Elogio funebre di Francesco Benozzo, un amico leale di Bibliomanie (e un amico leale tout court!)

Sarah Tardino, Davide Monda, Elogio funebre di Francesco Benozzo, un amico leale di Bibliomanie (e un amico leale tout court!), «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 59, no. 14, giugno 2025, doi:10.48276/issn.2280-8833.12837
Caro Bardo,
mi è stato chiesto di stendere un tuo elogio funebre, poiché sono quella che conosceva di te l’intimità dell’anima: ero tua amica. Fra le cose per le quali può lodarti il tuo grillo parlante, così mi definivi, la più grande è quella di essere stato un uomo che non ha commesso peccati d’omissione. Il professor Benozzo non era mai indifferente a una creatura – chiunque fosse – che percepiva come indifesa o vittima di ingiustizia e questo era un atto di cuore coerente con la sua poetica, una dimensione esistenziale nella quale etica, estetica e politica erano un solo gesto.
Io ero in disaccordo con le tue scelte degli ultimi anni, che giudicavo autolesioniste. Saresti stato un grande eroe risorgimentale, ma il nostro tempo era cupo per il tuo spirito, troppo alto, romantico per categoria come i tuoi trovatori, i tuoi poeti gallesi estinti che intonavano lamenti meravigliosi sull’arpa.
Pensavi a te stesso come a un albero, immerso nell’immenso poema della natura, ed io – minuscolo grillo cantante – irrompevo sfacciata, chiedendoti di curare la tua salute, di andare dal medico per un controllo: preferivi lo sciamano; eri “una quercia”, dicevi.
Dov’era l’ombra, or sè la quercia spande morta,/né più coi turbini tenzona. Ed io avrei voluto essere un grillo più fastidioso, nell’intrico di rami della tua corona: chissà, avrei potuto salvarti se ti avessi convinto, se avessi pronunciato la parola necessaria.
C’è una parola necessaria anche nel disaccordo con gli amici, che pretende si ami non di meno coloro che non si comprendono. Etimologicamente, nel prendere con sé c’è un’idea di rapina che a te stava stretta.
Eppure continuavi a volere il bene anche di coloro con cui non eri più d’accordo. È la lezione fondamentale: come si possono amare i nemici, se non si amano prima coloro che non ci danno ragione? Tu non eri solo un dissidente, coltivavi amorosamente il pensiero contrario, contrario anche al tuo, riconoscevi l’altro: L’amore aiuta a vivere, a durare,/l’amore annulla e dà principio. E quando/chi soffre o langue spera, se anche spera,/che un soccorso s’annunci di lontano,/e in lui, un soffio basta a suscitarlo./Questo ho imparato e dimenticato mille volte,/ora da te mi torna fatto chiaro,/ora prende vivezza e verità.
E quindi fra le mille tue accademiche meraviglie posso dire, ora che noi duriamo oltre quest’attimo, che mancherà la tua ombra a tutti gli studenti che ti avrebbero incontrato, per i quali saresti stato il soccorso, la magnanimità dell’ intelletto, l’arcaica cortesia del diniego.
Ricordo di te quando sorridevi dei tuoi figlioletti che ti chiedevano se fosse simpatico quel poeta Carducci di cui frequentavi spesso la casa, quando ti interessavi, filologicamente, al virulo, fiore invisibile ma canterino che solo i grecisti possono vedere, inventato dalla mia bambina affinché nessuno calpestasse aiuole immaginarie.
Eri capace come sono solo i grandi di destinare un’attenzione perfetta, impagabile, ai piccoli. Questa estrema generosità ha consumato la tua breve vita, intensa di sensi e significati per tutti noi. “Io sono un anarchico”, mi dicevi, amico mio, e ti rispondevo: “Io sono monoteista”.
E allora, sai che ora la mia immaginazione più che dantesca ti colloca in compagnia di Ezio Raimondi, o di Emilio Pasquini, che avrà già un’impeccabile organizzazione. Alla sua morte gli misi, come concordato, una violaciocca sul cuore, affinché con quella potesse pretendere di essere registrato come poeta, come sognava in gioventù prima che Scalia lo stroncasse.
O magari ti accoglierà Luzi e ti dirà, ghignando soddisfatto: “La Tardino aveva ragione: innumerevoli e meravigliosi sono gli angeli che cantano nei Cieli…”: per quanto tu fossi anarchico, la tua poesia e la tua arpa erano celestiali e mi piace pensare che tu sia stato impiegato nella Città di luce ad accompagnare cori eterni, fra roboanti boati e tremendissime bellezze.
Certo non ti risparmieremo, noi umani, nel nostro petulante calcolo, un poco di penitenza per qualche tua terrena intemperanza, ma siamo speranzosi che l’Eterno – il quale, si sa, ha un debole per il salmo e per la cetra – si commuova al tuo canto e al nostro pianto e ti chieda il bis.
