Bibliomanie

Amerigo Vespucci, cosciente scopritore del quarto continente
di , numero 36, maggio/agosto 2014, Note e Riflessioni,

Come citare questo articolo:
Luca Petroni, Amerigo Vespucci, cosciente scopritore del quarto continente, «Bibliomanie. Letterature, storiografie, semiotiche», 36, no. 7, maggio/agosto 2014

1. Cenni al fervido contesto sociale

Si può ormai riconoscere, quale vero scopritore del nuovo mondo, Amerigo Vespucci1; un personaggio noto, sicuramente, ma non adeguatamente celebrato: in particolare, riguardo alla sua capacità di avere maturato – ben presto – una già precisa cognizione sulla esistenza del quarto continente oltre ad avere fornito prudenti però dettagliate nonché plurime motivazioni sulla scoperta e sulla ubicazione dello stesso. Al riguardo, prima di indicare gli elementi da cui aveva dedotto e dimostrato di avere raggiunto un Nuovo Mondo, occorre ricordare alcuni aspetti propulsivi o ostativi del contesto familiare, cittadino ed europeo in cui Vespucci era nato e avrebbe poi agito. Lui, sin da piccolo, era apparso di notevole intelligenza e di marcata curiosità, stimolata dalle relazioni commerciali, culturali e politiche intrattenute dalla famiglia; il carattere, invece, era alquanto riservato; conseguentemente, forse anche per questo motivo, la sua vita risulta solo parzialmente documentabile; disponiamo, invece, di varie informazioni sulla famiglia: la madre era Elisabetta Mini, figlia di un notaio appartenente alla piccola nobiltà di Montevarchi, cittadina del Valdarno fiorentino; l’omonimo nonno paterno era originario di Peretola2, abile commerciante nonché proprietario di terreni e di immobili, si era stabilizzato a Firenze in Borgo Ognissanti: dove la famiglia aveva provveduto alla costruzione dell’ospedale “San Giovanni di Dio”; l’erudito zio Giorgio, invece, era uno studioso di letteratura classica, filosofia e teologia, precettore nelle famiglie altolocate nonché canonico del Duomo di Firenze; mentre il padre era Nastagio Vespucci, notaio divenuto presto fiduciario della Repubblica Fiorentina, stimato tanto il profilo professionale quanto sotto il profilo etico.
Lui aveva abituato il giovane Vespucci a intrattenersi con i notabili della città, ma anche con il popolo minuto; in compagnia del quale, entrambi non disdegnavano di condividere una cordiale bevuta di buon vino in qualche osteria. Il piccolo Amerigo, comunque, era stato battezzato in Santa Maria del Fiore, una settimana dopo la nascita: cioè il 6 marzo 1454, e aveva poi frequentato sin da giovane un ambiente stimolante per la formazione economica quanto per quella culturale.
Lui, ben presto, si era distinto quale commerciante abile nel consolidare le risorse di famiglia, risultando altresì degno di stima oltreché di massima affidabilità come amministratore, pure di altrui interessi.
La famiglia era dunque, al contempo, gradita ai popolani e stimata dalle grandi famiglie fiorentine con le quali condivideva l’interesse verso gli studi classici e teologici così come quelli commerciali e cosmografici (la vera grande passione di Amerigo); inoltre, i Vespucci risultavano abili e concreti nelle mediazioni, tanto all’interno della aristocrazia gigliata (manifatturiera, commerciale, bancaria, immobiliare) quanto tra le autorità fiorentine e quelle contrapposte alla Repubblica: perciò lo zio era spesso compartecipe durante le ricorrenti ambascerie politiche o finanziarie.
Conseguentemente, benché ancora giovane, Amerigo Vespucci aveva iniziato a intessere contatti e a collaborare con le rappresentanze della Repubblica Fiorentina sino ad accompagnare, 25enne, lo zio Giorgio a Parigi, per una ambasceria presso il re di Francia. Difatti, Firenze aveva già sviluppato – in primis per le attività bancarie e per la produzione laniera (filati di qualità, coloranti e fissanti) – contatti con l’Africa mediterranea, con l’Europa centrale, con l’Europa balcanica, ancor più con la Francia ma, soprattutto, con la penisola iberica.
Diamo dunque un brevissimo sguardo alla situazione politico-militare italiana ed europea.

