino come periodico irregolare qualche anno dopo.
Il linguaggio delle riviste di movimento è militante, mentre le innovazioni sono molto spesso grafiche13, una perenne evoluzione in una piazza pubblica e pluralistica. Nelle redazioni del movimento femminista, soprattutto di area statunitense, viene sperimentata la scrittura collettiva degli articoli. È il caso di Women: Journal of Liberation, la quale pubblicava articoli scritti a quattro o a sei mani14; una novità riscontrabile sin dal primo numero, un pezzo redatto da Sandra L. e Daryl J. Bem – Training the woman to know her place: The Power of a Nonconscius Ideology – ne rappresenta un esempio.
Partecipano alle riviste donne autodidatte in contrasto con la società patriarcale. In Up From Under – mensile di liberazione femminista pubblicato a New York dal 1970 – la composizione della redazione viene chiarita sin dal primo editoriale: è progettato, scritto e diretto da donne, madri e studentesse attive nella politica radicale, giunte alla conclusione che le questioni delle donne siano cruciali e che meritino una rivista che parli onestamente e direttamente.15
È questo il principio che, in Italia, porta alla nascita di Effe. Nel 1973, Gabriella Parca pone ai suoi lettori un quesito: “Ancora un settimanale femminile? […] In realtà di settimanali femminili ce ne sono anche troppi, tutti perfettamente confezionati per operare il lavaggio dei cervelli con le loro smaglianti fotografie di moda”. Effe invece “vuole essere esattamente il contrario. Ideato, diretto e realizzato da donne, questo settimanale intende informare le altre donne su tutto ciò che direttamente o indirettamente le riguarda, in modo che esse stesse possano trarne le conclusioni.” Effe diventa fattualmente il primo giornale in Italia a parlare da un punto di vista femminile16, che è sì emanazione di un collettivo femminista, ma che si apre fin da subito alla collaborazione con vari gruppi, evitando – quasi per principio – di porsi come detentore di un’unica linea e di rappresentare sé stesso come portavoce di un intero movimento.
Non c’è bisogno di uno studio approfondito per constatare come queste riviste si distinguano per un intreccio di foto e vignette, per lo sperimentalismo e l’ironia graffiante, una costante in tutte le pubblicazioni di fine anni Sessanta – Settanta che riscontreremo anche nelle riviste dei Movimenti di liberazione omosessuali.

3. La stampa omosessuale, la nascita

Per il movimento omosessuale, o Lgbt, sono cambiate molte cose dagli anni Settanta. La comparsa dello stesso, d’altronde, è intimamente legata ai due grandi stravolgimenti politici degli anni Sessanta, la comparsa dei militanti neri e l’agonia del Vietnam17, che scuotono la società dalle fondamenta.
A posteriori degli eventi di Stonewall, si moltiplicano i soggetti che smettono di condurre una doppia vita, che si rivolgono ad amici e famiglia; le incursioni della polizia divengono sempre meno comuni e le marce del Pride portano alla luce migliaia di persone Queer. Lo stesso discorso militante introduce un nuovo tipo di discorso contestatario, che rompe il paradigma del gay e la pratica della progettualità aprendo una nuova pagina politica e linguistica interna al movimento.18
Appaiono in questi anni fiorenti supporti stampa, prodotti da e per il movimento. Tra i motivi che portano alla nascita di riviste, basate sostanzialmente sul senso di comunità, vi è l’idea che il giornalismo mainstream sia uno dei bastioni dell’omofobia19. Osservando, ad esempio, le pagine di Chicago Tribune, negli anni Cinquanta, ci si imbatte in uno stuolo di argomenti gay il cui linguaggio si contraddistingue per termini quali: “degenerati”, “disadattati”, “nidi di pervertiti”. Si tratta, in sostanza, di una stampa che scrive del pericolo che l’omosessualità rappresenta per la sicurezza nazionale.20
È a partire dagli anni ’50 che si osserva un primo tentativo di fornire prospettive alternative a quelle del giornalismo mainstream. Protagonista è il movimento omofilo che, attraverso pubblicazioni come ad esempio Mattachine Review, The Ladder e One, racconta l’universo del movimento omosessuale.21 Tuttavia, queste riviste erano distribuite tramite abbonamento, rendendone difficile la diffusione.
Ma è solo dalla fine degli anni Sessanta che, tra volontariato e contributi, la prospettiva delle riviste omosessuali comincia a mutare. The Los Angeles Advocate, tra le più antiche riviste rivolte ad un pubblico omosessuale, comincia le sue pubblicazioni nel lontano 1967. All’origine una newsletter organizzativa dedicata agli eventi di Los Angeles, che nel giro di due anni cede il posto ad un formato di tipo giornalistico dalla portata nazionale. Nel 1969, la rivista viene ribattezzata The Advocate, che da quindicinale diviene un mensile, così come un’altra rivista storica, Out.22
Con la rivolta di Stonewall e il movimento che ne è scaturito, negli Usa è tutto un proliferare di riviste: Come Out! a New York, The Detroit Gay Liberator e The Lesbian Tide a Los Angeles; Gay Community News nella città di Boston; The Blade a Washington DC, The Bay Area Reporter and the Bay Times per la città San Francisco, Ain’t a Woman? and ACCESSline in Iowa; Out Front a Denver; The Gay Crusader, Lavender Woman e Gay Life nella città di Chicago, The Philadelphia Gay News e The Seattle Gay News. Sono questi solo alcuni dei titoli che, al tempo, dipendono dal lavoro volontario e dai contributi economici che ogni membro del movimento versa, motivo per il quale molto spesso queste riviste – quasi come delle comete –, finivano per sparire nel nulla.23
Nel corso della loro esistenza molte pubblicazioni gay mutano nella forma: alcune riviste mensili o bimestrali nascono come semplici bollettini, o al contrario, bollettini giornalieri o regionali sono “ex” riviste a tiratura nazionale. Quando le tecnologie di stampa e le pubblicazioni erano più costose, il ciclostile era l’unico modo per diffondere notizie gay; questo rende la definizione “giornale gay” impropria, nonostante il ruolo che queste pubblicazioni coprono o hanno coperto.