Un’altro canto, un canto nuovo: anagogicamente perfetto come mai lo avresti neppure postulato nel tempo della tua vita mortale, eppure assolutamente ancora tuo.
Chi era Francesco Benozzo? Un genio certamente, e come tale smisurato, possessore di sproporzioni dalle quali sgorgava la sua arte, ma questo poco conta, ora che la sua orma umana ha ceduto il passo all’eco della sua parola: era padre, professore e poeta e i suoi rami ci hanno dato riparo. E con questa gratitudine il nostro pensiero amoroso va a quei due rondinini, che non troveranno più il nido paterno, e alla loro mamma.
La certezza che il bene da te compiuto ti ponga fra i giusti ci lascia nell’attesa di rivederti con le tue perfette melodie.
***
Sabato 22 marzo 2025 si è spento d’improvviso, a soli 56 anni, Francesco Benozzo, brillante, apprezzato, singolarissimo professore di Filologia e linguistica romanza nell’Ateneo petroniano. Specializzato in filologia romanza e celtica, dal 2019 ha coordinato, fra il resto, il dottorato di ricerca in “Studi Letterari e Culturali” del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne (LILEC).
Figura di cultura e intelligenza pressoché sovrumane, nella sua varia e vastissima produzione perlopiù scientifica (circa 800 pubblicazioni) appaiono notevoli e, talora, decisivi i numerosi contributi nell’ambito interdisciplinare da lui denominato “etnofilologia” che, per più versi, aveva tratto ispirazione dai molti, infaticabili lavori del diletto maestro ed amico Mario Alinei (1926-2018); in tale prospettiva affatto originale, lo studio prettamente filologico mai era disgiunto da quello storiografico, etnologico, antropologico, filosofico, spirituale, mistico.
Numerose, ancora, le sue rimarchevoli peregrinazioni nel macrocosmo musicale, che hanno spaziato dai bardi gallesi a David Bowie e oltre. Forse anche in grazia di questa visione squisitamente interdisciplinare e, non di rado, pionieristica dello scavo filologico, Benozzo è stato altresì poeta de race e virtuoso di arpa celtica: non per caso, fra l’altro, si è esibito in alcuni dei più importanti teatri italiani ed europei e nei maggiori festival internazionali di musica etnica.
Di là dalla prestigiosa candidatura al Nobel per la letteratura (dal 2015), fra i suoi riconoscimenti principali di respiro internazionale spiccano una menzione speciale della critica ai Folk Awards di Edimburgo (2003), una finale al Premio Tenco (2010), le due vittorie del Premio nazionale Giovanna Daffini per la musica (2013, 2015) e l’autorevole “Honorary Fellowship” elargitagli dalla Poetry Foundation di Chicago (2019). È stato, inoltre, insignito del titolo di Bardo Honorário dalla Assembleia da Tradição Lusitana (Portogallo) nel 2017.
Tra gli ultimi suoi lavori, conviene segnalare Homo poeta (2024), una sorta di testamento spirituale che non solo scandaglia le radici più remote e misteriose dell’umanità e della parola, ma riflette – non senza malcelata angoscia – sulla perdita irreversibile delle infinite e, non di rado, salvifiche potenzialità del linguaggio nell’aspra, caotica, rissosa temperie contemporanea.
Bibliografia essenziale dei volumi stricto sensu filologici
Landscape Perception in Early Celtic Literature, Aberystwyth, Celtic Studies Publications, 2004.
La tradizione smarrita: le origini non scritte delle letterature romanze, Roma, Viella, 2007.
Cartografie occitaniche: approssimazione alla poesia dei trovatori, Napoli, Liguori, 2008.
Etnofilologia: un’introduzione, Napoli, Liguori, 2010.
Breviario di etnofilologia, Lecce-Rovato, Pensa Multimedia, 2012.
DESLI: dizionario etimologico-semantico della lingua italiana (con Mario Alinei), Bologna, Pendragon, 2015.
The Shamanic Origins of European Culture, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2015.
Il giro del mondo in ottanta saggi, Roma, Aracne, 2015.
Carducci, Milano, Rizzoli-Corriere della sera, 2016.
Studi di ecdotica romanza, Roma, Aracne, 2016.
Falsi germanismi nelle lingue romanze (con Mario Alinei), Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2018.
Speaking Australopithecus. A New Theory on the Origins of Human Language (with Marcel Otte), Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2017.
Perspectives in Semantics, Edizioni dell’Orso, 2018.
Poeti della marea. Canti bardici gallesi dal VI al X secolo, Udine, Forum, 2022.
Homo Poeta. Le origini della nostra specie, Lucca, La Vela, 2024.
Lo sciamanesimo. Origini, tradizioni, prospettive, Lucca, La Vela, 2024.
Questo articolo è distribuito con licenza Creative Commons Attribution 4.0 International. Copyright (c) 2025 Sarah Tardino, Davide Monda