2. Cenni al contesto storico e politico

In Italia, le Repubbliche marinare, le Signorie e i Comuni – sovente impegnati in sanguinosi conflitti fra il 1200 e il 1400 – si erano consolidati, tuttavia perimetrandosi in territori assai angusti. Fra loro, soltanto Genova, Milano, Venezia, Napoli e Firenze, avevano raggiunto una posizione di rilievo internazionale: trattando vari finanziamenti con alcuni Stati europei o svolgendo talvolta le funzioni di tesoreria o condizionando – direttamente o indirettamente – campagne militari, rilevanti iniziative commerciali e imprese manifatturiere in Portogallo, Spagna, Francia e Turchia. Per contro, questi regni – ormai consolidatisi a metà del 1400 – erano già contraddistinti da un assetto territoriale, politico, amministrativo, infrastrutturale e militare ormai prossimo, per molti aspetti, a quello di un moderno stato nazionale o plurinazionale; mentre, Germania e Italia sarebbero rimaste frazionate in alcune diecine di staterelli i quali, durante i tre secoli successivi, sarebbero apparsi inconsistenti rispetto a quelli. Tuttavia, a metà ‘400, Firenze era città intraprendente, colta e ricca: ideale per Amerigo Vespucci.

3. L’interesse in Firenze per cultura greca e la cosmografia.

Firenze, dopo l’epidemica e terrificante pestilenza del 13483 e malgrado la miseria diffusa, aveva incrementato la propria consistenza demografica4 e i propri domini territoriali, risultanti comunque inferiori a metà della Toscana attuale5.
Contestualmente – grazie alla intraprendenza artigianale, commerciale, edile, bancaria, tecnica e diplomatica – la rilevanza di Firenze risultava ormai diffusamente riconosciuta; infatti, la città aveva ripreso ad attrarre mercanti, militari, missionari, alto clero, ambasciatori, banchieri, filologi, filosofi, medici e giuristi; inoltre, causa l’incombente minaccia ottomana, attraeva pure i matematici e cosmografi bizantini depositari della sapienza geografica ellenica e orientale. Fra questi, Manuele Crisolora: un alto e sapiente diplomatico, amico dell’Imperatore Romano di Oriente, giunto in Europa per perorare – quasi inutilmente – la difesa del residuo territorio di Bisanzio. Lui si sarebbe stabilizzato poi, dal 1397 al 1400, in Toscana: su invito astuto e lungimirante di Coluccio Salutati (1331-1406) gonfaloniere ossia ministro per gli affari esteri della Repubblica fiorentina, oltre a un interessato pagamento dalla ricchissima famiglia guidata da Palla Strozzi. Ufficialmente, Crisolora avrebbe dovuto insegnare la lingua, la letteratura e la filosofia greche dall’apposita cattedra conferitagli nello studium gigliato; in realtà, lui era stato accolto per illustrare, durante quel triennio, le mappe della “geografia” tolemaica, le cognizioni acquisite da arabi, persiani e indiani, nonché le navigazioni compiute lungo le coste del Mar Rosso e della Persia dai grandi ammiragli nipponici e cinesi6.
Durante i successivi decenni, caratterizzati dallo scontro fra Milano e Venezia, la quiete tra gli aggressivi e contrapposti staterelli italiani sarebbe stata raggiunta a seguito della saggia pace di Lodi (1454); una data quasi coeva però ad altri eventi epocali: la caduta dei fragili resti dell’Impero romano di Oriente (1453) ad opera delle truppe di Solimano; la resistenza ai Turchi del Regno magiaro, appoggiato soltanto da Venezia e Albanesi ribelli (1466); inoltre, la coeva formazione dei regni francese e iberici aveva dato impulso alle prime esplorazioni di navigli guidati fino a sud del Tropico del Capricorno da capitani e marinai inizialmente portoghesi e spagnoli, poi genovesi e fiorentini: poiché allora o più aggiornati o meglio finanziati. Tutte queste notizie pervenute a Firenze su questi viaggi, ovviamente, avevano affascinato Amerigo.