4. Caratteristiche della stampa omosessuale

Negli anni Sessanta e Settanta, la rivoluzione politica e sociale – che prese avvio dalle lotte studentesche ed emancipazioniste – farà sì che il giornale divenga uno strumento utile di propaganda dei diversi movimenti, tra questi quello omosessuale.
Alla formazione politica e culturale delle redazioni, contribuiscono modelli teorico-pratici tipicamente europei.24 Esercitano un peso non indifferente nella realizzazione anche una serie di influenze provenienti dal contesto americano, in cui gli studenti dei campus di Boston e Los Angeles compiono grandi passi avanti nella conquista del diritto di disporre del proprio corpo, all’autodeterminazione e ai diritti civili.25
La rassegna stampa è una costante del periodico gay di fine anni Sessanta: riportare cosa si dice degli omosessuali con lucido impegno politico. Quasi tutte le riviste a tema omosessuale hanno spazi riservati alla pubblicazione di articoli apparsi sulla stampa non omosessuale per raccontare cosa si dice su di loro e delle loro “perversioni”, ponendole in contrapposizione con la realtà omosessuale. Tra gli anni Settanta e Ottanta, si delinea una dicotomia, una distinzione netta tra stampa gay e stampa non gay: gli omosessuali che leggono la stampa gay e gli omosessuali che leggono la stampa non gay.26
Un’organizzazione omosessuale crea un periodico nel tentativo di informare e istruire la comunità, con l’obiettivo di porre un veto al fenomeno discriminatorio. Il Movimento omosessuale nella sua forma più generale – dove non conta lo schieramento politico – si dota del mezzo giornalistico con l’intenzione di superare le differenze e allo stesso tempo di sottolinearle27.
Il neonato movimento gay, rifiuta norme e ruoli “convenzionali” a favore di un cambiamento che sia in grado di investire le coscienze; ad agevolare il cammino della conoscenza, un percorso di apprendimento multidisciplinare che si aiuta anche con l’ascolto di programmi radiofonici e della stampa.28
Il lettore tipo di una rivista gay è generalmente un omosessuale maschio consapevole del suo orientamento sessuale, inserito socialmente e abitante delle zone urbane del paese. I giornali divengono per la comunità omosessuale un luogo aperto al dibattito, un concetto chiarito nel n. 2 di Come Out del 1970 – giornale di movimento fondato dal Gay Liberation Front subito dopo gli eventi di Stonewall – la cui filosofia è quella di favorire il dialogo e stimolare la crescita di nuove idee29 e nello stesso numero Come Out che possiamo rintracciare alcune di quelle caratteristiche che diverranno tipiche delle riviste a tema Lgbt.
I magazine degli anni Sessanta e Settanta, non hanno quasi mai un unico editore, sono curati, pubblicati e finanziati collettivamente dai membri del movimento. Collage, immagini, disegni e poesie – altra tendenza riscontrabile in molte delle riviste e un retaggio delle prime underground papers – trovano spazio nelle pagine dei mensili; collocati soventemente nelle due pagine centrali, rappresentano spesso un progetto grafico a sé. The Gay Alternative – del movimento di Philadelphia – ce ne fornisce un esempio. Nel numero di dicembre del 1972, le pagine 7 e 8 sono dedicate alla sezione Poetry; organizzate come un poster, ritroviamo due componimenti – Missing you poems di Tommy e New Snow di Peter30 – che, volutamente impaginati in orizzontale, si collocano nelle pagine centrali della rivista con l’intento di realizzare una sezione a sé stante.

