Bibliomanie

Spingendo l’assenza un po’ più in là
di , numero 59, giugno 2025, Letture e Recensioni, DOI

Spingendo l’assenza un po’ più in là
Come citare questo articolo:
Magda Indiveri, Spingendo l’assenza un po’ più in là, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 59, no. 18, giugno 2025, doi:10.48276/issn.2280-8833.12817

Roldano Scognamiglio, Un’infinita assenza, Bette edizioni, 2023

Siamo di fronte a un romanzo che onora il ruolo paritario tra scrittore e lettore: non sarà un caso se viene offerto nelle prime righe l’indizio per srotolare la storia. Si tratta del nome del protagonista: Ismaele. Già, il narratore di Moby Dick.

Chiamatemi Ismaele… non ho saputo resistere alla tentazione di riportare l’incipit del Moby Dick, un libro che continua a farmi sognare. È il nome che ha scelto mia madre per me proprio dopo aver letto questo eccezionale romanzo di Melville.

Questo Ismaele rientra a pieno titolo nella grande categoria novecentesca degli inetti, capitanata in Italia da Zeno, e infatti come lui percorre a piedi la città, una città d’acqua in alcuni aspetti paragonabile a quella di Svevo; è il gregario, non l’eroe Achab: non essere l’eroe gli assicurerà la sopravvivenza.
Ismaele dice di sé che è un uomo libresco e non sappiamo se si fa un complimento o confessa una debolezza. Il meccanismo di affezione tra lettore e protagonista funziona fortissimo, veicolato dalla narrazione in prima persona in forma di diario. Se la balena bianca è evocata, come altre visioni che condividono col sogno la dote della labilità e quindi impegnano il lettore alla soluzione, leggiamo anche per trovarla, confidando che il senso affiorerà a libro concluso. E’ dunque una lettura/inseguimento, quella che accade su queste pagine, al massimo grado del coinvolgimento. Del resto un maestro di labirinti come Borges notava che l’intelligenza creativa procede per ripensamenti, ostacoli e soppressioni: un percorso accidentato che non può che attrarre il lettore.

Ismaele lavora in una libreria, ma solo come aiutante e revisore dei conti; ha molto tempo libero, e infatti più che tra gli scaffali la storia si snoda nei campielli, sui ponti, nei caffè all’aperto, nell’edicola, nella friggitoria; un “fuori” che corrisponde a degli interni, gli appartamenti del protagonista e di altri personaggi. La “città d’acqua” è un palcoscenico (da questo romanzo vedrei benissimo una versione teatrale) di luce, di tanta pioggia e di rumori ovattati che fa da contenitore alle ansie del narratore, ai suoi andirivieni reali e mentali. “Inetto” è, per le letteratura del ‘900, l’equivalente di “inquieto”: in questo libro dell’inquietudine il protagonista ha relazioni complicate con le donne, proprio perché la sua personalità è irrisolta; ma è molto acuto nel cogliere quella femminile, i desideri, i sogni, le paure. Sa vedere davvero chi ha davanti, sa apprezzare gli incontri anche casuali. Franca, Giulia, Angela, Elena, Artemisia, Amalia, Arianna, la piccola Anna, Francesca, Laura… sono l’Altro da sé con cui Ismaele si confronta; ma anche una coppia sconosciuta al tavolino accanto viene osservata e letta nelle sue pieghe nascoste.

Incrocio per strada una giovane donna con il viso stanco e i capelli corti e lisci. Quando incontro qualcuno, mi piace immaginare chi sia e come vive, spingendomi fin nei particolari più intimi.

Un uomo libresco, dicevamo. Si potrebbe usare questo romanzo per costruirsi uno scaffale perfetto: Zivago, Don Chisciotte, Il santo bevitore di Roth, Jekyll e Hyde, Il deserto dei Tartari, e poi Calvino, Svevo, Proust, Sartre, Yourcenar, Pavese, Marquez, Pontiggia, il Forster Wallace de La ragazza dai capelli strani, Tutto da capo di Cathleen Shine, Don Milani, i poeti Alfonso Gatto e Pablo Neruda, Agostino ed Aristotele che filosoficamente parlano di meraviglia… Nel romanzo c’è sempre qualcuno che legge, individualmente, in gruppi di lettura o come “carbonaro” al Caffè Rosso. Eppure Ismaele assume anche i contorni dell’hidalgo per eccellenza:

Un po’ alla volta, mi si è insinuata nella testa la strana idea che i libri erano solo dei surrogati dell’esistenza e che, a suon di letture, anche la mia vita era diventata di quella stessa pasta.

E poi c’è una mystery line: una lettera misteriosa, un incontro sempre dilazionato, una ricerca che di passaggio in passaggio tiene il lettore avvinto alla beata esperienza dell’ “ancora una pagina”, con tutto il necessario corredo di simboli e di visioni. La lettera promette/richiede un incontro con un fantomatico signor Montale ed è la miccia perché Ismaele tenga il diario: umano escamotage di ordinare il tempo per contenere il proprio disordine. Esiste quell’Enrico Montale descritto minuziosamente? L’incontro avverrà? Si tratta forse del kafkiano messaggero di una verità profonda? Non rivelerò nulla, ma segnalo che il finale sarà in perfetto genere mystery, con una grande riunione risolutrice.

Una bella storia davvero. Sì, quello che mi hai raccontato ha tutti i presupposti per diventare un’avventura: c’è la sorpresa, l’ignoto, un bambino che sembra un leone o viceversa, la paura del buio, la vecchia che gronda grasso, rimproveri e saggezza e che dice di conoscerti aggiungendo mistero a mistero. Insomma un materiale di prima qualità

Una lingua pastosa, nutriente. Dialoghi profondi, una tendenza di tutti i personaggi a scandagliarsi, e dal dialogo derivare le proprie azioni. Ci sono i sentimenti, la fatica a condividere la vita e gli spazi, le indecisioni, la relazione tra realtà e fantasia, la morte, e quella città d’acqua che conserva il segreto di ogni cosa nella sua nebbia. E’ forse lei, la Balena bianca? Ogni inseguimento è una operazione calviniana: si insinua il dubbio che Ismaele siamo noi Lettori proprio nell’atto di leggere. Sembra suggerircelo nel Capitolo dopo l’ultimo l’autore: che rimettendo al giusto posto le tessere della storia forse sorride di noi che ci eravamo ingarbugliati tra le sue pagine. Tanto che spudoratamente confessa: «Rileggo quello che ho scritto e mi rendo conto che non spiega niente.»

Cardiologo, professore universitario, studioso di psicoanalisi, lettore accanito, pittore… La cultura amplissima – quasi rinascimentale nelle sue componenti di scienza e di arte – dell’autore trova dimora nei parecchi libri già scritti; questo è tra l’altro il primo di una trilogia, con una seconda tappa già uscita (Il giardino delle erbacce) e una terza in scrittura.

Nel chiudere il libro in qualità di Lettrice mi svolazzano attorno dei versi, quelli di Tonino Milite che dicono «passa/una vela // spingendo la notte/ un po’ più in là.» Forse l’impresa di Ismaele è spingere l’assenza un po’ più in là. Ma per farlo ha bisogno di noi lettori.

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