3. Il milieu sociale e culturale del giovane Vespucci

I citati suoi parenti (l’omonimo nonno e, specialmente, il coltissimo zio Giorgio Antonio) e molteplici contatti con i soggetti più eruditi e con le famiglie più incisive di Firenze avevano consentito al giovane Amerigo di acquisire una cognizione adeguata, per l’epoca interdisciplinare, nonché di ascoltare i racconti di mercanti, navigatori, ambasciatori, agenti e missionari, densi di contenuti tecnici, politici e, lato sensu, antropologici. Lui, inoltre, aveva partecipato agli studi dell’Accademia condotta da Marsilio Ficino il quale – in quel tempo sotto l’egida di Lorenzo il Magnifico – stava mirabilmente facendo riemergere la sapienza filosofica, letteraria, teologica, giuridica, aritmetica, geometrica, medica e geografica proveniente dalla cultura ellenica. Vespucci aveva così potuto presenziare alle discussioni circa l’esistenza di nuove rotte e, addirittura, di nuove terre; così da stimolare la mente e il carattere di una persona ricettiva, desiderosa di emergere, aperta a idee innovative, curiosa e disposta a muoversi.
Amerigo Vespucci, intanto, era stato notato dai personaggi più rilevanti di Firenze; in particolare, un viaggio con l’influente zio Giorgio presso i principi Appiani e una parentela con un altro Vespucci, operativo a Piombino e marito di Simonetta Cattaneo7, avevano poi consentito ad Amerigo di essere introdotto presso casa Medici. Qui Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici (il cugino, distaccato, del “Magnifico”), detto il Popolano, lo aveva assunto per eseguire compiti domestici. In breve, ne era divenuto uno dei fiduciari più ascoltati e, infine, suo agente per seguirne dal 1489 gli interessi (lana, alimenti, cavalli, prestiti, noleggio di vascelli), inizialmente a Siviglia, poi in tutta la Spagna o in Portogallo: all’epoca, i due regni europei più ospitali per le varie operazioni commerciali delle comunità straniere e dei loro agenti. Peraltro, questi ultimi svolgevano attività informativa per i propri datori di lavoro e continuavano a essere perciò sistematicamente interrogati, controllati o spiati dalle autorità regie o locali (all’epoca, pure le carte nautiche erano qualificate come documenti segretati). In questo contesto, a lui risultato evidentemente congeniale, Amerigo Vespucci aveva continuato a qualificarsi “mercante fiorentino”, stabilizzandosi infine affettivamente e professionalmente a Siviglia. Tuttavia, al contempo, aveva ricevuto nuovi incarichi: presso le Corone di Portogallo e ancor più di Spagna. Difatti, nessun dissidio risulta essere intercorso fra lui e i fiduciari e i sapienti della corte o con il re Ferdinando (Colombo, invece, aveva dovuto subire un processo e anche la carcerazione), al punto da diventare, nel 1505, un suo interpellato e riverito suddito sempre più distaccato dalla originaria Firenze. Ovviamente, tali incarichi – delicati e complessi, ma remunerativi – risulteranno spesso accettati e svolti correttamente da Vespucci, però prudenzialmente: cioè il più possibile all’insaputa dell’uno o dell’altro committente, essendo tra loro in concorrenza politica, economica e militare.