5. Cenni di storia dei titoli in Europa prima del 1969

Fino alla nascita del Movimento di liberazione sessuale nel 1971, in Italia è difficile riscontrare la presenza di riviste a tematica LGBT o Queer31, mentre nel resto d’Europa, laddove è possibile registrare la presenza di giornali a tema gay, lo scopo ultimo riguarda prevalentemente l’integrazione delle persone omosessuali nella società e non il raggiungimento dei diritti civili.
Fino al tramonto della Repubblica di Weimar nel 1933, le pubblicazioni a tema omosessuale sono diffuse prevalentemente in Germania e Francia. I primi tentativi di un’editoria LGBT vengono compiuti nella seconda metà dell’Ottocento da Karl Heinrich Ulrichs – pioniere del Primo movimento – che pubblicò nel 1870, in un’unica uscita, l’antenato di un primordiale periodico omosessuale: Uranus. Fu sulla scia di questo che il Comitato Scientifico Umanitario decise in una fase successiva di dare vita all’Annuario per i tipi omosessuali intermedi (1899 – 1923)32.
In Germania, Der Eigene (1896 – 1933) di Adolf Brand, è la prima rivista al mondo ad essere rivolta ad un pubblico espressamente omosessuale. Per Brand e la sua rivista i problemi con la censura non mancarono, e nel 1933 – con l’ascesa al potere di Adolf Hitler – la rivista chiude definitivamente. Del profondo dolore per la chiusura del periodico si trova traccia in una lettera dello stesso Adolf Brand, che con rammarico ammette l’impossibilità di continuare le pubblicazioni di Der Eigene su suolo tedesco33.
In Francia nasce Arcadie (1954 – 1982) trimestrale fondato da André Baudry con il sostegno di Roger Peyrefitte e di Jean Cocteau. Quello di Arcadie è un programma che sin da subito si pone come obbiettivo la liberazione e la nobilitazione dell’immagine dell’omosessuale. La rivista è vietata ai minori sin dal 1954, anno della fondazione, e censurata nonostante i contenuti non espliciti. Nel 1960 il deputato francese Paul Mirguet annoverò l’omosessualità tra le piaghe sociali e questo obbligò Arcadie ad eliminare non solo gli annunci personali, ma anche le fotografie, con un conseguente – e drastico – cambiamento editoriale.
L’abbonamento era il miglior mezzo a disposizione dei militanti del movimento per poter distribuire Arcadie. La rivista arrivava a destinazione in una busta chiusa e anonima, attraverso l’abbonamento si acquisiva il diritto di divenire soci dell’associazione34.
In Italia, il “modello Arcadie” divenne presto di particolare importanza e soprattutto uno dei primi riferimenti nella cultura pubblicistica di stampo omosessuale.

6. Una storia tutta italiana

Ricostruire una storia dei periodici a tematica omosessuale – o Lgbt – è per ogni studioso un lavoro ostico, sin dal momento in cui ci si approccia al tema. In Italia, la scarsità di informazioni reperibili, la storia delle riviste parziale e frammentata, il ritardo della comunità accademica nell’approcciarsi al tema35, rendono complessa un’indagine mirata. Tante delle informazioni riguardanti la storia del giornalismo LGBT o in generale delle riviste del periodo non sono a noi pervenute. La disciplina manca di una solida base d’indagine – se non di una base vera e propria – nella storia degli studi ed è stata riscoperta solo, e comunque in parte, negli ultimi anni.
È a partire dagli anni Duemila che l’analisi sociologica di questi elementi subisce una sorta di deriva rispetto ai naturali paradigmi della disciplina, nella quale si vanno ad innestare processi che coinvolgono le istanze accademiche, i movimenti sociali e la società civile.36
Seppur antecedente agli anni Duemila, il lavoro di ricerca condotto da Stefano Casi per il Centro di Documentazione culturale XVVIII Giugno e Arcigay, culminato nel Catalogo dei periodici omosessuali italiani37, è di fondamentale importanza. Il lavoro di Casi è indispensabile per comprendere quale sia la mole delle riviste sul territorio italiano anche se mancante di elementi relativi la tiratura – uno degli elementi fondamentali per comprendere l’effettiva incidenza di queste esperienze nel mercato editoriale – dettato da un vuoto informativo connesso al difficile reperimento dei dati.

