Bibliomanie

Giacomo Sartori, Cielo nero
di , numero 27, ottobre/dicembre 2011, Letture e Recensioni,

Come citare questo articolo:
Luigi Preziosi, Giacomo Sartori, Cielo nero, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 27, no. 9, ottobre/dicembre 2011

Tra l’autunno del 1943 e il gennaio del 1944 si consuma uno dei drammi più cupi del fascismo, il processo e la condanna a morte di Galeazzo Ciano, genero del duce, a i repubblichini di Salò non perdonano di essere uno dei promotori del voto con cui il Gran consiglio del fascismo il 25 luglio decise la destituzione di Mussolini. Da questo episodio, Sartori prende spunto per questa sua ultima opera, Cielo nero (Gaffi editore, 2011). Costruita su 32 scene o brevi capitoli, scandite a mo’ di diario in terza persona sulle giornate più significative della storia, si sviluppa intorno alla figura di Galeazzo Ciano, rinchiuso nel carcere degli Scalzi di Verona, in attesa del processo. Uomo dolorosamente sopravvissuto all’immenso potere di cui ha disposto fino a pochissimo tempo prima, vive giornate gravide di rimpianti, recriminazioni, speranze, in un incessante altalenare tra abissi di sconforto e momenti di improbabili progetti per un futuro che a volte è remoto e sfuggente, a volte incongruamente prossimo. La vicinanza della morte esalta i poli estremi di una personalità intimamente contraddittoria, istrionica, narcisista, vanesia e al tempo stesso capace di inaspettate sincerità, di trasparenze negli affetti familiari più cari, di ardite discese negli abissi più reconditi di se stesso. Il suo sentimento di amore-odio nei confronti del suocero si addensa sempre più in un astio viscerale ed irredimibile. Due donne tentano di salvarlo, la moglie Edda e Felicitas, una giovane spia che i tedeschi gli hanno posto a fianco perché ne carpisca fiducia e segreti, che presto si innamora di lui. In un arduo doppio gioco, finge di svolgere il suo compito, ed in particolare di ottenere il diario dell’alto gerarca, molto ambito sia dai nazifascisti che dai servizi segreti alleati. E’ proprio nel tentativo di barattare il diario con la salvezza di Ciano che le due donne stringono una inaspettata quanto improbabile alleanza. La lotta contro il tempo è sempre più affannosa, anche se un’opaca speranza resta viva fino all’ultimo giorno, nella crescita a dismisura di una disumana incertezza. Sartori intride tutto il suo racconto di un cupo senso della fine, che percorre anche i momenti meno tragici degli ultimi mesi del suo protagonista, anche le parentesi di temporaneo sollievo, come i frettolosi quanto appassionati amplessi consumati nello squallore della cella. Non le ragioni dello storico, ma le prerogative dello scrittore presiedono al racconto di “Cielo nero”, e di esse l’autore si avvale con padronanza: l’invenzione narrativa non inficia l’adesione sostanziale all’episodio reale, al massimo ne amplia le prospettive, ne sottolinea evidenze altrimenti in ombra e si fa strumento docile per la comprensione di una verità ampiamente sfaccettata. Sartori si rivela particolarmente interessato allo scandaglio di figure dall’animo particolarmente tormentato e contraddittorio. Di Ciano coglie le incertezze, le vaniloquenze, il suo rapido trapassare dall’esaltazione al più cupo pessimismo, la brillante quanto incongrua superficialità, la capacita di pensare anche al benessere di chi gli è caro: una congerie di contraddizioni che l’autore attraversa senza scadere mai nel bozzetto, ma conferendo ad ogni gesto del suo protagonista una sotterranea dignità, che peraltro non verrà meno neanche nel momento estremo.

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