4. Le attività, gli studi, i viaggi

Le frequentazioni delle corti o dei porti della penisola iberica come le permanenze ormai lunghe a Siviglia avevano favorito la conoscenza e talvolta le relazioni personali con i grandi cosmografi, ammiragli ed esploratori fra cui Alonso de Hojeda (1468-1515) e Cristoforo Colombo (1451-1506); questo contatto, in base a scritti e dichiarazioni di varia natura, sembrerebbe essersi evoluto in un franco rapporto collaborativo: entrambi non avrebbero celato le proprie conoscenze o convinzioni marittime, né avrebbero reciprocamente occultato eventuali loro valutazioni divergenti; tuttavia, al riguardo, il rispetto di Vespucci appare indubbio quando interloquiva con Colombo: dovuto alla maggiore esperienza di lui oppure al carattere assai presuntuoso dello stesso o per il comprensibile interesse di Amerigo a capire le convinzioni e forse carpire qualche nozione dalle esperienze del più anziano e autorevole ma anche autoreferente esploratore; il quale lo apprezzava sicuramente: Colombo, infatti, definiva Vespucci “uomo dabbene” in una lettera scritta il 5 febbraio 1505 al figlio Diego.
Un atteggiamento misurato dell’illustre toscano appare riscontrabile anche quando lui si era mostrato scettico sulle asserzioni del genovese: infatti, Colombo era profondamente convinto di avere tracciato una nuova, più breve rotta occidentale per raggiungere l’Estremo Oriente; così da persistere nell’ ignoranza di avere raggiunto, invece, un nuovo continente intermedio fra Europa e le coste di Cina e Giappone. Il ripudio di ogni pregiudizio e altezzosità nei rapporti interpersonali da parte del fiorentino emergeva pure verso servitori e marinai: lui tendeva, sì, a serbare un certo qual distacco, ma sapeva anche porsi al loro livello se era necessario, specie per dialogare efficacemente durante le fasi per la preparazione delle navi o delle traversate. Forse, anche per questo motivo, aveva riscontrato minori difficoltà e resistenze pure nel reperire risorse e personale per attivare le proprie iniziative.
Quelle sull’Atlantico potrebbero essere state, dal 1497, quattro; di tre però si ha qualche certezza, delle quali soltanto due (quelle intraprese nel 1499 e nel 1501) sembrano adeguatamente documentate e concluse con esito favorevole.
Vespucci le aveva affrontate poiché sospinto da interessi economici ma, altresì, tanto dalla propria curiosità quanto dal personale desiderio di conoscere e intraprendere; una vocazione sviluppata tramite studi poliedrici però, al contempo, già impostati dal metodo critico, forse appreso frequentando i cenacoli presso l’Accademia ficiniana o i corsi presso i Domenicani del convento di San Marco o le illustrazioni delle carte geografiche presso Paolo Del Pozzo Toscanelli (1397-1482). In tal modo, lui aveva maturato un atteggiamento refrattario a molti pregiudizi del suo tempo.
Le annotazioni di bordo o redatte sulla terra ferma a lui imputabili confermano questa inclinazione: infatti, aveva descritto i differenti popoli incontrati senza apparente supponenza, limitandosi a rappresentare i loro costumi come apparivano ai suoi occhi: basta qui evocare talune abitudini sessuali o l’antropofagia: descritte nella lettera sua inviata a Pier Soderini (1450-1522) su fatti datati 10 maggio 1501. Pure in merito alle terre da lui osservate – costeggiate o dove aveva potuto attraccare – egli aveva voluto (e saputo) descrivere in modo preciso ogni specie botanica o zoologica a lui sconosciuta, così come all’intera Europa; quasi desideroso di renderne facile l’accesso a ogni lettore e dunque senza pretese di scientificità; rivelando, anzi, uno sfumato desiderio di condivisione su queste nuove conoscenze.
Ben consapevole dell’ignoranza dominante, Amerigo non aveva trascurato però, riguardo ai viaggi effettuati, di diffondere conoscenze e di sfidare lo scetticismo o la credulità dei più: lo stesso Colombo credeva alle streghe e alle sirene, mentre i marinai temevano d’incontrare mostri marini grandi quanto le navi sulle quali si erano imbarcati. In merito, però, qualche breve nota può risultare illuminante: la nave ammiraglia del genovese misurava circa 27 metri e pesava 60 tonnellate, mentre una balenottera può raggiungere i 30 metri di lunghezza e un peso di 150 tonnellate; inoltre, quegli equipaggi fluttuavano su barche di legno, con il rischio di tempeste oceaniche, in un mare incognito, senza alcun possibile scalo intermedio e verso una meta esistente ma incerta riguardo alla distanza e ai tempi davvero necessari per raggiungerla.