7. Il Fuori! Mensile di liberazione sessuale: l’editoria gay arriva in Italia

È il Fuori! (1972 – 1982) di Angelo Pezzana a divenire il primo mensile di liberazione sessuale italiano. All’inizio degli anni Settanta, dalla sua libreria di Torino, Pezzana osservava con grande attenzione quanto stava accadendo oltreoceano. Nel particolare la sua attenzione venne catturata dal Nord America, dove si era venuta sviluppando una folta produzione ad argomento gay. Da mesi, infatti, Pezzana raccoglieva nella libreria “Hellas” di Torino, libri e riviste provenienti dagli Usa. Gran parte dei liberazionisti omosessuali americani venivano dal mondo della cultura. Pezzana notò come il movimento fosse composto da giornalisti, redattori di case editrici, saggisti, storici, intellettuali38, e prese così a parlarne con una cerchia di amici intimi con cui darà avvio ad alcune riunioni settimanali, il cui dibattito si concentrerà sull’unico grande obiettivo della liberazione sessuale.39
Far nascere una rivista omosessuale in Italia negli anni Settanta non sarà stata poca cosa, in un ambiente giuridico in cui era indispensabile che un giornalista professionista assumesse la carica di direttore responsabile. Si offrì per il Fuori! Marcello Baraghini: “Io devo precisare, ho diretto, ho coperto centinaia di pubblicazioni di controcultura e di affermazione dei diritti civili, giornali, volantini, murari[…] non interloquivo, non entravo nel merito, mi limitavo ad offrire un servizio per la libertà di informazione”.40
Nel 1971, in attesa dell’autorizzazione del tribunale, è chiuso il numero 0 con Marcello Baraghini nella veste di Direttore Responsabile e di Angelo Pezzana come Direttore effettivo.
Il numero 0 era un numero prova; cinquecento copie al prezzo di trecentomila lire.41 Uscì nel dicembre del 1971 e alla stesura collaborarono Carlo Sismondi, Francis Padovani, Alfredo Cohen, Emma Allais – ideatrice della striscia di fumetti del Fuori! “Gay Flowers” in cui due margherite sono intente a dialogare sulle questioni concernenti l’omosessualità, – e MariaSilvia Spolato.
Tra autofinanziamento e donazioni anonime, il Fuori! mensile prese vita e venduto per abbonamento, 4.000 lire da versare alla SEF (società editoriale Fuori!). Il risultato prodotto da quest’azione – agli inizi degli anni Settanta – portò nel giro di una stagione alla creazione di una trentina di gruppi tutti legati al Fuori!, il numero 0 era effettivamente servito per farsi conoscere in tutte le città italiane.
Nel 1972 il Fuori! dà alle stampe il numero 1 seguendo il modello editoriale di distribuzione e vendita tracciato dal Gay Sunshine americano. Era la prima volta nella storia del giornalismo italiano che usciva in edicola un giornale interamente redatto da omosessuali e rivolto agli omosessuali.
È sempre del primo numero l’editoriale “Chi parla per gli omosessuali?”, l’unico articolo del numero a firma di Angelo Pezzana e non sotto pseudonimo. Il pezzo ripercorre i quesiti che il comitato redazionale si è posto al momento della nascita della rivista: a chi è rivolto? Chi ha mai parlato per gli omosessuali? Chi ci leggerà? Chiarisce, in ultimo, la proprietà del giornale (SEF, società editoriale Fuori!) costituita dal collettivo Fuori!
Nell’editoriale dell’inverno del 197342, il comitato redazionale annuncerà che il Fuori! mensile, a causa di problemi economici sarebbe divenuto un quadrimestrale; sarebbero mutate sia la testata che l’impaginazione43. Quattro numeri all’anno, classificati secondo le stagioni – inverno, primavera, estate, autunno – in vendita solo nelle librerie a causa dei costi di distribuzione.
Con il congresso del 1974 il Movimento Fuori! cambierà forma e orientamento, a partire dal sodalizio con il Partito Radicale, “alleato naturale degli omosessuali”: “Per i radicali essere cattolici, ebrei, protestanti, atei, eterosessuali, omosessuali, non aveva alcun rilievo. Il colore della sessualità individuale, poi, era del tutto ininfluente. Ciò che contava erano le battaglie per le quali si combatteva” e per questo sarà lo stesso Pannella a dare l’annuncio: Nella sede di via di Torre Argentina 18 abbiamo dato ospitalità al Movimento democratico di omosessuali, di recente costituzione, denominato “Fuori”; l’abbiamo già comunicato. Questi compagni utilizzano la sede il martedì sera per loro riunioni, e vi hanno il recapito postale.”44

7.1 Dall’alleanza con il Partito radicale al tramonto

Allinearsi con il PR significò sin da subito avere sedi fisse, con un indirizzo, un numero telefonico, avere visibilità presso i mass media e consequenzialmente risonanza a livello internazionale. Ciò che Angelo Pezzana mise in chiaro fin da subito fu la possibilità, per chi non avesse condiviso le posizioni dei radicali, di uscire dal movimento. È nell’aprile del 1976 che si conferma la scissione tra l’anima radicale del Fuori! e chi non ne condivide l’appartenenza politica. Il 1976 è l’anno di nascita di Lambda (dalla periodicità mensile e successivamente bimestrale), che nelle intenzioni del Fuori! sarebbe stato un foglio di informazione e di collegamento tra i vari gruppi del Movimento mentre il Fuori! mensile di liberazione sessuale, cambiava di nuovo forma e nome: Fuori! giornale di liberazione sessuale, destinato all’approfondimento e all’analisi45.
Nel 1977 la redazione di Lambda si arricchisce di un nuovo esponente che fece assumere al giornale posizioni sempre più lontane da quelle del Fuori! sia movimento che rivista. Felix Cossolo, barese di nascita, milanese di adozione, attivo nel movimento gay fin dagli anni ’70, avrebbe diretto la rivista fino alla sua chiusura.
Tuttavia, nel 1978, a causa di alcuni dissensi politici tra Cossolo e Angelo Pezzana – ritiratosi da direttore responsabile a seguito di una falsa intervista a Marco Pannella46 in cui si fingeva che il politico avesse fatto coming out – la testata Fuori! viene rilanciata come organo solo del Movimento Fuori!
Lambda proseguirà la sua strada autonomamente fino a divenire “giornale di controcultura del Movimento gay” e collante tra quelle diverse parti del movimento distanti e contrarie al sodalizio con il Partito Radicale. La rivista non si indentificherà in nessuna sigla politica, al contrario, proporrà a tutti i collettivi omosessuali di costituire redazioni locali, decidendo di aprire una sottoscrizione nazionale per il finanziamento della testata47. Nel 1980 anche Lambda cambierà forma, divenendo un “bollettino d’informazione” curato da Felix Cossolo; uniche due rubriche attive: notizie e annunci. Le pubblicazioni cesseranno nel 1982.
Negli stessi anni il Fuori! cambiò ancora una volta forma: un bimestrale, stampato e distribuito da Stampa Alternativa previo abbonamento. Nel 1978 cambiano i vertici: un nuovo direttore editoriale, Elisabetta Merlin, Angelo Pezzana direttore responsabile, Carlo Sismondi direttore politico, Marco Silombria Art director, mentre i rapporti con l’estero sono curati da Enzo Francone.
Fuori! – divenuto Giornale delle Lesbiche e degli Omosessuali nel 1981 – dà alle stampe il suo ultimo numero nell’aprile del 1982 con il resoconto del Congresso di Vico Equense, in cui si sciolse “Dopo dieci anni di lotte intense costellate di ingiurie, pugni nello stomaco e arresti nei nostri confronti, il Fuori ha deciso di non essere più un movimento e di trasformarsi in una lobby, cioè in un gruppo di pressione di tipo inglese. È decisamente una nostra crescita. Guai sopravvivere a sé stessi. Si rischierebbe di scomparire”48
Il Fuori! mensile di liberazione sessuale, che dal 1972 aveva cavalcato l’onda dei Movimenti di liberazione e che aveva fatto scuola a decine di gruppi politici, orientati politicamente e non, calò il sipario.

