Bibliomanie

Mille modi per finire
di , numero 39, maggio/agosto 2015, Letture e Recensioni,

Come citare questo articolo:
Margaret Collina, Mille modi per finire, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 39, no. 17, maggio/agosto 2015

Storie brevi, anche troppo, di un’estate lunga, anche troppo.
1
Ho rotto uno specchio: 7 anni di guai dice la saggezza popolare. Evviva! Niente di più bello.
Un splendida notizia. Mi sento meglio, adesso posso ricominciare a sognare. Ieri alla visita di controllo, il medico mi aveva detto con aria affranta, che mi attendevano solo pochi mesi di vita.

2
La mia è una strada senza ombra.
La prima volta che me ne sono resa conto non riuscivo a capire. Tutto intorno è assolutamente regolare: da un lato palazzi di 3 o 4, un grande parco pubblico dall’altro.
Alberi di alto fusto costeggiano la via e le macchine sono parcheggiate da ambo le parti, senza ombra alcuna.
Il sole, lo posso garantire procede da est a ovest, come in tutto il mondo. I pochi passanti che mi capita di incrociare però non hanno ombra, e io nemmeno. D’estate è un supplizio. Inutile costeggiare i muri delle case o passare sotto le sagome fronzute degli alberi. Niente ombra e di conseguenza nessun ristoro dal caldo.
Sembra però, che tutti siano a conoscenza della stranezza e che si siano adattati.
Mi pare di aver letto, molti anni fa, quando ero ancora in vita, che la prima cosa che si perde cambiando stato, è proprio l’ombra. Poi col passare del tempo, anche il corpo di disfa, gli occhi non vedono più nulla e le orecchie non odono più alcun rumore.
Ma è ancora presto, troppo presto, prima che io stessa scompaia come già hanno fatto tutte le ombre.

3
Mi sento male. Sto male. Non posso più entrare in casa perché me l’hanno sequestrata: non potevo più pagare l’affitto. E come potrei. Devo rubare qualcosa nei mercati per sopravvivere. Mi hanno abbandonato tutti; non ho più famiglia, né amici, né lavoro. Quanto posso andare avanti così? Mi metto a urlare, a urlare in mezzo alla strada….e poi…poi mi sveglio. Era solo un incubo per fortuna!
La campana ha suonato e i miei compagni sono nella branda vicino a me, Ci alziamo tutti di scatto per andare alle docce. La famigliare e rude voce dei secondini ci intima di sbrigarci. Tutto sarà come gli altri giorni. Senza sorprese.

4
Sono sola. Qui nessuno mi cerca, mi parla. Mai un cenno di approvazione. Mai un sorriso. Non credo di riuscire a farcela.
Troppo silenzio..troppa solitudine.
E dire che mia madre mi aveva avvertito quando ho deciso che da grande avrei fatto l’ astronauta.

5
Basta con questo caldo! Deve piovere. Voglio che piova. Una pioggia dannunziana, anzi biblica. Ho chiuso porte e finestre e acceso il condizionatore, ma non ce la faccio più: uscire è pericoloso.
Deve piovere: pioggia buona abbondante, che ci salvi tutti! Un rumore cupo e profondo interrompe i miei pensieri: ecco finalmente il tuono, sta per piovere.
Ma devo subito ricredermi: il controsoffitto del bagno ha ceduto sotto il peso di quintali d’acqua: nell’appartamento di sopra, disabitato, deve essersi rotto un tubo. In pochi minuti il mio monolocale è allagato e l’acqua sta raggiungendo il soffitto. Non riesco ad aprire né la porta né le finestre. Un attimo prima della fine però mi passa per la mente quel maledetto proverbio: Stai attento ai desideri che esprimi, potrebbero avverarsi…

6
Stanotte avevo una gran sete, mi sono alzata, ho aperto il rubinetto ma l’acqua era tiepida. Non ricordo in 90 anni di vita di aver avuto tanto caldo. Così, in camicia da notte, ho aperto la porta di casa che dà sulla strada del paese e mi sono seduta su una sedia. C’erano tante stelle, e a molte ho dato il nome di quelli che ho conosciuto e ora non ci sono più. Poi devo essermi addormentata: quando ho aperto gli occhi le stelle c’erano ancora, ma non più le case né la strada. Le stelle erano grandissime e vicine, brillavano e mi sorridevano. E io non avevo più caldo né sete, e non ero più sola.

7
Stamattina mi sono svegliata bagnata dal solito implacabile sudore. E dalla finestra penetrava solo buio, un buio grigiastro e opaco. Come può essere buio alle sette di una mattina di luglio? Uno strano odore di bruciato poteva far pensare ad un vicino incendio: plausibile spiegazione.
Ma improvvisamente una voce proveniente da un megafono, dopo aver pronunciato il mio nome, mi ha avvertito che ero stata da poco trasferita all’inferno. All’inferno?. Ho gridato spaventata. Come è possibile?
E allora in tutti questi anni dove mi trovavo?

8
Stamattina sono evaporata. Non in senso figurato. Proprio tante minuscole goccioline sparse per tutta la stanza. Il cervello: una piccola, leggera goccia trasparente sul soffitto, il fegato: gocciolona più pesante sul pavimento. Appena il sole sarà alto in cielo mi asciugherò e finirò. A meno che la goccia che corrisponde al mio dito indice non sia per puro caso posizionata sul bottone di riavvio del condizionatore, e riesca a farlo funzionare.

9
Com’è seccante fare la spesa. Il Supermercato a quest’ora è strapieno e se non affretti il passo, qualcuno ti sbatte inevitabilmente il carrello sui polpacci.
“Hhaii!” “Mi scusi, davvero non volevo”. Che bel tipo, ho pensato, dimenticando il dolore provocatomi dal suo carrello vuoto; alto, robusto, capelli biondo cenere ondulati sulla nuca. Adesso non fa che guardarmi da un banco all’altro e sorride, malinconico. Forse vive solo e starà pensando al suo affrettato pasto di scapolo. Ora gli sorrido anch’io. È talmente bello che se m’ invitasse a cena, accetterei. Si mette in fila proprio dietro di me; sono eccitata, turbata. Pago il conto dopo aver buttato tutto a casaccio nel carrello. “Signora, questo non è il luogo, ma vorrei conoscerla. Non mi giudichi male, non mi succede spesso di abbordare una donna, ma lei… Se ci si potesse incontrare solo mezz’ora, magari domani. Posso telefonarle?” “No, meglio di no. Mi dia il suo numero, semmai”. Svelto prende una penna dalla giacca e scrive qualcosa sopra un foglietto stropicciato, poi lo infila nella mia borsetta. Il cuore batte forte e io mi sento stupidamente felice. Con la coda dell’occhio lo vedo mentre si dilegua nell’enorme parcheggio buio. Penso sempre a lui, alla telefonata, a domani, e ormai sono a casa: cerco le chiavi nella borsa,.. oddio, il portafoglio non c’è più.

Al suo posto, soltanto un foglietto stropicciato con scritto “Mi dispiace”.

(Colpo di fulmine. Racconto finalista di VagalaFantasia 1990 MystFest Cattolica)

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