Vespucci, invece, era riuscito ad accennare, illustrare o spiegare – spesso in modo dubitativo o tramite terzi (forse per opportuna cautela) – le sue giuste e ragionate ipotesi sulla esistenza di nuove terre: fondate inizialmente tanto su studi teorici e informazioni ricevute tramite altri navigatori da valutare o comparare, quanto sui primi calcoli geodetici. Infine, dopo i primi viaggi, su riscontri oggettivi: antropologici (molteplicità di tribù e tra loro assai differenziate), botanici e zoologici (varietà di piante e animali totalmente sconosciuti), idrografici (correnti di acqua dolce in mare aperto imputabili soltanto a enormi portate fluviali, eccessive per un isola) e astronomici (calcolo del punto nave in base allo allineamento della Luna con Marte, durante la notte del 23 agosto 1499, oltre al riavvicinamento al più preciso conteggio di Eratostene sulla circonferenza terrestre); oltreché acquisendo altre varie informazioni allorché aveva incrociato le navi ammiraglie di Cabral e Coelho o Caboto e De Gama discutendo con altri celebri navigatori incrociati, durante la loro circumnavigazione dell’Africa, lungo le coste del golfo di Guinea (fondamentale il dialogo con Gaspar da Gama o da Almeida, ebreo polacco convertito, avente data e luogo di nascita incerti, preso prigioniero in India da Vasco De Gama, e poi divenuto guida e interprete di sua fiducia) da annotare e poi valutare tramite successivi riscontri. Conseguentemente, aveva ritenuto quelle terre non già corrispondenti al quelle delle “Indie orientali” note grazie anche a Marco Polo (cioè, quelle di Cina o Giappone), bensì davvero un Mundus Novus!.
Comunque sia, pochi mesi dopo il rientro dalla spedizione conclusa nel 1502, un libello così intitolato da un anonimo (vicino ai Medici o interno alle cancellerie?) aveva riportato, una lettera di Amerigo inviata dal Portogallo a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici (più noto come Lorenzo il Popolano); in essa aveva tratteggiato il viaggio conclusosi con la ormai certa scoperta di un nuovo continente: poiché lui aveva calcolato di essere giunto al 50° grado sud e quindi costeggiando una terra troppo lunga per appartenere a una isola. Lo scritto era stato pubblicato anonimo ma in latino, nel 1503, forse da qualche “scriba” presso una cancelleria esclusiva in Firenze; ristampato subito a Venezia, Parigi e in varie città tedesche, sarà poi tradotto in francese, tedesco, fiammingo e italiano; diffusione causata dall’interesse suscitato leggendo le straordinarie e allora inaudite notizie che conteneva (difatti, neanche i Vichinghi giunti secoli prima in Groenlandia e probabilmente sino a Terranova in Canada, avevano identificato quelle terre come propaggini di un nuovo continente).
Il riconoscimento pubblico di tale scoperta, però, gli sarà attribuito solo nel 1507: da parte di un manipolo d’illuminati umanisti e geografi8, protetti dal colto Renato II duca di Lorena, uomo capace di abbinare armi e cultura, convinto estimatore della Firenze medicea dove si era trattenuto e aveva studiato anche presso lo zio di Amerigo. Essi dopo aver delineato su una mappa le coste conosciute del nuovo continente, lo denominarono – per primi e in suo onore – “Ameriga”9.
Tuttavia, la scoperta mai gli fu attribuita dal granduca de’ Medici, né da quei sovrani spagnoli e portoghesi cui aveva prestato più volte “servigio”. Fra le cause di tale silenzio, almeno inizialmente, spicca certo l’ignoranza, a cui si assocerà ben presto il disinteresse ad attribuire tale riconoscimento ad Amerigo Vespucci; in effetti lui, benché capace più di tanti suoi “colleghi” di esplicitare le ipotesi geografiche da lui teorizzate e sostenute, non era legato ad alcuno dei tre sovrani. Inoltre, questi non avevano interesse ad attribuirlo a un personaggio così avulso da condotte cortigiane; anzi, tutti loro erano piuttosto restii, sino ad allora, a rendere note queste iniziative o i connessi risultati o le modalità finanziarie attivate a sostegno di suddette traversate. Queste erano intraprese, infatti, su rotte sconosciute e perciò molto rischiose nonché con esito altrettanto incerto, affrontate soltanto per mere questioni di reciproca concorrenza sull’accaparramento di informazioni, terre, persone, materie prime alimentari o minerali, tutte da sfruttare. 
Ovviamente, Vespucci non ignorava che lo scopo autentico di questi azzardati viaggi – di almeno qualche mese, effettuati su navi di legno aventi lunghezza fra i 15 e i 30 metri, abbandonate a se stesse in un oceano sterminato e incognito – era prettamente commerciale così ché qualsivoglia potenziale finanziatore avrebbe preteso, quale riscontro – metalli, spezie o altri prodotti idonei a cospicue speculazioni. Anche per questo motivo, nelle proprie relazioni, il cosmografo fiorentino aveva prospettato miniere d’oro, legnami preziosi e rari, pepe, cibi saporiti e abbondanti, avorio, pietre preziose et similia. Amerigo Vespucci, commerciante per tradizione di famiglia, conosceva quella mentalità molto bene ed era dedito a scambi di mercanzie come altri armatori, imprenditori, navigatori, banchieri e sovrani. In effetti, si deve riconoscere come anche lui aveva affiancato a un’immagine di esploratore intellettuale, quasi candida e disinteressata, un’altra più oscura: per esempio, la compravendita di schiavi abitualmente neri (amerindi o africani) e di schiave solitamente bianche (slave o turche). 