8. I figli del Fuori!

Il Fuori! nel corso di un decennio aveva esportato un modello. Oltre a gruppi FUORI! strettamente legati alla figura di Angelo Pezzana, nascono su tutto il territorio nazionale nuove associazioni, distaccatesi dal FUORI! successivamente al sodalizio con il PR.
Massimo Consoli, allontanatosi a causa della linea filomarxista di Pezzana, nel 1976 inaugurò a Roma l’associazione “OMPO’S” dove vennero organizzate conferenze, mostre e spettacoli. A Milano nello stesso 1976 nacquero i Collettivi omosessuali milanesi (COM) e con loro un nuovo concetto di politica, dove vita e creatività erano fuse in un unico groviglio49, a Bologna il Collettivo Frocialista Bolognese, mentre Maria Silvia Spolato a Roma gestiva il Fronte di liberazione omosessuale. Nascevano successivamente Arcigay (1980) e il Gruppo di cristiani omosessuali milanesi (1982). Ognuno di questi movimenti, si dotò di un giornale o di un bollettino in grado di parlare sia all’interno che all’esterno del movimento.
Primo, Ompo’s, mensile di politica cultura e attualità (1975 -?), dalla periodicità mensile. Organo del Movimento Politico degli Omosessuali (O – MPO) ideato da Massimo Consoli con la collaborazione di Marcello Baraghini. Alterna la forma del bollettino a quella del ciclostilato informativo sulle attività del gruppo di Consoli – la fondazione Gay House Ompo’s50. Di quello stesso 1975 è Dalle Cantine, attivo fino al 1977 e dalla periodicità variabile. La creazione della rivista si deve a Corrado Levi – membro dei COM –, il quale realizzò un poster pieghevole; un doppio paginone a supplemento di Stampa Alternativa. Cristina Tossetto, l’ha definita una “effimera fucina creativa”51; tra il ’75 e il ’77 escono solo tre numeri, l’ultimo con il titolo “Dalle Cantine frocie”, e tre quaderni. Contiene riflessioni, poesie, brani, immagini in un assemblage tipografico disinibito sul modello degli underground papers .
Ancor prima di Babilonia, nato nel 1982, alcune frange del movimento omosessuale sentono l’esigenza di creare una rivista gay, che potesse essere in grado di informare senza limitarsi ad un confronto esclusivamente di tipo politico, erano i primi segnali di cambiamento nell’editoria Lgbt.
Nasce così nel 1979 Noi, insieme per una nuova realtà gay. La rivista si avvicina per la carta, per l’impostazione dei servizi e rubriche, per la grafica, al settimanale d’informazione, numerose sono le fotografie e notevoli sono i riferimenti alle riviste porno, tanto da renderla vietata ai minori di 18 anni.52
Le novità arrivarono negli anni Ottanta, con la nascita di Arcigay e di Arcigay press. La rivista sarà organo dell’Arcigay Nazionale sin dalla sua costituzione informale nel 1982. Nato come “Arci gay Notizie” – una rassegna stampa fotocopiata – sotto il patrocinio dell’organo dell’ARCI “Notizie Arci”, diverrà dapprima “Arci gaia” per poi giungere al nome definitivo di “Arci gay press” nel giugno del 1983. Dopo un periodo in cui la rivista ha la funzione di rassegna stampa, il periodico riesce ad attestarsi come strumento di raccordo delle varie esperienze del movimento gay di sinistra, divenendo alla nascita di Arcigay l’unico punto di riferimento delle diverse anime del movimento. Negli ultimi anni di pubblicazione Arci gay press è divenuto luogo di riflessione per i circoli ArciGay che si vengono formando e per la stessa ARCI, con l’inserzione di documenti e lettere in mezzo, oltre alla consueta rassegna stampa.53
La chiusura di Arci gay press sarà determinata sia dalla crescita dell’associazione che dall’utilizzo – a partire dal 1984 – di “Babilonia” come strumento di informazione.
Babilonia, mensile di cultura e seduzione gay (attivo dal 1982 al 2009) è il primo periodico gay ad avere un certo peso nell’editoria italiana di quegli anni. Esce in formato tabloid nell’agosto del 1982, un mese dopo l’ultimo numero di Lambda, con l’intento di essere un punto di confronto dell’intero movimento gay e, allo stesso tempo, di essere un prodotto commerciale. Alle spalle del lavoro di Babilonia, vi è la volontà di alcuni ex redattori di Lambda – Felix Cossolo, direttore di redazione, e Ivan Teobaldelli, direttore editoriale – di realizzare un prodotto di riferimento per tutte le realtà gay, proprio per la sua capacità di conciliare intervento politico e il problema della vendibilità. Già agli inizi Babilonia sembra dichiararsi come un mensile capace di valorizzare i contributi di ogni singolo redattore, conquistando un vasto pubblico grazie alla ricercatezza della veste e delle fotografie54: “Aggredire ostinatamente la parola e l’immagine stampata, per enuclearne l’ambiguità o l’eversione che possiedono, non sarà allora un atto d’amore nei confronti del Linguaggio, ma sarà l’ultima possibilità [..] per non sprofondare nella palude dell’irriconoscibilità.” Sin dal primo numero il formato è quello della rivista – tipo, si proclama dapprima “mensile di cultura e informazione gay”, eredità raccolta da Lambda – assieme a quella dell’organizzazione dei campeggi gay –, per poi divenire già dal terzo numero “mensile di cultura e seduzione gay”. Babilonia pubblica recensioni di avvenimenti culturali e rassegne stampa, inchieste e reportage, una serie di grandi servizi nel tentativo di orientare la rivista ad un pubblico più vasto e a riprova di questo vi è la volontà di aprire il giornale a temi di attualità e costume non specificatamente omosessuali.

