Bibliomanie

Il “Caso Pulci”
di , numero 45, gennaio/giugno 2018, Saggi e Studi

Primo concetto, a margine del caso: la disinvoltura comica ed epica di Pulci. Primo specimen, ad uso dell’investigatore: «Ma ben ­che nel giardino le triste aguria / apparisin di fuori non fu sentito / per la città né da’ baroni in curia» (La Morte di Orlando II 79, 1-3). Iniziamo da questa intenzione disinvolta, da leggere con la mede­sima disin­voltura. Per Pulci, non si tratta solo di divertire (l’antichis­simo delectare romano) il pubblico, ma di incarnare il più possibile il sentimento civile, inserendo nel racconto personaggi nuovi e curiosi: così nascono Morgante, Margutte e Asta­rotte. Se è così, El Famoso Morgante non deride la cavalleria per partito preso, ma serve ad un’intenzione quasi teatrale: il poeta vestirà i panni del cantastorie, che ravviva una materia già sedimentata e a rischio di banaliz­zazione (per intenderci: Andrea da Barberino e Feo Belcari, giusto per citare chi si rivolge ad una diversa tradizione e ad altri generi). Pulci coinvolge le auctoritates più solenni per sottrarre il libro al destino: «Chi negherebbe a Gallo già mai versi?» traduce Virgilio (Buc., X 3: «Neget quis carmina Gallo?»). Uno degli esempi possibili. Per il resto, Pulci riformula tutti i tópoi medievali, e racconta le necessità contemporanee con espressioni fortuna­te, a giudicare dal successo editoriale. E oggi? Molti ragi... continua a leggere

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