5. Il riconoscimento professionale del sovrano spagnolo.

Un’attività probabilmente abbandonata a fine carriera, dopo avere ricevuto dal re Ferdinando il Cattolico l’incarico di “pilota major”: livello gerarchico massimo di sicuro per lui gratificante, correlato a uno stipendio consistente nonché al prestigiosissimo compito di organizzare quelle traversate oltreché essere l’istruttore generale dei capitani di marina e dei cosmografi. Una qualifica sicuramente meritata dopo secoli di polemiche: basta ricordare – come evidenziato anche dall’astronomo del Vaticano, professor Johan Stein, nel 1950 – la indubbia capacità di calcolare la longitudine tramite il metodo della distanza lunare oltre alla effettiva distanza fra Cadige e le coste basiliane settentrionali (oltre 7000 km), come Vespucci aveva esplicitato in quella notte del 29 agosto 1499. Forse, per Amerigo Vespucci, la maggiore soddisfazione consisteva proprio in un aspetto di quel ruolo: la possibilità di confrontare e incrementare le proprie cognizioni tramite le conoscenze di altre culture e religioni (arabi, africani, persiani, indios, europei e indiani); ossia l’opportunità di perseguire il perfezionamento di strumenti (astrolabio, bussola e quadrante) prima rozzi o, comunque, inadeguati per una navigazione più impegnativa di quella mediterranea; infine, di verificarne l’affidabilità così da metterli poi a disposizione di ufficiali ed equipaggi onde incrementarne le cognizioni geografiche, le capacità tecniche e le conseguenti potenzialità di navigazione. 
Come noto, non si dispone di un’attendibile documentazione su tutti i suoi viaggi tra Quattro e Cinquecento, ma soltanto di alcuni; nulla si sa inoltre, e per anni interi, delle attività effettive e della vita privata del fiorentino. Senza alcun dubbio, Amerigo Vespucci è stato un insigne cosmografo (astronomo, esploratore, geografo, cartografo, navigatore): era peraltro figlio di una città che vantava la prima stamperia specializzata in carte geografiche (1480), celebri centri di ricerca umanistica o fisica (Convento di San Marco, Accademia di Careggi) e degli studi Paolo dal Pozzo Toscanelli: pure lui gli aveva mostrato mappe e fornito calcoli “cosmologici” in base ai quali trovare probabili terre ignote prima (ante) di quelle asiatiche già conosciute (illae): da qui, fra l’altro, l’attuale denominazione delle isole Antille.
Stando a calcoli preesistenti, spesso inaffidabili e trasmessi dagli abitanti del Nord Europa o, forse, da mappe templari in possesso del Vaticano, le dimensioni e dunque le distanze terrestri sarebbero risultate ridotte di circa il 25/30 % rispetto alla realtà. Malgrado quelle incertezze di cui era conscio, lui aveva intrapreso la ricerca di una rotta dirigendosi verso occidente>; presumendola più sicura e breve per raggiungere l’Asia orientale; riuscendo a dedurre, altresì – proprio dalla “vicinanza” inattesa delle prime terre avvistate rispetto all’Europa – che esse non potevano essere né la Cina né il Katai o Cipango (il Giappone, per Marco Polo), bensì un nuovo continente. 
Questo sua profonda e caparbia radicale convinzione aveva infine apportato rivoluzionarie conoscenze geografiche, astronomiche, fisiche e tecniche sui possibili percorsi marittimi, sino a raggiungere e, soprattutto, a dimostrare la esistenza di un continente sino ad allora ignoto, almeno per gli europei. Infine, dunque, Amerigo Vespucci era riuscito a soddisfare l’ambizione per lui primaria, caratteristica tipica nell’homo faber rinascimentale, da lui auspicata
esplicitamente per se stesso in una lettera inviata a Lorenzo il Popolano del 1502: «lasciare di me dopo la morte qualche fama». Risultato indubbiamente raggiunto.