9. Dagli anni Novanta all’avvento del web

Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, il carattere prevalentemente maschile dei periodici va diminuendo, anche se lo sbilanciamento a favore degli uomini non è mai stato colmato realmente. Per primo fu il separatismo lesbico a portare ad una frattura interna al movimento e alla nascita delle prime riviste lesbo-femministe. In Italia, la Bollettina del CLI (1981 – 2002) si dota di un impianto per lo più politico-culturale, dallo stile austero che per motivazioni squisitamente politiche rifiuterà la diffusione di immagini di nudo tipiche di alcune riviste omosessuali a partire dagli anni ’80, mantenendosi separatista sino alla fine delle sue pubblicazioni nel 2002.
A partire dagli anni Novanta l’editoria LGBT subisce una nuova trasformazione che si riscontra in una maggiore diffusione dei periodici gratuiti, che vivono della pubblicità dei locali in cui vengono distribuiti, un meccanismo che a dir la verità all’estero funzionava già da tempo. Sono spesso riviste dalla periodicità diversa – a volte dei quadrimestrali – dal taglio meno culturale e meno informativo rispetto ai predecessori; molto spesso sono concentrate sui consumi e sulla cronaca rosa, tanto da non etichettarsi come “periodici gay” ma presentandosi come testate di moda e tendenza. Pride (1999 – 2018) è stato tra i magazine più diffusi e letti in Italia; fondato nel gennaio 1999, dal luglio di quell’anno verrà diretto da Giovanni dall’Orto – scrittore e giornalista di Babilonia – che inizierà ad avvalersi di penne più o meno note come ad esempio Gianni Rossi Barilli, Platinette e Francesco Gnerre. Prima della crisi economica, che lo porterà a diventare una rivista online dal 2018, Pride ha potuto vantare una tiratura di 17.000 copie per numero, venduta tramite abbonamento e distribuita gratuitamente nei locali, nelle discoteche gay o gay friendly.
Dalla fine degli anni Novanta ad oggi le riviste omosessuali si sono spostate online, acquisendo più diffusione e contenuti diversificati. È questa l’ultima evoluzione, che probabilmente potrebbe essere quella definitiva. Blog, testate online, tv gay. Gay.it – fondato nel 1997 – è divenuto negli ultimi anni il principale media brand sulla community Lgbt italiana, raggiungendo nel 2006 650.000 euro di fatturato.55 I social media – Instagram, Facebook e Twitter – hanno monopolizzato in un certo qual modo quelle che erano le prerogative del giornalismo, sottraendo sempre più spesso le risorse dei periodici cartacei e il mondo omosessuale non ha potuto non farsi investire da una tale rivoluzione, rendendo anche qui l’uso del cartaceo quasi senza futuro.
Esistono poi realtà che provano a mantenere in vita il cartaceo, anche nell’era del web. La Falla, almanacco del Cassero LGBT center di Bologna (2014 -), ad esempio, è un mensile gratuito, realizzato da volontari, distribuito in più di cento luoghi nell’hinterland bolognese e inviato tramite abbonamento. Volutamente impaginato storto, ha al suo interno un poster inedito creato da artisti e artiste diverse ogni volta. L’avvento della crisi scaturita dal Covid-19 si è fatta sentire anche qui: la perdita del settore ricreativo del Cassero ha fatto sì che venissero a mancare i fondi per mandare in stampa il giornale; si è infatti passati da una tiratura di 2500 copie a 1500 nel settembre 2020, con il 2021 La Falla diviene un online.
È fattuale come il mondo del giornalismo stia vivendo un momento di crisi estrema, in cui si rende palese la difficoltà di coniugare business economico e informazione di qualità. Molto spesso le riviste online hanno poco budget, soprattutto quelle a tema omosessuale che si ritrovano spesso a prendere e tradurre da siti statunitensi – dove nel mentre sono nate realtà diverse: la NLGJA: The Association of LGBTQ Journalists, ad esempio, fondata nel 1990 a San Francisco e dedicata alle questioni Lgbtq nei media, composta principalmente da giornalisti, studenti, educatori e professionisti della comunicazione, promuove una copertura equa e accurata nel panorama della comunicazione – o fare clickbaiting senza verificare le fonti.56

Note

  1. Luisa Passerini, Autoritratto di gruppo, Giunti, Firenze, 1988, p. 270.
  2. Carole Fink, Philipp Gassert e Detlef Junker, 1968: The World Transformed, Cambridge University Press, Washington, 1998.
  3. John McMillian, Smoking Typewriters: The Sixties Underground Press and the Rise of Alternative Media in America, Oxford University Press, New York, 2011, p. 6.
  4. Giorgio Lima [A cura di], Attilio Mangano, Le riviste degli anni Settanta. Gruppi, movimenti e conflitti sociali, Massari Editore, Bolsena, 1998.
  5. Invertito” è un termine “artificiale” che i linguisti definiscono “calco”. Coniato ne 1878, su iniziativa di Arrigo Tamassìa, all’origine ha come scopo quello di tradurre il tedesco Conträrsexuale, contrarsessuale. Gli scienziati del secolo scorso ritenevano, infatti, che l’omosessualità fosse una condizione in cui nell’organismo di un determinato sesso si potesse osservare un atteggiamento tipico dell’altro sesso, ovvero invertito.
  6. Massimo Prearo, La Fabbrica dell’orgoglio. Una genealogia dei Movimenti LGBT, Edizioni ETS, Pisa, 2015, p.17.
  7. Terence Kissack, Freaking Fag Revolutionaries: New York’s Gay Liberation Front, 1969–1971, in Radical History Review [Online] n. 62, 1995 DOI:10.1215/01636545-1995-62-105.
  8. Il termine “omofilo” derivante dal greco φιλία (filìa), ideato da gruppi di militanti degli anni Cinquanta, risultò essere più appropriato – rispetto al termine omosessuale – in quanto sottolineava un amore fraterno e asessuato. Con lo sviluppo di movimenti omosessuali politicizzati alla fine degli anni Sessanta lo scollamento tra le due realtà divenne sempre più accentuato e iniziò a riflettersi all’interno della composizione dei due gruppi; da un lato una élite di militanti gay allineata su posizioni culturali e politiche omogenee mentre dall’altro vi era una massa nella quale si faceva sentire la mancanza di una coscientizzazione e acculturazione. Le strategie dei gruppi omofili apparvero agli occhi di molti poca cosa rispetto al salto compiuto dalla nuova generazione che, politicamente parlando, fu in grado di portare alla luce la questione omosessuale e di connetterla ad altre istanze di liberazione della società.
  9. Giorgio Lima [A cura di], Attilio Mangano, Le riviste degli anni Settanta. Gruppi, movimenti e conflitti sociali, cit, pp. 10-11.
  10. Marta Gara [A cura di], Underground press. La controcultura statunitense nelle collezioni della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano, 2018, p. 10.
  11. John McMillian, Smoking Typewriters: The Sixties Underground Press and the Rise of Alternative Media in America, Oxford University Press, New York, 2011, p. 171.
  12. Giorgio Lima [A cura di], Attilio Mangano, Le riviste degli anni Settanta. Gruppi, movimenti e conflitti sociali, cit, p. 31.
  13. Ivi, p. 88.
  14. Marta Gara [A cura di], Underground press. La controcultura statunitense nelle collezioni della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, cit, p. 10.
  15. Up From Under, Editorial,, n. 1, May-June, 1970, pp. 1-2, New York.
  16. Ibidem.
  17. Altman D. Homosexual: Oppression & Liberation. St Lucia: University of Queensland Press; 2012.
  18. Massimo Prearo [A cura di], Le politiche dell’orgoglio. Sessualità, soggettività e movimenti sociali., Edizioni ETS, Pisa, 2015, p. 30.
  19. Tracy Baim, Gay Press, Gay Power: The Growth of LGBT Community Newspapers in America, Preirie Avenue Productions and Windy City Group, Chicago, 2012.
  20. Ibidem.
  21. Ibidem.
  22. Liz Highleyman, PAST Out.
  23. Tracy Baim, Gay Press, Gay Power: The Growth of LGBT Community Newspapers in America, Preirie Avenue Productions and Windy City Group, Chicago, 2012.
  24. Mariasilvia Spolato [A cura di], I movimenti omosessuali di liberazione. Documenti, testimonianze e foto della rivoluzione, Asterisco Edizioni, Sesto San Giovanni (MI), 2019 [prima edizione 1972], pp. 61-62.