Note

  1. La documentazione sui viaggi di Amerigo Vespucci non risulta numerosa, né completamente raccolta, né di evidente affidabilità; pertanto, rinviamo alle “Lettere” (G.S. Martini, Lettera a Piero Soderini, Olschki, Firenze, 1957) da lui fatte pervenire a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici il Popolano o a Piero Soderini. Anche altri testi come lo stesso Mundus Novus – rimasto anonimo benché fondato su scritti di Amerigo Vespucci – devono essere considerati manomessi. Qui, segnaliamo qualche testo a cui riteniamo di poter rinviare: la descrizione del conteggio per calcolare la distanza fra Spagna e Brasile datata 23 agosto 1499, lettera inviata nel 1502 (?) a Lorenzo il popolano e quella datata 4 settembre 1504 spedita a Pier Soderini; inoltre, il c.d. Codice Riccardiano 1910 con i manoscritti relativi alle trascrizioni di alcune lettere di Vespucci, effettuati da P. Vaglietti (1438-1514); la raccolta del Comitato Amerigo Vespucci, Navigatori Toscani, edito a Firenze nel 2012; L.Formisano, A. Vespucci, in Dizionario biografico degli Italiani, I.E.I., 2020.
  2. Borgata sparsa del contado nella piana fiorentina, distante 4-5 chilometri dalla città; inglobata dalla riforma fascista nel Comune di Firenze di cui è tuttora frazione, corrisponde attualmente alla zona autostradale e aereoportuale.
  3. Gli abitanti della città risultano esser stati sterminati: da circa 120.000 a circa 40.000; a metà del ’400, la popolazione urbana, a ogni modo, era nuovamente prossima a 100.000 unità. Forse anche a seguito di questa pestilenza, il prozio Simone Vespucci (1340?-1400) aveva fondato, in una sua abitazione, l’ospedale San Giovanni di Dio per donarlo alla città; rafforzando così i legami con la Repubblica Fiorentina e in specie con Coluccio Salutati (1332-1406) cancelliere della medesima dal 1375.
  4. La popolazione risultava comunque eccessiva rispetto alle risorse alimentari: quasi un terzo viveva in povertà, mentre un sesto nell’assoluta miseria, sino a praticare l’infanticidio o l’abbandono per ridurre il numero dei figli da nutrire; il costo annuo per la vita di un adulto era di oltre 80 lire e il reddito dei lavoratori manuali raggiungeva 120/130 lire, mentre un operaio qualificato percepiva un reddito prossimo alle 200 lire.
  5. Il territorio della Repubblica fiorentina, a metà del ’400, confinava con i micro-stati toscani di allora: Lucca e Siena (repubbliche), Massa-Carrara (marchesato dei Malaspina), Piombino (principato degli Appiani).
  6. Sino ad allora, si continuava a utilizzare la Tabula Pentingeriana, una mappa stradale militare e commerciale dell’impero romano, incentrata sulle strade consolari europee e sui porti delle coste mediterranee; l’Oceano Indiano, quasi ignorato dagli Europei, era solcato dalle flotte delle potenze orientali, giunte, intorno al 1434, a risalire il Mar Rosso per cercare un accesso al Mediterraneo.
  7. La deliziosa e colta fanciulla di origine ligure, fonte d’ispirazione per i capolavori di Botticelli e di altri 14 notevoli artisti suoi contemporanei; sposa sedicenne di Marco Vespucci, corteggiata da notabili della corte medicea e amata da Giuliano de’ Medici, morì per tisi ad appena ventitré anni.
  8. La denominazione al femminile, malgrado un navigatore e un continente, si spiega tramite l’analogia con gli altri tre già individuati e tradizionalmente riconosciuti: Africa, Asia, Europa; così nella Cosmographiae Introductio di M. Waldseemuller e M. Ringmann.
  9. Cristoforo Colombo invece, sulla base dei calcoli e delle conoscenze in suo possesso, presumeva di avere avvistato le isole del Katai (Giappone): escludeva dunque l’esistenza di un nuovo continente.

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