  25. Ibidem.
  26. Stefano Casi [A cura di], Catalogo dei periodici omosessuali italiani, Centro di documentazione Circolo culturale XXVIII giugno & Arcigay, Bologna, 1986, pp. 7-9.
  27. Ibidem.
  28. Altman D., Homosexual: Oppression & Liberation. St Lucia: University of Queensland Press; 2012.
  29. Come Out!, Volume 1, issue 2, New York, 1970.
  30. Peter e Tommy , Poetry – Missing you poems – New Snow, in The Gay Alternative, Volume 1, issue 1, December 1, Philadelphia, 1972, pp. 7 – 8.
  31. Il termine ha una storia recente; è stato coniato da Teresa de Laurentis nel 1991, che ne suggerisce lo studio in sostituzione della formula “gay e lesbica”. Il termine queer è originariamente spregiativo. – bizzaro, strano, fuori dall’ordinario – rivolto contro gli omosessuali e analogo a tutta una serie di termini italiani – frocio, checca – che però hanno come unico destinatario l’omosessuale maschio. È chiaro l’impatto volutamente scandaloso nell’associare un termine accademico quale quello di “teoria” con il termine queer, classico esempio di hate speech, con lo scopo di dare una scossa al discorso omosessuale, ormai adagiato sull’idea di un’identità condivisa tra gay e lesbiche, accantonando le differenze.
  32. Gianni Rossi Barilli e Paola Mieli [A cura di], Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, Feltrinelli Editore, Milano, 2018 [prima edizione 1977], pp. 84 – 86.
  33. Brief des schwulen Verlegers Adolf Brand vom 29. November 1933.
  34. Arcadie .
  35. Laura Scamorcin [A cura di], Gli studi lgbtqi in Italia. Politica e cultura, in Contemporanea, fascicolo 4, ottobre 2012, pp. 692 – 695.
  36. Cirus Rinaldi [A cura di], Le sociologie degli studi lgbtiq in Italia: Resistere alla normalizzazione o la tentazione di essere normali?, in Contemporanea, fascicolo 4, ottobre 2012, pp. 711-712.
  37. Stefano Casi [A cura di], Catalogo dei periodici omosessuali italiani, Centro di documentazione Circolo culturale XXVIII giugno & Arci gay, Bologna, 1986.
  38. Angelo Pezzana, Dentro & Fuori. Una autobiografia omosessuale, Sperling & Kumpfer Editori, Milano, 1996, p. 36.
  39. Myriam Cristallo, Uscir Fuori – Dieci di anni di lotte omosessuali in Italia: 1971 – 1981, Sandro Teti Editore, Roma, 2017 [prima edizione 1996], p.30.
  40. Marcello Baraghini – direttore responsabile del Fuori! Mensile di liberazione sessuale, intervista telefonica, 5 febbraio 2020.
  41. Myriam Cristallo, Uscir Fuori – Dieci di anni di lotte omosessuali in Italia: 1971 – 1981, Sandro Teti Editore, Roma, 2017 [prima edizione 1996].
  42. Collettivo Redazionale, Editoriale Inverno 1973, in Fuori! mensile di liberazione sessuale, no. 11, p. 2.
  43. Ibidem.
  44. Notizie Radicali, Marco Pannella – Scritti e discorsi – 1959-1980, Gammalibri Editore, gennaio 1982.
  45. Angelo Pezzana, Dentro & Fuori. Una autobiografia omosessuale, Sperling & Kumpfer Editori, Milano, 1996, p. 142.
  46. Felix Cossolo, Pannella dichiara; “non sono frocio”, Lambda, n.10, 1978, p.8.
  47. Lambda, Editoriale: inizio di una svolta, n. 13, giugno 1978, p.3.
  48. Edoardo Ballone, I gay mettono la cravatta, La Stampa, n. 18, gennaio 1982, p.6.
  49. Gianni Rossi Barilli, il movimento gay in Italia ,cit., p.80.
  50. I Stefano Casi [A cura di], Catalogo dei periodici omosessuali italiani, cit, p. 29.
  51. Cristina Tosetto, «Sesso, carta e palco», Mimesis Journal [En ligne], 8, 1 | 2019; DOI:10.4000/mimesis.1646 .
  52. Ivi, p. 28.
  53. Ivi p.15.
  54. Ibidem.
  55. Maria Silivia Sacchi Con Gay.it la pubblicità entra dal portale.
  56. Intervista Elisa Manici, Direttora responsabile de La Falla Almanacco del Cassero LGBT Center, 28 marzo 2020.

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